Il film Ha’Mishlaha (Delegation) di Asaf Saban, presentato nella sezione Generation 14 Plus della 73esima edizione della Berlinale, segue il viaggio di un gruppo di liceali, in visita ai luoghi dell’Olocausto. Sullo sfondo di cimiteri innevati, luoghi della memoria e campi di concentramento, tre adolescenti ebrei affrontano la loro identità storica e personale.
Il film è prodotto dalla polacca Koi Studio, l’israeliana Gum Films e la tedesca IGC Films(In Good Company) e distribuito da New Europe Film Sales.
https://www.berlinale.de/en/home.html
Ha’Mishlaha (Delegation): la trama
La fine della scuola si avvicina. Insieme alla loro classe e a un sopravvissuto alla Shoah, intraprendono un viaggio in autobus attraverso la Polonia per visitare gli ex campi di concentramento e i memoriali della Shoah.
Il viaggio, consueto per gli adolescenti in Israele, li confronta con la loro identità, suscitando in loro reazioni emotive forti e spesso contrastanti. Contemporaneamente, come in ogni gita scolastica, sono presenti anche dinamiche di gruppo, tumulti emotivi e conflitti di desiderio. Ha’Mishlahat racconta una cultura della memoria dal punto di vista dei giovani israeliani, la cui vivace energia si scontra con un sistema statico di luoghi e modalità commemorative.
Il timido Frisch (Yoav Bavly), accompagnato dal nonno reduce dagli orrori dell’Olocausto, Yosef (Esdra Dagan) , l’esuberante Nitzan (Néomi Harari) e il tormentato Ido (Leib Lev Levin) sono i principali protagonisti di un viaggio che segnerà per sempre le loro giovani vite.
Alla scoperta dell’identità collettiva e personale
Asaf Saban realizza un’opera che è un piccolo gioiello. Un film che, essenzialmente, gioca sui contrasti, anche visivi: l’ingombrante eredità storica si scontra con la voglia di vivere il “qui e ora” dei giovani protagonisti, la morte (suggerita e mai esibita) si frappone all’urgente vitalità degli adolescenti nella primavera dei loro anni, i luoghi grigi e silenziosi della memoria lasciano spazio ai colori e ai rumori delle scorribande notturne dei gitanti.
È come se i ragazzi, esposti al dolore e alla morte dei luoghi della memoria, non riuscissero a reggere troppa realtà; l’urlo di Nitzan esprime questa necessità di “rottura”, l’incontenibile e necessario desiderio di vivere e non essere solo simulacro della memoria.
Se il nonno di Frisch rappresenta quel legame indissolubile col passato, i ragazzi esprimono la speranza nel futuro, con i loro piccoli dissidi interiori, i loro amori confusi e le bravate notturne. Esprimono anche il bisogno di una “narrazione altra” della propria Storia: significativa la scena in cui ai giovani viene proposto per l’ennesima volta di guardare Schindler’s List di Spielberg, suscitando il malcontento generale.
Nitzan ruba una scarpa di una delle migliaia di vittime in uno dei capi di concentramento, la porta con sé in un negozio, la mette su uno scaffale con altre scarpe, la fotografa come fosse un post perfetto per Instagram. Si appropria di un simbolo e ne fa qualcos’altro ma, dietro quel gesto apparentemente dissacrante, si nasconde, forse, il desiderio di riscrivere la propria Storia, di trovare la propria personale identità.
Allo stesso modo, Frisch “disegna” con la sua pipì, sulla candida neve di un cimitero ebraico e Ido, abbracciando Nitzan, in quella che una volta era una camera a gas, non nasconde la sua attrazione per lei.
Ecco che la vita irrompe nei luoghi di memoria e morte, quasi a riaffermare il suo potere. Asaf Saban riesce in un’impresa difficilissima: ripercorrere la più grande tragedia che la Storia ricordi, da un punto di vista inaspettato.
La narrazione si sgancia da una commemorazione fine a se stessa, inscrive i piccoli drammi dei personaggi nel “dramma assoluto”, in altre parole fluisce, tra le risate fragorose dei ragazzi e il silenzio assordante dei cimiteri, tra un amore non corrisposto e una preghiera recitata male.
Il viaggio di Frisch, Ido e Nitzan è un viaggio della memoria non solo per la sua valenza commemorativa ma anche perché diventa memorabile nella loro esperienza di vita, una vita che rompe gli argini e si affaccia al futuro con la leggerezza, le incertezze e la forza sovversiva della giovinezza.