Le icone di Hiroshima
Venerdì 9 marzo 2012, ore 17.00, presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Palazzo Mattei di Giove (Via Michelangelo Caetani 32, Roma), verrà presentata l’opera Le icone di Hiroshima. Fotografie, storia e memoria di Annarita Curcio, Postcart, 2011. Ne discuteranno con l’autrice: Gabriele D’Autilia, Riccardo Rosati.
All’indomani dello scoppio delle due bombe su Hiroshima e Nagasaki, il 6 e 9 agosto 1945, fotografi e cineoperatori raggiunsero le due città per testimoniare e documentare gli effetti disastrosi delle deflagrazioni atomiche. Ciononostante, tutto questo materiale non fu fatto vedere fino alla fine degli anni ’60. Metri e metri di pellicole furono immediatamente spediti a Washington ed etichettati come “segreto militare”. Contestualmente furono rese pubbliche solo le immagini del fungo atomico e delle vedute aeree delle due città distrutte.
Wilfred Burchett, giornalista indipendente, fu tra i primi stranieri a raggiungere Hiroshima, il suo articolo uscì, provocando molto scompiglio, sul “London Daily News”, ma il suo rullino di foto scattate nella città scomparve misteriosamente; George Weller fu, invece, tra i primi a giungere a Nagasaki, il suo dossier non arriverà mai alla redazione del “Chicago Daily News” per il quale lavora. Al di là dell’oceano, William Laurence firma i primi comunicati stampa emessi dal Pentagono in cui i danni ai civili vengono sminuiti.
Negli anni ’70, il Giappone è una superpotenza, ma la memoria del suo recente passato storico è compromessa dagli anni di oblio imposti dal dictat della “Realpolitik” cui il governo giapponese si è piegato senza troppi scrupoli.
Gli hibakusha, i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, costituiscono un movimento per rivendicare assistenza sociale e un’indennità, nel frattempo il Giappone si vota alla cultura della pace, di cui il Genbaku Dome diventa simbolo e icona.
Annarita Curcio è laureata in discipline delle arti, musica e spettacolo (Università di Roma Tre) e ha un Master of Arts in Critica Fotografica (University of Durham, Inghilterra). Lavora nel campo dell’editoria fotografica. Ha curato mostre e tenuto corsi teorico-pratici per varie scuole di fotografia e ha pubblicato saggi e interviste per numerose riviste, tra le quali: “Around Photography”, “Fotografare”, “Quaderni Asiatici”. Da anni si interessa del Giappone, approfondendone vari aspetti, come la cinematografia, la cultura visiva e la gastronomia.
Gabriele D’Autilia insegna Fotografia e nuovi media presso l’Università di Teramo, è direttore generale dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico; ha collaborato con l’Istituto Luce nel settore storico-archivistico. Tra le sue numerose pubblicazioni si ricordano: L’età giolittiana (1998) nella collana «Storia fotografica della società italiana»; L’indizio e la prova. La storia nella fotografia (2005); con Giovanni De Luna e Luca Criscenti L’Italia del Novecento. Le fotografie e la storia (2005-2006); ha curato il Dizionario della Fotografia (2008).
Riccardo Rosati, studioso della lingua e della cultura giapponese, ha scritto numerosi saggi sull’argomento, tra i quali si ricordano: Perdendo il Giappone (Armando Editore, 2005) e, con Arianna Di Pietro, Da Maison Ikkoku a NANA. Mutamenti culturali e dinamiche sociali in Giappone tra gli anni Ottanta e il 2000 (Società Editrice La Torre, 2011). Ha inoltre curato, insieme a Enrico Azzano e Raffaele Meale, il testo Nihon Eiga – Storia del Cinema Giapponese dal 1970 al 2010 (csf edizioni, 2010).
Per informazioni: Biblioteca di storia moderna e contemporanea, tel. 066828171, e-mail b-stmo.info@beniculturali.it