Fernanda, in onda su Rai Uno ed ora su RaiPlay, prodotta da RaiFiction e Redfilm, è la ricostruzione di una pagina dolente della nostra storia, attraverso la figura di una donna coraggiosissima, Fernanda Wittgens. Che con il suo esempio ci ripropone la banalità del bene, la stessa dell’eroe italiano Giorgio Perlasca.
Con la regia di Alberto Negrin (protagonisti Luca Zingaretti e Amanda Sandrelli) anche la fiction su Perlasca del 2002, è recuperabile su Rai Play. Due episodi di quasi cento minuti l’uno, che meritano davvero di essere rivisti.
Fernanda La trama
La storia di Fernanda Wittgens, prima direttrice della Pinacoteca di Brera e artefice, durante la guerra, del salvataggio di tante opere d’arte e di molti ebrei destinati alla deportazione (Dal sito di RaiPlay)
Fernanda e l’affettività femminile
“La mia vera natura è quella di una donna a cui il destino ha dato compiti da uomo, ma che li ha sempre assolti, senza tradire l’affettività femminile”.
Gli anni convulsi vissuti da Fernanda, raccontati da Maurizio Vaccaro, iniziano con questa scritta su sfondo nero e la voce di Matilde Gioli che la interpreta.
Matilde Gioli è Fernanda, nel film tv della Rai
Il suo legame agli affetti è nell’amore per i quadri e le persone, importanti quasi alla stessa maniera, nella passione con cui lavora, nella preoccupazione per la famiglia quando salvare gli Ebrei si fa sempre più pericoloso. Eppure, non riesce a rinunciare.
Nell’amore per il padre, professore di lettere al Parini di Milano (allora Regio Liceo Ginnasio Giuseppe Parini), che nella fiction accompagna Fernanda bambina alla pinacoteca di Brera. S’immagina che lei resti affascinata dal Cristo Morto del Mantegna, che dica la sua al direttore, Ettore Modigliani (Maurizio Marchetti), sulla collocazione del quadro. Modigliani sarà per lei, in seguito, una figura paterna, dolce e autorevole insieme.
E ancora, ma ci sarebbero altri aspetti, nel sentimento quasi adolescenziale per l’affascinante tedesco che ci viene presentato con un animo romanticissimo, quasi stucchevole, ma forse non per allora. La si vede sciogliere il nastro che tiene insieme le sue lettere con delicatezza, rileggerle e sorriderne. Un personaggio inventato, ma in una fiction la storia d’amore non può mancare. Qui, è funzionale alla resa del personaggio di Fernanda, che ha compiti da uomo, non a danno della sua femminilità.
Fernanda, le sue doti maschili e femminili insieme
Per gli aspetti che nell’Italia degli anni Quaranta si ritenevano esclusivamente maschili, non c’è bisogno di aggiunte. Nella realtà, Fernanda Wittgens fu la prima donna a dirigere un museo (importante come quello di Brera, poi!). Lo fece con competenza e determinazione, salvando un patrimonio artistico inestimabile dall’ingordigia nazista e tante vite umane dalle deportazioni. Per questo, è, più che meritatamente una Giusta tra le Nazioni.
Matilde Gioli, in scena dall’inizio alla fine del film
Venne assunta come operaia avventizia, ma si rese ben presto indispensabile. Il coraggio di esprimere le sue idee e di farle valere (anticipato dalla scena infantile davanti al Mantegna) è lo stesso che dimostrerà in seguito nel rischiare la vita per salvarne altre.
Coraggio, coerenza e benevolenza hanno fatto di lei il personaggio che ora la Rai ha voluto commemorare. Insieme al suo particolare intuito, come dimostra l’episodio in cui Fernanda salva il Cenacolo di Leonardo, e non è solo una trovata filmica.
Qualche anno fa, infatti, al Piccolo Teatro di Milano, Sonia Bergamasco ha portato in scena Il miracolo della cena con la regia di Marco Rampoldi. Attraverso gli scritti originali della Wittgens si è ricostruita la vicenda del Cenacolo preservato dai bombardamenti grazie a lei. Sonia Bergamasco ha dichiarato che, pur essendo milanese, non conosceva questa storia. Neanche noi, per cui siamo grati alla Rai, che, vicino alla giornata della Memoria, ha voluto trasmettere l’omaggio a una donna così eroica.
Il tempo del racconto
Le figure importanti per la vita della protagonista sono ben tratteggiate, ma appunto solo tratteggiate. Ci sarebbe piaciuto conoscerle meglio, ma ci sarebbe voluto il doppio del tempo. E non si capisce come mai, per una narrazione così importante, sia stata accantonata la consuetudine delle due puntate, che spesso la Rai riserva ai personaggi la cui vita è degna di essere divulgata.
Per la stessa ragione, alcuni passaggi temporali, storici, politici hanno sofferto di più ellissi, responsabili di una minor identificazione con Fernanda e con i motivi delle sue azioni. Almeno per un pubblico giovane, che non conosce a fondo la mancanza di libertà del regime. E anche per chi è meno giovane, e avrebbe avuto bisogno di partecipare di più, per esempio, ai legami tra lei e la Resistenza. Il partigiano con cui collabora è appena un uomo trafelato con i baffi, quasi lo stereotipo del partigiano. Anche il processo interiore di una donna già così affermata, avrebbe meritato più tempo, soprattutto nella seconda parte.
Matilde Gioli e le donne che aiutano Fernanda
Ci è piaciuto invece il personaggio di Giovanni. Dalle notizie in rete sembra che Fernanda sia stata aiutata da un cugino, diventato, dopo la guerra, un intenditore d’arte, e non da un ragazzotto così naive e così disimpegnato. Il passaggio dalla sua iniziale ottusità alla conversione verso i valori del bene comune e dei gesti umanitari rendono la storia più significativa. Giovanni si fa interprete della neutralità di allora; il suo cambiamento, quindi, testimonia una possibile sensibilità, la consapevolezza che avrebbe potuto contagiare tutti gli Italiani.
Anche in questo caso, però, la sua maturazione avrebbe meritato alcuni momenti in più per rendere la presa di coscienza, perché è come se nella prima parte della narrazione lui guardasse la borghesuccia Fernanda con sufficienza, per poi condividerne in pieno tutti gli ideali e tutti i rischi, senza gradualità.
L’ambientazione
Ci è piaciuta anche la ricostruzione di Milano nel 1943, di cui l’incipit del film, con i titoli di testa, offre una panoramica sulle guglie del Duomo in notturna, il cielo rischiarato dalle bombe, la corsa disperata di Fernanda nel museo.
L’ambientazione nella città, e tutti i particolari del tempo sono decisamente ben riusciti.