Anima, il cortometraggio scritto e diretto da P Thomas Anderson, con Thom Yorkedei Radiohead come protagonista, é disponibile su Netflix.
Nella distopia metropolitana il frontman dei Radiohead si guarda attorno confuso, inizialmente immobile, alternando flebili e poi ritmati tic che attraversano la gestualità del proprio corpo. Finchè il ruotare pacato delle proprie palpebre non interrompe l’alienazione monotona degli altri passeggeri, lavoratori in abito scuro mezzo addormentati. York si spia a vicenda con sua moglie, l’attrice italiana Dajana Roncione, un gioco di sguardi per sottrazione e avvicinamento, in cui il campo-controcampo di primi piani tra i due scatena il movimento instabile e anarchico all’interno degli attori del metrò.
Convulsioni frenetiche ed elasticità di ogni arto sono accompagnate da “Not the News” la canzone dei Radiohead che si sente nella scena iniziale del corto!
La recensione di Anima il film distribuito su Netflix
Un lavoro che mira ad essere a metà tra un visual album ridotto e un videoclip esteso, ma che ha anche soprattutto una forte valenza cinematic. Perché in effetti, attraverso il duo York/Anderson, musica e cinema divengono il mezzo di un racconto che va oltre la normale promozione di un album discografico. Entrambi i medium, attraverso i rispettivi dispositivi, quello della musica di York e della cinepresa di Anderson, fondono le due arti per una determinata rappresentazione della società secondo la visione del musicista inglese.
Certo è che il mondo dell’elletTro-sperimentale ben si confà al mondo di Anderson, un cinema che si annida nelle imperfezioni e nei turbamenti psicologici dell’essere umano. Avendo quindi a monte un chiaro feeling almeno concettuale, non sconvolge come la messa in scena e la messa in quadro cerchino di rappresentare l’alienazione dell’uomo blasé della società liquida contemporanea.
Nel viaggio onirico e ipnotico dell’uomo metropolitano lobotomizzato, il personaggio di York si muove come il mimo del cinema sonoro anni ’30, la cui voce assente è sostituita dall’istinto del corpo musicale e dal suo linguaggio. Un omaggio, sembra essere Anima, al disagio proletario del Charlot di Charlie Chaplin in Tempi Moderni.
Come quest’ultimo, York si fa interprete dell’essere uno dei tanti bulloni di una utopistica e a tratti dispotica catena di montaggio. Dove la fabbrica non si vede, ma è suggerita dalla gestualità meccanica e dall’andamento in gruppo e in fila dei lavoratori inglesi, rinchiusi nell’ordinarietà della gabbia dell’indumento da lavoro, obbligati a esser parte del processo anestetico della ripetizione di una società che viaggia al ritmo delle ore lavorative.
Animadi York e Anderson si spinge fino all’avanguardismo russo in cui il materialismo storico si fa teatro politico in quello musicale.
Il protagonista del corto, nella sua struttura performativa dell’agitazione, tra sconnesse movenze e balli scoordinati, cerca una via d’uscita dal modello ansiogeno e capitalista preimpostato da una società militare, che, nello sguardo di York, è assimilabile a un processo e nel contempo a un prodotto meccanico. Servendosi delle altre due canzoni, Traffic e DawnChorus, il lavoratore alienato tenta di sbrogliarsi dalle stringenti catene della società di produzione.
York cerca di scappare in posizione obliqua ai lavoratori che avanzano inchinandosi, una delle immagini più forti dello short che inquadra l’alienazione della ripetizione proletaria e il libero arbitrio del bullone difettoso impersonificato dal protagonista. Tra carte svolazzanti spinte dalla potenza propulsiva della forza di gravità, York riesce a rialzarsi scorgendo il volto della moglie Dajana.
Il trailer
L’elemento romantico viene usato come liberazione dalla catena di montaggio, ed entrambi , girandosi su se stessi con una gestualità sempre discordante ma più intima, e percorrendo uno scenario dispotico con venature cyberpunk, attraversano la notte fino alle prime luci dell’alba. York e Dajana senza slegarsi mai salgono assieme ai lavoratori questa volta sul tram, facendo terminare quella notte e ricominciando la routine del nuovo straniamento del giorno. Anderson inquadra l’assemblaggio del contatto tra i due protagonisti tramite l’angolazione supina che unisce e disunisce l’ultimo frammento di intimità tra i due.
York torna ad accomodarsi al suo posto in uno sguardo che sembra distante e apatico rispetto a poco prima, e accecato dalle luci del sole torna alla monotonia dell’alienazione metropolitana.