Passato in concorso alla Berlinale 2023 nella sezione Panorama, è ora disponibile su Sky il filmLa sala professori- Theteachers’ lounge di İlker Çatak. Con Leonie Benesch, Leonard Stettnisch, Eva Löbau. Michael Klammer, Anne-Kathrin Gummich.
É candidato agli Oscar 2024 come miglior film straniero.
Ciò che accade nella stanza del personale rimane nella stanza del personale
dice Carla Nowak in un’intervista al giornale della scuola. É il suo primo lavoro ed è impegnata a insegnare matematica ed educazione fisica alla sua classe. Una serie di furti si verifica a scuola e uno dei suoi studenti viene subito sospettato. Carla decide di andare a fondo della questione da sola, ma il caso non è così facile da risolvere. Criticata come eccessivamente idealista dal resto dello staff, Carla si ritrova a dover rispondere a genitori arrabbiati e a dover mediare tra studenti litigiosi. Qualcosa farà perdere l’equilibrio apparentemente raggiunto.
L’interprete principale, Leonie Benesch, si è fatta un nome nel pluripremiato dramma di Michael Haneke The White Ribbon, e da allora ha continuato a recitare (la ricordiamo in The Crown, Babylon Berlin). Protagonista anche nella serie Berlinale The Swarm.
La sceneggiatura di Teachers’ Lounge è di Çatak e Johannes Duncker. Alamode si occupa della distribuzione in Germania.
La recensione
İlker Çatak dirige un film brillante e sottilmente claustrofobico. La scuola appare come un microcosmo in cui il mondo esterno non esiste più e nulla rimane privato. Das Lehrerzimmer è uno studio sulle relazioni di potere e dimostra come gli individui siano logorati e frustrati tra posizioni trincerate. Il film propone soprattutto un’importante riflessione non solo sulla pericolosità del pregiudizio o del giudizio affrettato, ma anche sulle conseguenze della manipolazione delle informazioni sulla nostra vita.
La sala professori si articola su più livelli. Da una parte c’è Carla, fresca di incarico a scuola, con la sua voglia di trasmettere ai ragazzi il sapere utilizzando comunicazione ed empatia. La ascoltano, la seguono, stabiliscono con lei un rapporto anche amichevole in parte e soprattutto di stima. Tutti ragazzi di diversa provenienza etnica e di diverso talento che Carla individua e sottolinea stimolandone potenzialità ed evidenziandone i difetti. Vede in Oskar un talento particolare e cerca di potenziarne le capacità.
Dall’altra parte c’è il mondo dei ‘colleghi’, gli altri insegnanti, non comunicativi, nei loro preconcetti spesso razziali, a cui Carla cerca di opporsi risentita. In mezzo, l’Istituzione, la dirigenza, gli uffici ‘alti’ che dovrebbero sostenere, guidare, regolamentare con obiettività mentre invece si limitano a ‘non tollerare nessun atteggiamento contrario’.
Un istituto apparentemente multirazziale, multiculturale, ideologicamente all’avanguardia dove ragazzi di varie origini ed etnie si confrontano quotidianamente condividendone in teoria il sapere elargito.
Messinscena
In realtà la pellicola di Catak mostra solo la messinscena dell’immagine della scuola perfetta e soprattutto di una società aperta che non esiste. Dominano la divisone, il conflitto interno, il giudizio sottinteso, la distanza culturale mai veramente coperta.
Il pregiudizio verso l’etnia diversa si insinua a destabilizzare, ma non solo la Scuola e la sua istituzione. É Carla stessa ad entrare in conflitto con se stessa per essersi lasciata trasportare ed essersi piegata al dubbio, al giudizio, a un desiderio impulsivo di verità senza prima essere certa.
Il peso della verità, anche se reale, fa troppo male ad altri e, se ad ogni azione corrisponde una reazione, quelle di Carla avranno ripercussioni a catena sulle vite di molti altri.
Qual è dunque il prezzo della verità e dell’onestà? La cattiva informazione quanto può nuocere all’integrità di una persona condizionandone e modificandone l’attitudine originaria?
Nel caos generato, dinanzi alle facce scomposte del cubo di Rubik, Carla fa scegliere ad Oskar di riprendere in mano la sua vita e di dare colore univoco ad ognuno dei lati contraddittori della sua personalità. Ci sarà ancora tempo di inseguire l’utopia del ‘trionfo della verità’ e della cultura?
I due registi Fabio e Damiano D’Innocenzo raccontano della loro nuova miniserie ‘Dostoevskij’