Ad ottanta’anni dalla nascita (1932-1984), Alphaville Cineclub propone, dal 14 al 18 marzo prossimi nella sua sede di Via del Pigneto 283 dalle ore 21.00, la rassegna “Toujours Truffaut!”, selezione monografica dedicata al regista francese François Truffaut, tra i principali maestri della Nouvelle Vague, attraverso la visione di sette tra i suoi lungometraggi che maggiormente mostrano le tante sfaccettature di un artista capace di emozionare da sempre spettatori di ogni età!
A 14 anni il giovane François, uscito da un’adolescenza difficile e da un pessimo rapporto con la madre, lascia la scuola ed inizia a lavorare come fattorino, operaio, magazziniere. L’anno dopo fonda un cineclub, ‘Le Cercle Cinémane’, e conosce il grande teorico francese Andrè Bazin, padre dei Cahiers du cinemà, che presto lo inserisce all’interno della rivista in qualità di critico, dove riuscirà a distinguersi per l’acrimonia di certe sue recensioni, e la passione dei suoi scritti. Poco tempo dopo, con Eric Rohmer, Jean-Luc Godard, Jacques Rivette e Claude Chabrol, compagni di penna, darà vita alla Nouvelle Vague del cinema francese, in pieno contrasto con il cinema realista precedente. Nel 1953, dopo aver lavorato al servizio cinematografico del Ministero dell’Agricoltura, firma dunque il suo primo articolo sul film “Sudden Fear” di David Miller. L’ anno successivo dirige il suo primo corto, ‘Une visite’, scrive un primo trattamento di ‘A bout de souffle‘ e realizza la sua prima intervista ad Alfred Hitchcock. Due anni dopo, nel 1956, è assistente di Roberto Rossellini in alcuni progetti per tre film che non saranno mai realizzati. Nel 1957 fonda una sua casa di produzione, ‘Les Films du Carrosse‘ e nello stesso anno dirige ‘Les Mistons‘, considerato da molti il primo vero passo della sua carriera cinematografica. Ma è il 1959 l’anno di svolta per il giovanissimo François: Truffaut gira infatti “I quattrocento colpi“, pellicola indicata dai più come l’inizio della Nouvelle Vague, il nuovo modo di fare cinema in Francia, vincitrice del Gran premio della regia a Cannes. Nel 1966 pubblica il suo libro più famoso, ‘Il cinema secondo Hitchcock‘. Nel 1974 si aggiudica l’Oscar per il miglior film straniero con “Effetto notte“. Da maggio ad agosto 1976, negli Stati Uniti, François Truffaut interpreta la parte di Claude Lacombe nel film di Steven Spielberg “Incontri ravvicinati del terzo tipo“. Gira il suo ultimo film nel 1982. Una grigia domenica di fine ottobre del 1984 Truffaut si spegne a 52 anni nell’ospedale di Neully, devastato da una male incurabile, lasciando così dietro di sé tanta amarezza per la perdita prematura, ma anche l’indelebile ricordo di un’artista che ancora oggi – a distanza di quasi trent’anni dalla sua scomparsa – continua ad appassionare con i suoi film, eredità immortale di un cineasta davvero unico.
La selezione di Alphaville inizia dunque mercoledì 14 marzo con Fahrenheit 451 (1966), adattamento di un noto romanzo di Ray Bradbury, che visse una soffertissima lavorazione a causa dei parecchi contrasti con la produzione (per la prima e unica volta Truffaut lavorò per altri), della difficoltà nel girare in inglese – lingua avversa al regista francese – e di dissidi con Oskar Werner, che ritornava a lavorare con il cineasta dopo la felice esperienza di Jules e Jim. Nonostante tutto, il film non si limita a ripercorrere le vicende narrate nel romanzo, ma lascia ben intravedere la visione che Truffaut aveva di un mondo senza libri: quello di un universo asettico e involuto, dove non esiste altro amore se non quello verso se stessi.
Giovedì 15 sarà la volta di Effetto notte (1973), film manifesto di Truffaut che mette in scena se stesso come regista, e ci fa entrare in un mondo – quelle delle grandi produzioni di vecchio stampo hollywoodiano – che ormai si è estinto. Memorabili le citazioni, immerse in un mare di nostalgia.
Le due inglesi (1971), previsto per venerdì 16 in prima serata, e tratto da un romanzo di Henri Pierre Roché, stesso autore di Jules e Jim, (una costante del lavoro di Truffaut sarà quella di adattare libri di autori, spesso diversissimi tra loro) è senz’altro l’opera più fisica e cruda del regista… Difficile rimanere indifferenti a passioni tanto forti, disegnate in maniera così magistrale!
La seconda serata è tutta per La Camera verde (1978), lavoro ispirato alle opere di Henry James, circondato da un’ambientazione grigia e tenebrosa, in cui ritroviamo lo stesso cineasta francese come attore protagonista, impegnato nel ritrarre il dramma di un uomo tra la perdita e il ricordo, con il presente che gli sfugge tra le mani. Un’opera toccante, tenebrosa, con il senno di poi profetica.
Ancora doppio appuntamento sabato 17 marzo: in prima serata sarà possibile (ri)vedere L’uomo che amava le donne (1977), in cui il protagonista Charles Denner incarna una figura davvero indimenticabile nel cinema, un uomo alla continua ricerca dell’amore fisico, amante e feticista della letteratura, descritto in un’atmosfera intima che sigla un rapporto confidenziale e sincero con lo spettatore. In un piccolo ruolo di questo film è possibile notare una giovanissima Nathalie Baye. A seguire, Gli anni in tasca (1976), descrizione di un microuniverso, una piccola comunità di bambini e adolescenti, con le loro scoperte, i loro piccoli e grandi drammi, le loro paure e desideri, la curiosità, la spensieratezza…l’infanzia così cara a François!
L’omaggio a Truffaut si conclude domenica 18 marzo con la proiezione di Il ragazzo selvaggio (1970), dove appare per la prima volta lo stesso Truffaut nelle vesti di attore, impegnato nel ruolo di “educatore” del ragazzo del titolo. Quasi una metafora del lavoro del regista, che ancora una volta affronta con estrema perizia e delicatezza il tema dell’infanzia…
Infine, a seguire
ore 23.00 : Omaggio ad Erland Josephson (1929-2012)
con
Sarabanda, I.Bergman, Sve, 2003’, 120’
Per ricordare l’attore svedese recentemente scomparso, Alphaville propone la visione di Saraband, capitolo finale di Scene da un matrimonio trent’anni dopo, girato in digitale da Ingmar Bergman, opera da camera poetica e pura in cui al protagonista Bergman affida molto della sua vita privata.