Non è certo la prima volta che la nave da guerra più famosa della Storia del Cinema viene presa di mira. E non ci riferiamo in questo caso alle truppe fedeli allo Zar, come nella realtà storica, bensì a quanto Luciano Salce e nella fattispecie Il secondo tragico Fantozzi seppe proporre, a livello di satira mordace e pungente. Che si voglia essere d’accordo o meno con il vessato ragionier Ugo Fantozzi a.k.a. Paolo Villaggio, furono bordate terrificanti.
Beninteso il capolavoro di Sergej M. Ėjzenštejn ci è oltremodo caro. E anche la satira a nostro avviso può essere considerata una forma di omaggio. Motivo per cui abbiamo notevolmente apprezzato quella ancor più sottile rivolta, sempre nei confronti de La corazzata Potëmkin, dal corto di un cineasta rumeno non nuovo a rimaneggiare la Storia e il Mito, con piena coscienza delle proprie azioni…
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Da Paolo Villaggio a Radu Jude
Potemkiniștii (The Potemkinists, il titolo internazionale) riprende aspetti apparentemente marginali e poco noti del passato della Romania, secondo l’ottica non convenzionale di Radu Jude, cineasta di valore che già in opere come I Do Not Care If We Go Down in History as Barbarians ha dimostrato di non fare sconti ai trascorsi sovente travagliati del proprio paese, riletti attraverso uno sguardo lucido, obliquo, sardonico, non assimilabile a ideologie preconcette e magari anche contraffatte. Nello specifico erano noti in Romania come “Potemkiniștii” quei marinai della celebre corazzata in cerca di asilo politico, dopo essersi ribellati ai propri superiori nelle acque di Odessa. E il confronto con le autorità locali, dopo l’approdo in quei porti, fu tutt’altro che liscio, pacifico, ma alla fine il governo rumeno si decise a farli sbarcare e ad accogliere la loro disperata richiesta. Con il rischio di creare un serio incidente diplomatico con il potente Impero Russo, peraltro!
L’indagine di Neal Bascomb, la verità del Cinema
Per chiunque volesse conoscere meglio tali retroscena, consigliamo magari la lettura di Ammutinamento. La vera storia della corazzata Potëmkin, saggio storico del noto giornalista americano Neal Bascomb pubblicato da Mondadori nella collana Le scie: vi si trovano ricerche assai interessanti, serie, su tutto ciò che ha riguardato la Potëmkin e il clima politico e sociale in cui la ribellione avvenne, dalla spocchiosa inflessibilità degli alti ufficiali della Marina all’appoggio pieno di ambiguità che Lenin e altri rivoluzionari emigrati all’estero diedero ai rivoltosi, passando naturalmente per la determinazione di Afanasy Matushenko e degli altri marinai protagonisti della vicenda.
In Potemkiniștii si fa riferimento a loro, ma trasversalmente: nel film due personaggi rumeni dei nostri giorni, un uomo e una donna, stanno visionando il consunto monumento alla loro memoria che il primo vorrebbe grandiosamente restaurare, incontrando però il forte scetticismo dell’altra, tipica burocrate consapevole a sua volta di quanto i riferimenti al passato del paese possano risultare scomodi, controversi, inopportuni. La grottesca visita a quel pezzo di “socialismo reale” diviene perciò agli occhi del regista un valido pretesto per ironizzare non soltanto su come è stato tramandato il fatto storico in sé, ma anche su quella “canonizzazione” del capolavoro di Ėjzenštejn spesso priva di spirito critico e di approfondimenti reali, come pure su altri aspetti non meno inquietanti della contemporaneità, vedi la brutale tendenza a riconsiderare l’arte nei termini di un’ipocrita, avvilente, deleteria “cancel culture“.
Radu Jude: Cinema come critica sociale e riflessione storica
Il sempre difficile rapporto tra arte e potere
Quando poi da un passato pieno di ombre sinistre riemerge il dramma di quei detenuti politici, arrestati durante l’imposizione del tetro regime comunista in Romania e costretti ai lavori forzati per la creazione di un canale artificiale del Danubio, ben visibile in quel tratto di costa, lo strano duo approda quasi simultaneamente alla stessa idea, decisamente “cerchiobottista”: proporre cioè alle commissioni ministeriali di lavorare al restauro del monumento, rendendo omaggio contemporaneamente ai marinai russi di inizio Novecento e ai martiri rumeni del Dopoguerra! Un bel pastrocchio, insomma. Ma il regista pare suggerirci in modo sornione, e tramite alcuni passaggi davvero esilaranti, che quando anche l’arte si assoggetta alle mode politiche del momento, non può andare diversamente.
The Potemkinists (2022) | MUBI