Presentato in anteprima al Festival del Cinema di Torino, La Divina Commedia VR – Il Purgatorio del regista Federico Basso è un immersione virtuale nel regno di Dante. Una produzione ETT, industria digitale creativa, prossimamente disponibile su Rai Cinema Channel VR, ideata e curata da Adele Magnelli, International Project Manager, ETT S.p.A. Gruppo SCAI.
Per comprendere meglio la realtà che il Sommo Poeta ha descritto nella sua celebre opera e per cercare di capire i primi passaggi della realtà virtuale abbiamo fatto qualche domanda al regista Federico Basso.
Il regista Federico Basso e la tecnica del VR
Parto da una riflessione sulla tecnica utilizzata e sul fatto che il VR e le nuove tecnologie siano sempre più all’avanguardia e sempre più utilizzate in alcuni settori (come salute, gaming…). Ora si stanno affacciando al settore del cinema e dell’intrattenimento. E, per questo, volevo fare una riflessione sul loro utilizzo anche a lungo termine: non sono sostitutivi del cinema, ma offrono suggestioni perché si vive ciò che si vede in prima persona. E, soprattutto nei più giovani, diventa un mezzo formativo ed educativo. In questo preciso contesto, per esempio, il VR può servire all’educazione alla visione e all’avvicinamento alla letteratura. Cosa può dare questo cinema al cinema tradizionale?
Parto dal fatto che, andando in giro, attraverso festival, ho notato che c’è ancora poca consapevolezza dello strumento che è poco noto. Vedo, infatti, che molte persone sono incuriosite, ma non ne sanno ancora nulla. La cosa importante da sottolineare, però, è quello che dicevi tu: è un linguaggio che andrà ad affiancarsi a quelli già esistenti. Come la televisione ha affiancato il cinema e non l’ha sostituito, così anche il VR ha un linguaggio talmente diverso da quello tradizionale che non ha nessuna pretesa di andare a sostituire quello che già esiste perché ha una modalità di fruizione molto diversa rispetto al cinema tradizionale. Con la realtà virtuale sei immerso in un’esperienza molto individuale, a differenza del cinema, che è condivisione. Tu ti trovi da solo a esplorare e la grossa differenza rispetto al cinema tradizionale è che questa esperienza non vive solo di immagini, ma di una fisicità che il cinema tradizionale, appunto, non ha. Con il VR si vanno a toccare delle parti della percezione che sono diverse. Il cervello vive l’esperienza come se fosse reale e in caso di errori ne risente anche l’equilibrio, con dei giramenti di testa. Il corpo partecipa più fisicamente a questa esperienza. E questo ha ricadute sia a livello stilistico che della percezione.
Quindi quello che mi aspetto per il futuro è che vi siano dei luoghi, come al museo del cinema a Torino, dove l’esperienza VR possa essere vissuta, ma anche condivisa. Spero che ci possano essere luoghi dove tante persone contemporaneamente possano vivere la stessa esperienza per renderla più condivisa. Anche perché spesso si va al cinema proprio per guardare il film insieme. Rai Cinema sta lavorando proprio a questo; ha aperto il canale VR e sta puntando su questo aspetto lavorando a degli spazi in cui questo possa avvenire.
Dal punto di vista tecnico, invece, la premessa è che noi come azienda abbiamo iniziato a trattare di VR in tempi non sospetti quando ancora non si sapeva cosa fosse. Lavorando personalmente nell’ambito museale cerchiamo di abbracciare subito le nuove tecnologie per creare dei luoghi dove le persone vengono anche sorprese. Abbiamo fatto decine di cortometraggi e costruzioni di tipo anche scientifico, con riprese dal vivo, con esperimenti e abbiamo capito come funziona questo linguaggio che si sta evolvendo.
La differenza tra cinema tradizionale e cinema VR
Ci sono persone specializzate proprio in questo settore del VR, quindi c’è un lavoro diverso anche in questo senso. Sono nate proprio figure nuove.
Bisogna sempre distinguere tra riprese e computer grafica. Per esempio le riprese hanno molte limitazioni tecniche perché quando fai una ripresa in VR riprendi anche l’operatore che la sta utilizzando, così come le luci usate per illuminare la scena. Questo limita molto. Noi stiamo sperimentando nuove tecniche.
Come si progetta un lavoro in VR? Considerando che è qualcosa in soggettiva, io spettatore potrei decidere di girare a destra piuttosto che a sinistra. Come si fa a sapere dove andare? E qual è la distinzione tra un regista di cinema tradizionale e uno di cinema VR?
La differenza tra la regia tradizionale e quella VR è che nella regia tradizionale il regista utilizza i movimenti di camera (le ottiche, le focali, la profondità di campo) per indicare il suo punto di vista: è lui che lo impone a chi sta guardando il film.
Nel VR, invece, questo non succede, ma sei libero di guardare in tutte le direzioni possibili. Non si può prevedere cosa una persona guardi. La cosa interessante è che, attraverso alcune tecniche che stiamo mettendo a punto e che fanno parte del linguaggio, noi troviamo il modo di suggerire il punto di vista, usando luci, suoni e il movimento di un oggetto che va in una certa direzione. Si tratta di una cosa più fine e psicologica. Quindi attraverso queste tecniche che stiamo mettendo a punto è possibile che gli spettatori guardino quello che il regista vorrebbe che loro guardassero senza imporlo.
Federico Basso regista: i personaggi del Purgatorio
Entrando nel merito del Purgatorio volevo chiederti delle figure umane che appaiono e della figura di Beatrice. Come sono state realizzate?
Innanzitutto all’interno del Purgatorio ci sono scene di folla come quella dei superbi dove ci sono centinaia di esseri umani che trasportano dei macigni. Questa è la classica scena da realizzare in computer grafica per motivi pratici (sarebbe irrealizzabile con tecniche tradizionali in VR). Quindi, per questo, abbiamo usato dei modelli realistici di esseri umani che, però, per rendere più credibili (in computer grafica la figura umana è estremamente delicata da trattare perché o è perfettamente credibile o diventa sgradevole da vedersi), abbiamo usato delle tecniche di motion capture. I loro movimenti sono stati registrati e poi sono stati attribuiti a questi avatar, dei modelli tridimensionali, in modo che fossero reali e potessero rendere più reale anche la scena.
Quando, invece, l’essere umano viene visto in primo piano abbiamo optato per prendere degli attori reali in green screen che poi sono stati inseriti sulle scene VR. Per esempio quando c’è Beatrice. Poi c’è anche l’Angelo e lì abbiamo optato per fare un essere umano reale ripreso in green screen. Con le ali fatte in computer grafica. Quindi c’è una compenetrazione tra realtà e virtuale.
Il confronto con Avatar
Apro un attimo una parentesi approfittando del fatto che in questo periodo c’è il secondo capitolo di Avatar al cinema. Si può fare un confronto con questo film?
Sicuramente si può dire che l’operazione Avatar ai tempi ha avuto un impatto nel cinema da due punti di vista: estetico e tecnico. Quello che è stato creato è un immaginario che è un punto di riferimento. Quando si deve realizzare una foresta che abbia qualcosa di magico il riferimento è subito Avatar. Dal punto di vista estetico, nello studio delle forme e dei colori, è stato una pietra miliare, e poi lo è stato molto anche dal punto di vista tecnico con tecniche realizzative di altissimo livello.
Riproporre questa cosa adesso, a distanza di tutto questo tempo, fa, però, venir meno questi due presupposti, nel senso che non so se c’è stata una ricerca che può rendere questo prodotto rivoluzionario come il primo.
E, sempre parlando di confronti, se ne può fare uno anche tra Inferno e Purgatorio?
Sì, io infatti ho usato la telecamera come una vera e propria metafora. Ne L’Inferno, per esempio, la telecamera va sempre avanti perché il luogo ha un significato di destino ineluttabile e chi entra non può più guardarsi indietro. E, infatti, la telecamera va sempre avanti e questo crea un effetto emotivo molto forte. Si ferma solo in due momenti: uno quando Dante dice io tutto smarrito m’arrestai davanti a Pier delle Vigne, poi quando perde i sensi davanti a Lucifero. Lì serve molto a enfatizzare l’esperienza.
Ne Il Purgatorio, invece che è un’ascesa verso la purificazione, spesso la telecamera fa dei movimenti verso l’alto, anche faticosi, perché il senso è quello di salire, purificarsi e raggiungere l’obiettivo di avvicinarsi al Paradiso e a Dio. La differenza è che l’inferno dà una sensazione di disagio fisico, mentre il purgatorio ha delle aperture verso l’alto che danno un senso di speranza. Probabilmente il paradiso enfatizzerà questi movimenti più ariosi della telecamera.
I versi scelti per il corto del regista Federico Basso
Tornando al Purgatorio, la scelta di trattare la Divina Commedia con il VR secondo me è indovinata. Forse, considerando anche che non sono state realizzate opere sull’argomento, si potrebbe quasi dire che è l’unico modo per mostrarla.
Questa è una bellissima domanda perché anche a me ha sorpreso che l’unico lungometraggio riguardo la Divina Commedia sia del 1911 della Milano Film e che è stato addirittura il primo lungometraggio italiano. Quindi per un secolo nessuno si è azzardato ad affrontare l’argomento ed è strano soprattutto perché l’universo di Dante è qualcosa di molto cinematografico. Probabilmente non è mai stato fatto perché il problema principale è trasformare delle terzine in un linguaggio più attuale. Per fare un lungometraggio si dovrebbero mettere in bocca a degli attori delle terzine del Trecento. Oppure cambiare i versi, cosa impossibile. Infatti noi abbiamo deciso di mantenere la poesia esattamente come lui l’ha scritta.
Perché questa cosa regga, però, dev’essere un’esperienza visiva dove si mantiene la poesia, ma si illustra nella maniera più fedele possibile quello che Dante sta raccontando in quel momento. Quindi è stato uno sforzo enorme. Alessandro Cavallaro, responsabile scientifico che ha selezionato i versi e suggerito le scene, ha fatto un enorme lavoro per far sì che quello che sentiamo sia molto fluido e continuo anche se le terzine sono prese in qua e là nella Divina Commedia. È stato un lavoro di sintesi molto complesso.
E infatti non si capisce che sono prese da momenti diversi. Come avviene la selezione dei canti? Avviene in base agli effetti che si devono creare?
Abbiamo cercato prima di tutto di scegliere scene non necessariamente tra le più note. Poi abbiamo scelto delle situazioni che fossero interessanti dal punto di vista visivo e soprattutto realizzabili con i mezzi che avevamo in quel momento. Quindi è stata una scelta bilanciata tra il voler fare qualcosa di spettacolare, ma anche fattibile. Dopo una preselezione di scene che ci stuzzicavano la fantasia Alessandro Cavallaro ha selezionato le terzine per cercare di unirle tra loro in una continuità.
Anche io, come te, noto che non ci si accorge che si sta passando dall’una all’altra.
La scelta è stata fatta sulla base dell’opportunità di mostrare alcune cose rispetto ad altre e poi sulla base del fatto che fossero compatibili l’una con l’altra dal punto di vista sonoro.
L’architettura sonora
E proprio a proposito del suono volevo fare una domanda considerando che l’architettura sonora è fondamentale come quella visiva che deve essere allo stesso modo avvolgente. Com’è stata scelta la musica? Dopo le immagini o in contemporanea?
È molto interessante la scelta del suono. Ma oltra alla musica ti parlerei anche della musica della voce di Francesco Pannofino (voce narrante, ndr).
Quando si parla di Divina Commedia ci sono vari livelli: si può leggere, si può sentire recitata da qualcuno, o sentirla recitata con la musica, oppure si può vedere. Ogni livello dà un valore aggiunto all’opera. Il mio lavoro registico è stato cercare di valorizzare tutti questi aspetti: suono, musica e immagini devono essere omogenei.
La persona che si è occupata della musica è Marco Morini, amico e compagno di studi (perché io stesso sono stato musicista nella mia formazione). Ho cercato qualcuno che potesse capire fino in fondo quello che stavo facendo: volevo un musicista che mettesse la sua arte a disposizione di questa esperienza multisensoriale.
Abbiamo parlato cercando di capire le atmosfere, poi abbiamo lavorato attraverso immagini, suggestioni dove lui ha immaginato delle musiche sulla base di indicazioni visive che davo io, ma che non erano ancora state create. E lui ha creato delle atmosfere musicali che a loro volta mi sono servite per creare delle atmosfere visive. Quindi c’è stata una completa compenetrazione e un flusso di informazioni nelle due direzioni. Le immagini e le musiche sono nate quasi in contemporanea.
E la stessa cosa è stata con Francesco Pannofino. Anche lui ha voluto, quando recitava le terzine, che io gli indicassi cosa stesse succedendo in quel preciso momento perché ha registrato senza vedere il filmato. Quando lui ha registrato la sua interpretazione mi è servita per creare delle atmosfere che si sposassero bene. La voce mi è servita quasi come ispirazione, così come la musica.
Le speranze e le aspettative del regista Federico Basso
Tornando alla riflessione iniziale e legandoci il fatto che adesso Rai cinema sta facendo un’indagine su temi sociali, soprattutto legati ai più giovani, si può dire, secondo te, che il VR è un linguaggio più vicino ai ragazzi ed è in grado di avvicinarli a temi importanti? Ma anche alla letteratura stessa. Per esempio, la sensazione che io ho avuto dopo aver visto il corto è stata quella di andare a rileggere la Divina Commedia.
Brava! Hai colto proprio tutto ed è quello che è successo anche a me. Io conoscevo la Divina Commedia come la conosce chi l’ha studiata a scuola, non come uno studioso dell’argomento. Per me fare questi film è stato un pretesto, uno stimolo per andare a rileggere il testo originale. E addirittura ci sono delle cose che quasi commuovono. Credo che chi ha visto il filmato abbia lo stesso stimolo. Ho visto tante persone che si sono tolte il visore e avevano le lacrime agli occhi.
Spero che questa cosa possa arrivare anche ai ragazzi. Anche perché sostanzialmente il progetto era nato per i ragazzi, ma poi ci siamo accorti che forse si poteva andare anche oltre. E infatti Il Purgatorio è anche più evoluto de L’Inferno perché il suo fine ultimo non è più la divulgazione scientifica, ma diventa un prodotto più cinematografico, con ambizioni diverse e anche una qualità diversa.
Poi mi piace ricordare sempre che in passato esistevano i precursori della VR: la lanterna magica e il mondo nuovo. E questi strumenti prima venivano utilizzati anche per la divulgazione scientifica.
Quindi adesso aspettiamo Il Paradiso. E sempre Federico Basso come regista.
Sì, Il Paradiso penso che lo inizierò a programmare a breve. E devo dire che mi spaventa perché lo vedo come qualcosa di più astratto, metaforico, meno fisico rispetto agli altri e quindi la ricostruzione in 3D mi risulta più difficile e meno rappresentabile in maniera realistica. Anche le musiche stesse saranno più difficili perché non si può cadere negli stereotipi dei cori angelici.
‘La Divina Commedia VR: l’Inferno, un viaggio immersivo’ il corto sul Sommo Poeta ad Alice nella città
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