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‘Vogliamo anche le rose’ Un documentario ancora attuale

Una riflessioni sul racconto tutto al femminile di Alina Marazzi (2007)

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Vogliamo anche le rose è un documentario Alina Marazzi girato nel 2007, ma ancora attuale, come sono sempre vivi quei contenuti che parlano un autentico linguaggio femminile. MUBI lo ripropone alla vigilia dell’8 marzo. Lo si può vedere anche su RaiPlay.

Vogliamo anche le rose – La trama

 La nascita del movimento femminista e la liberazione sessuale nell’Italia a cavallo tra i ’60 e i ’70. Una storia di progresso ed emancipazione raccontata attraverso le vicende di tre donne di diversa estrazione sociale (da RaiPlay).

Vogliamo anche le rose: l’esordio nel film

La scena iniziale di Vogliamo anche le rose merita assolutamente di essere raccontata. In un’ambientazione dai colori rosa e azzurro confetto, appare una leziosissima ragazza anni ’50 (gioiosa, nel volto l’espressione della speranza). Si avvicina con fiducia a una sfera di cristallo nella quale è racchiuso il suo futuro. Ma, orrore, all’interno della sfera  vede una ragazza  che balla su un prato, completamente nuda. La nostra giovane donna sbarra gli occhi e si copre il viso con le mani. Non sa  che sta assistendo al festival del proletariato giovanile di Milano. Re Nudo. Parco Lambro. 1975/1976.

Le storie vere di Anita Teresa e Valentina

Gli anni che Alina Marazzi invece ci racconta nel suo film vanno dal ’67 (reso con la lettura del diario di Anita, diciannovenne milanese timida, introversa) al 79, raccontato dalla voce di Valentina, trentenne romana e militante femminista, totalmente assorbita dalla volontà di conciliare una sana vita di coppia con l’impegno collettivo. Tra loro c’è Teresa, giovane ragazza del Sud costretta ad abortire clandestinamente (siamo nel ’75) poco prima del referendum.

Sono storie vere quelle di Anita Teresa e Valentina. Le date (67/75/79) potrebbero far pensare a una successione ordinatamente cronologica, ma di ordinato in senso tradizionale nel film non c’è nulla. Anzi, l’intento sembra quello di mettere insieme i materiali più disparati, fino ad ottenere un risultato singolare, con una compostezza tutta sua.

Le signorine da marito

Dopo la scena coloratissima dell’inizio, un bianco e nero cittadino stile Truffaut. Le inchieste televisive così ingenue da sembrare preistoria e pagine della rivista femminile Grand’Hotel con una canzone, Le signorine da marito. Buffa, ma buona per istruirci sull’Italia di allora. Vale la pena riportare almeno le prime due strofe.

Vogliamo anche le rose

‘Vogliamo anche le rose’: foto ufficiale del film (da FilmItalia)

 

Alla sottana di mammà

sempre attaccate in verità

le signorine da marito

con l’occhio pien d’ingenuità

trapelan la verginità

da tutti i pori del vestito

 

Compresa da tanto candor

la mamma vuol spiegare allor

come s’acquista un buon partito

e fin dalla prima lezion

imparan tutto a menadito

le signorine da marito

Memorie di una reginetta di provincia

 La canzone è degli anni 20, ma le copertine di Grand’Hotel che si susseguono nel film fanno pensare che poco sia cambiato nei decenni successivi. E non solo in Italia. Basta leggere il romanzo Memorie di una reginetta di provincia di Alix Kates Shulman del1972.

È l’America degli anni Sessanta quella in cui la protagonista può crescere davvero solo ricorrendo alla spregiudicatezza, solo a patto di ridicolizzare il conformismo familiare, i pregiudizi sessisti della società e il messaggio di sua  madre, delle madri: le brave ragazze devono far di tutto per meritarsi un buon marito. È un tempo, un luogo in cui “ai ragazzi insegnano che è debolezza aver bisogno di una donna, alle ragazze che la loro forza è conquistare un uomo”. (!)

Il romanzo fece scalpore allora, come Paura di volare di Erica Jong (1973), come il nostrano  Porci con le ali di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera (1976) o i film Ultimo tango a Parigi (1972),  Helga (1967), e la trilogia di Pasolini: Decameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle mille e una notte.

La trilogia di Pasolini

Pasolini così spiega le sue opere: In un momento di profonda crisi culturale che fa addirittura pensare alla fine della cultura – che infatti si è ridotta, in concreto, allo scontro, a suo modo grandioso, di due sottoculture: quella della borghesia e quella della contestazione ad essa – mi è sembrato che la sola realtà preservata fosse quella del corpo. Protagonista dei miei film è stata così la corporalità popolare. Il simbolo della realtà corporea è infatti il corpo nudo: e, in modo ancor più sintetico, il sesso. I rapporti sessuali mi sono fonte di ispirazione anche di per se stessi, perché in essi vedo un fascino impareggiabile, e la loro importanza nella vita mi pare così alta, assoluta, da valer la pena di dedicarci ben altro che un film”.

Le critiche alla trilogia di Pasolini furono spietate, anche da parte della sinistra che lo accusò di aver rinunciato  ai suoi contenuti politici. Resta il fatto che il sesso nella filmografia degli anni ’70, così come nella letteratura e nella vita, viene raccontato, esibito, forse perché resta ancora l’ultimo tabù da infrangere e quindi la provocazione più forte. La libertà sessuale, la liberazione sessuale paiono l’arma più tagliente contro un mondo ancora  rigido che  difende se  stesso a tutti i costi.

Era una società che, senza il divorzio, giustificava ancora il delitto d’onore (rivedere Divorzio all’italiana per credere), e in cui il diritto di famiglia recitava norme oggi a dir poco inconcepibili. Forse per questo il risveglio delle coscienze non poteva prevedere mezze misure.

Vogliamo anche le rose

‘Vogliamo anche le rose’: foto ufficiale del film (FilmItalia)

L’affidamento al gruppo

Non è stato semplice per le giovani donne di allora affermare la volontà di individuarsi, come sempre avviene quando il conflitto è stridente e l’unica strada percorribile si trova nella polarità opposta. Niente compromessi, dunque, ma una via obbligata, quella della  dissacrazione di ciò che altrimenti era impossibile scalfire. Ci sono voluti coraggio, e una buona dose di sofferenza,  per smascherare le ipocrisie, infrangere modelli culturali resistenti come castelli fortificati.

No, non è stato semplice per le giovani donne di allora. Molte di loro sono state colte dal cambiamento in una fase del ciclo vitale al confine tra l’adolescenza e la giovane età adulta, un momento in cui il processo individuativo non è ancora del tutto compiuto. Erik  Erikson, teorico delle fasi psicosociali, definisce l’inizio dell’età adulta come il periodo della ricerca assoluta d’intimità, il cui fallimento può condurre alla profonda solitudine.  È il momento della tendenza affiliativa, delle relazioni amorose, delle amicizie per sempre.

In questo le donne sono riuscite ad affidarsi totalmente al gruppo, l’unico in grado di rendere sostenibili le scelte di rottura definitiva con la famiglia d’origine e con i suoi valori. Ragazze ancora più giovani sono state investite dall’ondata rivoluzionaria in piena adolescenza e tutti sappiamo, non lo dice soltanto Erikson, quanto questo sia il periodo della  ricerca identitaria che spesso si fa confusione di ruoli, conflitto, ambivalenza.

Una battaglia ancora attuale

È molto tenera nel film la ragazza  intervistata al Parco Lambro: dice di non capire più niente, di essere stata sull’orlo del suicidio con la madre  da una parte che le raccomanda la verginità e dall’altra i coetanei maschi che sentenziano: se non la dai a tutti i compagni sei una piccola borghese, oltre che  frigida.

 Come questo, molti altri materiali di repertorio utilizzati da Alina Marazzi possono farci  sorridere – gustosa la pagina di fotoromanzo in cui Paola Pitagora fa da testimonial alla pillola anticoncezionale.

Ma dietro la leggerezza delle immagini, così come dietro una varietà di effetti (che spesso sortiscono un risultato straniante) è facile cogliere la drammaticità delle scelte di allora. Vogliamo anche le rose non è una narrazione nostalgica, bensì una paziente e sapiente raccolta di verità femminili; brani autentici che nell’apparire a tratti casuali sanno stare garbatamente insieme, in armonia.

È un film voluto certo per non dimenticare, in un presente ancora contraddittorio perché, come ha affermato la stessa autrice: “Le donne si sono battute per un mondo che desse spazio anche alle rose. Ed è una battaglia ancora più che attuale”. Era il 2007 e la battaglia rimane attuale, purtroppo, anche oggi.

Vogliamo anche le rose è stato prodotto da Mir Cinematografica, Ventura Film, Rai Cinema, in associazione con Fox Channels Italy, RTSI-Televisione Svizzera. Distribuzione Mikado.

Vogliamo anche le rose

Alina Marazzi, regista: foto ufficiale da Filmitalia

Vogliamo anche le rose

  • Anno: 2007
  • Durata: 85 minuti
  • Distribuzione: Mikado (Italia)
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: Italia/Svizzera
  • Regia: Alina Marazzi
  • Data di uscita: 17-September-2007

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