Disponibile su Disney+ il documentario diretto da Mary McCartney, If These Walls Could Sing.
Gli Abbey Road Studios sono il cuore dell’industria musicale. I fan si recano ogni anno a farsi fotografare al famoso incrocio delle strisce pedonali per sentirsi vicini alla musica che amano. Gli artisti cercano di seguire le orme dei loro eroi e di sfruttare un po’ della magia di questo studio per lasciare un segno nella storia della musica.
Con If These Walls Could Sing, gli Abbey Road Studios aprono le loro porte per la prima volta. Gli studi sono stati parte integrante della vita di Mary da sempre, una vera e propria casa e il luogo in cui i suoi genitori hanno realizzato i loro dischi fondamentali.
Dalla musica classica al pop, dalle colonne sonore all’hip-hop, questo film esplora la portata, la diversità e l’ingegno degli Abbey Road Studios. Interviste intime con artisti, produttori e compositori di spicco, abbinate a intensi filmati d’archivio e nastri delle sessioni, offrono un accesso esclusivo a questi studi famosi e privati. Ognuno di loro ha trovato il proprio percorso, il proprio linguaggio musicale, negli Abbey Road Studios.
La recensione
Inaugurati nel 1931 con le registrazioni dell’Orchestra Sinfonica di Londra, gli Abbey Road Studios sono al centro del documentario con cui Mary McCartney racconta il successo di un luogo e il rapporto creato con gli artisti che vi hanno registrato e, ancora registrano, musica.
La ricostruzione della storia degli Studios, strutturata come un diario in cui compaiono immagini di repertorio e interventi dei protagonisti, è minuziosamente collegata al contesto culturale di Londra. La storia inizia proprio nel 1931, anno in cui l’allora ex cadetto George Martin, rientra a Londra e cerca un impiego. Esperto di radio e di suono, risponde all’annuncio dell’etichetta EMI allora in espansione alla ricerca di nuovi manager. Martin, allora poco più che trentenne, individua del potenziale nella villa situata in Abbey Road che ben presto trasforma in studi di registrazione.
“C’è qualcosa di magico in quel posto” – Elton John
John Williams, Jimmy Page, Elton John e David Gilmour sono solo alcuni dei nomi della musica e del cinema che compaiono nel corso del documentario. Intervistati dalla McCartney, facilitata nel porre domande ai musicisti in quanto figlia di uno di loro, gli artisti si susseguono nel raccontare le loro registrazioni e il significato che per loro hanno avuto gli Studios. Oltre alla vicenda storica ciò che traspare dalle parole è il forte legame emotivo che ognuno di loro ha avuto, e ha ancora, con gli studi. Che fossero lì di passaggio o per registrare interi album, ciascun artista ha vissuto grazie agli Abbey Road Studios momenti indimenticabili e unici. Tra aneddoti e commozione molti di loro, tra cui Sir Elton John, confidano di aver voluto registrare lì principalmente perché i Beatles vi registrarono.
Gli Abbey Road Studios e i Beatles
Dopo le modifiche apportate alla villa, George Martin, convinto che la discografia e la musica sarebbero ritornate in voga, negli anni Trenta iniziò a cercare musicisti che incarnassero lo spirito del rock, meglio se simili agli Shadows. Questo non avvenne in tempi brevi. Negli anni Sessanta Martin conosce i Beatles.
Pur non essendo entusiasta delle prime incisioni del gruppo, continua a lavorare con loro finché, ascoltando le prove di Please Please Me, invita i quattro ad accelerare il ritmo della canzone. «Martin sognava un gruppo come gli Shadows, rincorreva quel genere di musicalità – spiega Paul McCartney- e cambiando la ritmica del pezzo, portò i Beatles al successo». Notando dove il gruppo poteva arrivare, nel 1963 Martin decise che era giunto il momento per incidere il primo disco, sapendo che sarebbe stato incredibile.
Paul McCartney e Ringo Star spiegano che gli Abbey Roads sono il luogo ideale per incidere un disco. Non solo per l’attrezzattura, il sogno di ogni musicista, ma anche per la magia che solo quel luogo è capace di creare. Nei loro racconti spiegano che mentre in una sala qualcuno suonava il pianoforte, in un’altra qualche musicista stava suonando il violino per un altro brano di un altro artista. E il sapere di essere circondati da musica rendeva unica e appassionata ogni esecuzione.
Tornando ai Beatles, allora all’apice del successo, Abbey Road diventa la loro tana, il luogo in cui erano capaci di passare giornate intere, perché ospitale e culla dei sogni. Nel 1967, durante una sessione di registrazione durata tre giorni, i Beatles registrano “il” disco: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club.
Gli Studios sono il loro parco giochi. Contemporaneamente Londra degli anni Sessanta abbraccia il cambiamento culturale e, forte di quel contesto, il gruppo realizza tredici, strepitosi, brani.
“Siamo davanti a un mini Rinascimento” – George Epstick
Diceva così l’allora boss dell’EMI, George Epstick, un uomo che credette nel cambiamento, in Martin e nei Beatles che, è il caso di dirlo, fecero la sua fortuna.
La casa della musica è nella strada più famosa di Londra e, grazie a If These Walls Could Sing, mostra allo spettatore la musica, la passione, gli artisti e i sacrifici. Divenuti un’istituzione, gli Abbey Road hanno dato natali ad artisti incredibili, rifugio ai solitari e incoraggiamento a chi in un momento di fragilità. Emblematico il racconto sulla violoncellista Jacqueline Du Pré che, ammalatasi di sclerosi multipla, trovò accoglienza negli Abbey Road Studios per provare a registrare dei brani, in gran segreto data la sua condizione fisica. Mary guida gli spettatori attraverso nove decenni scegliendo uno stile semplice ma non per questo poco interessante. La sua macchina da presa, fissa davanti agli intervistati o concentrata sui dettagli lungo le pareti e i corridoi, pone lo spettatore nella condizione di poter osservare gli Studios come ne fosse all’interno. Tutto, ovviamente, intervallato o accompagnato dai capolavori che lì hanno avuto luce.
Un documentario per appassionati di musica e non solo, da vedere e “sentire” per chi vuole comprendere la magia di una casa di registrazione.
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