Joint Security Area (JSA) di Park Chan-wook è un film del 2000 con Lee Yeong-ae (la musa di Lady Vendetta), Lee Byung-hun (il killer buono di Bittersweet Life), Song Kang-ho (il padre astuto di Parasite), in streaming dal 4 febbraio su MUBI.
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Park Chan-wook, sul tema della storica divisione tra Nord e Sud, di esprime con commozione e trasporto, scrivendo e dirigendo un film che parla di amicizia e di rivalità indotta. Un peso quasi insostenibile per la generazione che ne ha vissuto le conseguenze sulla propria pelle, ma che adesso, a distanza di cinquant’anni, fatica a percepirsi con la stessa forza.
Ecco perché Joint Security Area è il film necessario di Park Chan-wook.
Joint Security Area, la trama
Il Maggiore Sophie E. Jean (Lee Yeong-ae) e il Generale Bruno Botta sono convocati nella DMZ per una indagine super partes su fatti che coinvolgono un assassinio plurimo nell’area della JSA, Joint Security Area. La zona è un piccolo spazio di frontiera condiviso dalle fazioni Nord e Sud Coreane; nel tempo è stato teatro di brutti episodi, e per questo al momento è più spesso utilizzato come meta turistica.
I due militari sono convocati dalla Svezia e dalla Svizzera neutrali per determinare, al di là delle dichiarazioni rilasciate dai due soldati coinvolti, chi sia il vero colpevole. Nell’interrogare il Sergente sudcoreano Lee Soo-hyeok (Lee Byung-hun) e il Sergente nordcoreano Oh Kyeong-pil (Song Kang-ho), il Maggiore si trova a dover gestire una verità molto più complessa, che affonda le radici in quel confine politico imposto tra le due Coree, che ha diviso un popolo, in realtà uno e uno soltanto.
Un tema che si raffredda, col tempo
All’uscita nelle sale, Joint Security Area (JSA) di Park Chan-wook aveva convinto il pubblico in patria e conquistato il Grand Bell Award (l’Oscar coreano) come Miglior Film.
Eppure, a poco più di vent’anni dall’uscita, la questione non suscita più lo stesso effetto. Con l’avanzare del tempo il tema della riunificazione delle due Coree si fa sempre meno sentito dal popolo, specie da quelle nuove generazioni che, ovviamente, ne hanno una percezione completamente diversa e distante.
Quindi, fortunatamente, esistono prodotti artistici che sopravviveranno al tempo, e che veicolano un ragionamento non scontato su questo tema spinoso che è la divisione della penisola coreana.
Il film è scritto per percepire genuinamente un’amicizia impossibile, su cui si interseca la fitta trama della propaganda e della politica, della guerra e dell’utopia. Nonostante la presenza pesante di una minaccia ideologica, i soldati di cui ci racconta Park sono uomini buoni, parzialmente liberi. Facilmente il film transita tra la commedia e il thriller, con un accenno al genere spionaggio.
Un film magistralmente interpretato
Lee Byung-hun e Song Kang-ho sono una coppia eccellente, appropriata nei ruoli, che tornerà di nuovo insieme solo nel 2021 per Han Jae-rim con Emergency Declaration.
Joint Security Area è il primo film con cui Park Chan-wook si fa notare al pubblico internazionale e precede la trilogia della vendetta. Ma sono già evidenti i temi e i metodi a lui cari, vividi anche nelle più recenti produzioni tra cui l’acclamato Decision to leave. Come quel parziale distacco emotivo a cui costringe le sue donne protagoniste, che solo sul finale si sciolgono, svelando il profondo coinvolgimento.
Lee Yeong-ae, algida e impenetrabile, mostra la sua umanità di fronte a quella verità impossibile da svelare. I personaggi sono così tutti incastrati e incapaci di concedersi alla felicità; sono piuttosto condannati a trasportare un peso, gravoso, e c’è chi ne viene piegato. Ecco quindi che si presentano al pubblico quei twist di sceneggiatura, quelle decisioni sofferte tanto care al cinema del regista coreano. E che tramutano gli ormai amati protagonisti in piccoli eroi desolati.
Merendine e sigarette
La JSA che Park ha voluto in Joint Security Area è in realtà una ricostruzione da teatro di posa. Se non fosse ormai noto che questa realtà è davvero là, al confine tra due stati asiatici, anche nel XXI secolo, si potrebbe pensare ad una drammatizzazione futuristica. Invece, è una spinosa rappresentazione, verosimile, la cui finzione traspare solo nello scollamento emotivo che qui e là ci troviamo a confrontare. Fuori da quella gestione parossistica dell’emozione, risonante nella colonna sonora, è tutto così vivido, come le Choco Pie che Song Kang-ho si gusta, orgoglioso pregio di una chimera sudcoreana.
È tutto sinceramente commovente. Il pubblico ha chiaro sin dall’inizio che la storia è un miglio verde verso la ghigliottina, una parabola discendente di una allegria non concessa.
E questi soldati, monocromatici, sboccati, puzzolenti e divertenti: si fanno così carne e viscere, a raccontarsi la propria quotidianità, con la sigaretta in mano e le carte sul tavolo. Che alla fine, tra questi umani, si cerca prossimità, contatto e condivisione, e si trova così l’amicizia nel posto meno sospettabile: in casa del nemico.