In concorso al Sudestival Acqua e Anice di Corrado Ceron racconta una storia d’amicizia al femminile in cui a vincere è la voglia di vivere di due protagoniste. Con Stefania Sandrelli e Silvia D’Amico splendidamente in parte.
La XXIII edizione del Sudestival è in corso di svolgimento in Puglia, dal 27 gennaio al 17 marzo 2023.

Acqua e anice di Corrado Ceron
Nella sequenza iniziale vediamo, ripreso dall’alto, l’avanzare del pulmino attraverso la landa. Lo stacco successivo introduce Olimpia, pedinata all’interno di un supermercato. La mancanza di precisi riferimenti spazio temporali istituisce al meglio lo spaesamento che caratterizza il viaggio di Olimpia e successivamente di Maria.
È vero. L’idea di alternare le due sequenze non era scritta in sceneggiatura, ma è venuta in fase di montaggio. Si tratta di due inserti molto concettuali che mi permettevano di avere un inizio forte. La sequenza del supermercato era la numero otto ma l’abbiamo anticipata perché volevo fin da subito che ci fosse la crisi. Desideravo mettere in chiaro che Olimpia era una donna malata. Per lo spaesamento di cui parli abbiamo utilizzato delle ottiche particolari; con quelle abbiamo sfocato i lati dell’inquadratura.
Ma anche la ripresa dall’alto, con la sua mancanza di orizzonti e con questa andatura del pulmino quasi in souplesse, racconta bene l’inconscio di Olimpia e Maria, lo smarrimento che accompagna le loro vite.
Sì, non avendo punti fermi il moto della vettura potrebbe andare avanti all’infinito. Peraltro è come se stessero percorrendo un pattern, per via delle geometrie formate dalle diverse coltivazioni dei campi. Quella sequenza mi è venuta quasi per caso: a me piacciono molto questi voli d’uccello più che l’utilizzo del drone. Siccome mi serviva per far vedere il territorio mi sono detto che se proprio dovevo usarlo lo avrei fatto con l’intenzione di esprimere un concetto e soprattutto un’emozione in cui rientra anche lo spaesamento delle protagoniste.
Un film, ma anche un viaggio
La presenza della voce fuori campo nella prima sequenza, lo sfocamento presente nella seconda ci dice che Acqua e Anice è anche un viaggio dell’anima.
Sì, un viaggio psicologico, che poi è quello che mi interessava. Acqua e anice è un on the road anomalo perché il territorio lo si vede poco ed è sempre in funzione dei personaggi, soprattutto di Olimpia. Per la donna lo spazio è il luogo della memoria e del cuore. Lo sono la casa dei pescatori e la ex balera in cui si esibiva in gioventù, ma anche l’incontro con Jimmy. I luoghi e i personaggi sono visti attraverso l’anima di Olimpia.

Quella che racconti infatti è una terra di mezzo popolata da vite in sospeso, in attesa dell’ultima occasione. La sintesi di tutto questo è l’immagine di Olimpia, il cui sdraio rimane a metà strada tra il mare e lo stabilimento. Una collocazione che sembra rimandare alla condizione di stallo dei protagonisti: non solo di Olimpia, ma anche di Maria.
I personaggi sono poco palpabili in quanto estensioni di Olimpia. Volevo fare un on the road interiore, incentrato sulla crescita che lei compie negli ultimi giorni della sua esistenza. Per Maria il viaggio è una sorta di iniziazione alla vita, ma ancora di più lo è per Olimpia, pronta ad apprendere qualcosa dalla ragazza. È vero che la postura di Olimpia sul bagnasciuga è il segno di una condizione esistenziale, ma lo è anche del suo atteggiamento aristocratico. Per tutta la vita lei si è sempre sentita diversa e un po’ superiore agli altri, quindi si rifiuta di andare in mezzo alla gente, anche se tra di essa ci ha vissuto perché lei faceva la cantante da balera, e quindi è molto legata ai fan. In qualche modo questi ultimi sono la sua famiglia, visto che una vera lei non ce l’ha.
Il rapporto tra Olimpia e Maria nel film di Corrado Ceron
La circolarità del film è data dalla voce fuori campo della sequenza iniziale, riconducibile a un personaggio presente in una delle scene finali, ma anche dall’immagine del bagnasciuga e di Olimpia davanti al mare, in cui il film ritorna nella scena conclusiva, quella in cui vediamo Maria che si spoglia e avanza verso il mare. Parliamo di una scena molto significativa perché ci dice di come Maria adesso sia pronta a spiccare il volo, facendo tesoro dell’eredità sentimentale che Olimpia le ha lasciato.
Esatto, è proprio così, è un’immagine che trasmette un senso di speranza nei confronti del futuro perché c’è il passaggio di testimone tra Olimpia e Maria, con quest’ultima che si toglie il reggiseno come faceva sempre la prima quando prendeva il sole. Anche questa per me è un’immagine molto iconica, ma anche emozionale.

Dicevi di come Acqua e Anice sia un on the road anomalo. In effetti la convivenza forzata di due tipi umani dal carattere opposto, ma destinati a diventare amici è una situazione paradigmatica di un genere tipicamente maschile come lo è il Buddy Movie.
Ciò che dici è importante perché più che un film on the road considero Acqua e Anice una commedia drammatica. Avrebbe funzionato anche in un contesto statico: per esempio in un paesino, con questa signora determinata a farla finita con la vita a causa della sua malattia e con una serie di persone che in qualche modo le ruotano intorno. In realtà mi interessava parlare di amicizia femminile. Che poi si scopra che il legame tra Olimpia e Maria sia fondato su qualcosa di più concreto è superfluo perché nella prima stesura della sceneggiatura questo particolare non c’era. A me piaceva approfondire l’incontro di due persone particolari che finiscono per dare vita a una famiglia alternativa che, pur temporanea, è molto più potente di quella biologica. Un po’ come succede tra Olimpia e Maria che in tre giorni sperimentano le emozioni di un’intera vita. Ognuna dà all’altra molto più di quello che fin lì ha ricevuto, quindi sì, sono d’accordo sul fatto che sia un Buddy Movie al femminile.
Le protagoniste di Acqua e Anice
Se lo sfondo è drammatico, in realtà, Acqua e Anice è un congedo dalla vita compiuto all’insegna di un grande vitalismo. Tant’è che Olimpia potrebbe essere un personaggio hemingwaiano, con questa voglia di vivere a cui non rinuncia neanche nel momento più drammatico. Paradossalmente, anche l’ultimo atto della sua vita va in questa direzione.
La morte nel film era solo un pretesto narrativo per parlare di vitalità e di passione. Ne ho avuto conferma dalle testimonianze di persone che hanno preso la decisione di Olimpia. Per farlo ci vuole molto attaccamento alla vita, che poi è quello che ha Olimpia nel film.
Il tuo è uno di quei lungometraggi sempre più rari in cui troviamo due protagonisti a cui è dato il tempo necessario per poter essere qualcosa di più di semplici proiezioni della fantasia dell’autore. Olimpia e Maria appaiono sullo schermo come persone reali e complementari tra loro: la prima esuberante vitale, la seconda timorosa e chiusa in sé stessa. Il risultato del loro incontro sarà simile a quello tra acqua e anice all’interno della bibita, destinate a beneficiare una dell’altra.
Esatto, il titolo del film rimanda proprio a questo, cioè a due elementi che funzionano proprio se stanno insieme. Solo così si riesce a creare la bibita. Maria è acqua, cioè qualcosa di trasparente, ma quasi insapore perché ancora lei non ha realmente vissuto. Olimpia, invece, è quella che va a sporcare l’altro elemento con qualcosa di alcolico e forte. Maria ha paura di vivere, di uscire dalla zona di comfort. Anche se è lei la più giovane, di fronte all’energia di Olimpia sembra il contrario. Così è da lei che Maria capisce come fare a vivere, ma anche a ridere della vita.

Le attrici del film di Corrado Ceron
Se è vero che la bravura di Silvia D’Amico non la scopriamo oggi, è altrettanto certo che nel ruolo di Maria era chiamata a confrontarsi con un mostro sacro del cinema come Stefania Sandrelli. Il rischio, per lei, era quello di farsi fagocitare dal carisma della celebre collega. Al contrario la D’amico si regala una prova di forte personalità e carattere, conquistandosi un ruolo da coprotagonista.
Dal primo giorno in cui si sono conosciute, quando siamo andati a casa della Sandrelli per parlare dei personaggi, Silvia non è stata mai intimidita da Stefania. Lei si considera un’attrice a tutto tondo: ha una grande personalità, sia fuori che dentro il set. I primi tre giorni di lavorazioni sono stati quelli in cui giravamo le scene con un altro mostro sacro come Paolo Rossi. Silvia si è trovata in mezzo a due fuochi e da questo ne è scaturito un clima di amicizia, di sintonia e di divertimento proseguito per tutta la durata della lavorazione.
Vedendoli insieme si intuisce la differenza di stili. L’impressione è che Stefania e Paolo talvolta facciano a meno della sceneggiatura mentre Silvia appare più ordinata e rispettosa del testo. È così?
Non sono di quei registi che seguono pedissequamente la sceneggiatura. Amo lasciare gli attori liberi di creare. Paolo è uno difficile da fermare. Dopo che gli ho spiegato il personaggio mi ha detto “da qua in avanti faccio io”. Peraltro Jimmy era una figura vicina alle sue corde per il suo essere stralunato e surreale. Per quanto riguarda il personaggio di Silvia, in sceneggiatura Maria era un po’ in ombra rispetto al personaggio della Sandrelli, ma lei è stata così brava da conquistarsi il ruolo da coprotagonista. Se la sua partenza è molto timida, perché così era stata scritta, col passare delle riprese è emersa sia come carattere che come personaggio. Poi hai ragione tu, capitava spesso che Paolo e Stefania improvvisassero. Nel caso di Stefania non hai mai una scena uguale all’altra. In fase di montaggio, questo ti dà la possibilità di scegliere tra diverse sfumature.

Alla Sandrelli offri una parte che sembra una sorta di omaggio alla carriera. Olimpia è un po’ la sintesi del modello femminile che da sempre Stefania porta sul grande schermo.
Stefania ha scelto di fare il film anche per questo. Quando siamo andati a fargli leggere il copione ha detto che di solito dice sempre di no mentre nel nostro caso ha accettato perché gli ricordava molti aspetti della sua vita: non a livello caratteriale, ma di cose che le sono successe. Con il passare delle riprese si è affezionata al personaggio, che lei associava a quello di Io la conoscevo bene. Per lei Olimpia poteva essere una sorta di continuazione ideale di quello interpretato nel film di Antonio Pietrangeli.
Acqua e anice il film di Corrado Ceron con una Stefania Sandrelli felliniana