‘Il nostro generale’ gli anni di piombo e i Nuclei Speciali Antiterrorismo
Il nostro generale, la fiction scritta da Monica Zappelli e Peppe Fiore, con la regia di Lucio Pellegrini e Andrea Jublin, è andata in onda su RaiUno in quattro serate. Ora la si può vedere su RaiPlay.
Il nostro generale. Un racconto degli anni di piombo, attraverso lo sguardo dei Nuclei Speciali Antiterrorismo, e la voce narrante di Nicola (Antonio Folletto). La lotta eversiva delle Brigate Rosse e, per combatterla, le strategie innovative, coraggiose, del generale Carlo Alberto dalla Chiesa (Sergio Castellitto).
Il nostro generale La trama
1973. Impegnato nella lotta alla mafia, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa viene trasferito da Palermo a Torino, dove le Brigate Rosse stanno iniziando la loro attività eversiva. Nonostante le resistenze dei vertici dell’Arma, dalla Chiesa crea il Nucleo speciale antiterrorismo, un gruppo di uomini specializzati per i quali la lotta al terrorismo diventa totalizzante. A partire dal pugliese Nicola, prediletto da Dalla Chiesa, gli uomini del Nucleo instaurano con il loro generale un rapporto profondo, segnato da momenti di grande tensione…(sinossi ufficiale della serie tv).
Il Nucleo Speciale Antiterrorismo e il generale Dalla Chiesa
Questa serie è dedicata
a chi ha rischiato la vita
per difendere la democrazia
Il nostro generale La ricostruzione del personaggio
Importante l’aggettivo possessivo del titolo, a indicare il rapporto affettivo tra i ragazzi del Nucleo e Dalla Chiesa: quasi paterno da parte sua, nonostante spesso si presentasse in maniera burbera per stimolarli o perché irritato dagli inciampi nelle indagini. Severità e benevolenza alternate tra loro, e integrate, nella ricostruzione di un personaggio allora sotto tutti i riflettori.
Persino con il pentito Patrizio Peci (che voleva parlare solo con lui) il generale ha stabilito una relazione di fiducia, fino a confidargli i suoi tormenti: “Ho vissuto tutta la vita in guerra”.
In famiglia, nessuna ambivalenza. Sempre premuroso, nei confronti dei figli, dei nipoti e soprattutto della prima moglie, Dora (Teresa Saponangelo), in un rapporto di affidamento reciproco. Con lei, mai uno screzio, mai una divergenza di vedute. La famiglia come porto sicuro, nel quale ricaricarsi per affrontare un mondo esterno fatto di brutture e violenze.
Rita Dalla Chiesa, in occasione della messa in onda della fiction, afferma che i suoi genitori si sono conosciuti da ragazzi, e racconta come il generale si rivelasse alla moglie, alla quale raccontava tutto, nella sua fragilità. Tantissimi i gesti di tenerezza nella narrazione televisiva, le parole a volte sostituite da sguardi di sollecitudine, espressione di confidenza e rassicurazione.
Una clip de Il nostro generale
Il nostro generale La responsabilità dei contenuti
Sebbene siano passati quasi cinquant’anni, non dev’essere stato facile maneggiare contenuti così delicati. E impegnativi, sia per chi quegli anni li ha vissuti e li ha voluti archiviare (evocandoli solo per le libertà finalmente acquisite: lo statuto dei lavoratori, il divorzio, il nuovo diritto di famiglia) sia per chi non li conosce affatto.
Grande merito quindi ai registi e alla produzione che hanno voluto finalmente assumersene la responsabilità. Lo ha già fatto, è vero, Marco Bellocchio per ben due volte con gli altissimi esiti artistici che conosciamo, ma con uno sguardo tutto suo, non sempre adatto al grande pubblico. Il nostro generale invece vuole essere una rilettura il più possibile oggettiva, con un formato, quello della fiction, che coinvolge ogni tipo di telespettatore. Senza nulla togliere alla sua resa filmica e alla verità storica.
La verità storica
Dalla Chiesa e i suoi ragazzi hanno un obiettivo comune; su questo viene costituito il gruppo, che con i successi si rafforza e fa da contenitore alle emozioni positive, ma anche alle prove dolorose affrontate insieme.
Come la morte del carabiniere più anziano del Nucleo (nella realtà, l’appuntato Giovanni D’Alfonso), e di Mara Cagol (la moglie di Renato Curcio) nello scontro a fuoco nell’estete del 1975. O l’uccisione di quattro brigatisti dopo l’irruzione dei carabinieri nell’appartamento di via Fracchia a Genova (1980). E ancora, lo scioglimento del Nucleo Antiterrorismo, dopo due anni di esiti insperati.
Tra questi, il più clamoroso fu la cattura di Curcio e Franceschini, capi storici delle BR, alla quale ne seguirono molte altre, grazie alla strategia degli infiltrati inaugurata dal generale. Con eskimo, barba e capelli lunghi, i suoi ragazzi si mimetizzavano facilmente con quelli della sinistra di allora. Come i terroristi, avevano un nome di battaglia, perché Dalla Chiesa riteneva che, su barricate contrapposte, bisognava però pensare con la loro testa.
E ancora, la tecnica dei rami verdi: non intestardirsi ad arrestarli proprio tutti, farne anche fuggire uno durante le operazioni, perché li avrebbe portati a scoprire altri covi, altre realtà organizzative. Fino quasi a sconfiggere il terrorismo. “L’ultimo periodo, il più tremendo: gli ultimi giorni di guerra sono i più sporchi, le vittime più innocenti, il sangue più inutile”.
Realtà e finzione
Tutto questo è presente nella fiction, in una riuscita mescolanza di realtà e finzione, insieme a repertori veri e repertori nuovi inseriti nella narrazione, come fossero reali.
Anche qualche documento, come l’augurio agli Italiani di Sandro Pertini (struggente, rivisto adesso!) per la pace, la serenità e il progresso, a Capodanno del 1981. E lo stesso Pertini, il 3 settembre di un anno dopo, ai funerali di Dalla Chiesa, ai quali è presente pure Nicola, che nella fiction, tra i ragazzi, è il preferito del generale. Realtà e finzione qui sovrapposti in maniera molto evidente, ma non importa, l’emozione scatta lo stesso.
Perché poi Dalla Chiesa abbia accettato quel frettoloso trasferimento in Sicilia, si cerca di chiarirlo con il suo attaccamento al dovere, pur sapendo che Le persone vengono uccise perché sono diventate pericolose o perché sono rimaste sole. Solo, lui qui lo è in maniera smaccata: nessuna accoglienza all’arrivo, nessuna attenzione sulla sicurezza.
Ma perché poi il generale non è tornato indietro, quando si capiva che non godeva di nessuna protezione? Quando ha rilasciato l’intervista a Giorgio Bocca, denunciando l’abbandono a se stesso e le promesse non mantenute da parte del governo? Una sorta di sacrificio, il suo. Perché, Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i nostri figli e i figli dei nostri figli. Queste le sue ultime parole in un discorso ufficiale, poco prima della morte.
La resa degli anni Settanta
Il nostro generale è una fiction che ha saputo raccontare la guerra tra lo Stato e le Brigate Rosse, attraverso gli anni dal ’73 all’82. Dai rapimenti lampo, alla cattura dei capi fino all’ultimo, Giovanni Senzani. Il rapimento Moro, ovviamente. L’atto più eclatante del terrorismo rosso, insieme al processo proletario a Roberto Peci, il fratello del pentito Patrizio. Forse è in quell’esecuzione barbara che sono finiti gli anni Ottanta, dice la voce narrante di Antonio Folletto, insieme a qualche immagine del riflusso che ne è seguito.
Proprio ad Antonio Folletto, una nota di merito per come ha aggiunto intensità alla narrazione. E a Teresa Saponangelo, nella resa dell’affidabilità del suo personaggio, modesto ma mai dimesso. Sergio Castellitto, invece, non ha bisogno di conferme ulteriori per la sua sapiente recitazione.
Il nostro generale è una co-produzione Rai Fiction-Stand by me, prodotta da Simona Ercolani. Regia diLucio Pellegrini e Andrea Jublin. Su RaiPlay.
Il nostro generale
Anno: 2023
Durata: Quattro episodi
Distribuzione: Rai Uno
Genere: Drammatico
Nazionalita: Italia
Regia: Lucio Pellegrini e Andrea Jublin
Data di uscita: 09-January-2023
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