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‘The devil has a name’: una battaglia in nome e per conto dell’ambiente

Un pacifico agricoltore vedovo tira fuori la determinazione per combattere uno scandalo ambientale incombente

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Su Chili è disponibile un interessante legal thriller intitolato The devil has a name, diretto dal noto attore di origini messicane Edward James Olmos (indimenticato detective in Blade Runner), e interpretato da un nutrito cast. Che comprende, oltre al regista stesso, i sempre interessanti David Strathairn, Martin Sheen, Alfred Molina, Pablo Schreiber, un mellifluo e codardo Haley Joel Osment, e la splendida Kate Bosworth, qui alle prese con uno dei ruoli interessanti e sfaccettati della carriera.

Un contadino contro la multinazionale, in una sfida alla Davide contro Golia

In The devil has a name, Fred Stern è un agricoltore proprietario di un vasto latifondo dedicato alla coltivazione di alberi di mandorlo, sfruttati per la produzione del frutto.

Vedovo triste e un po’ schivo, si accorge, tramite il suo più fidato collaboratore, che una grande compagnia petrolifera sta avvelenando le sue terre, facendovi confluire i residui inutilizzati del combustibile che estrae e lavora.

Grazie alla tenacia di un anziano avvocato, l’uomo troverà la corretta motivazione per  affrontare i maliziosi avvocati e i manager che rappresentano la compagnia. Tra costoro spicca una avvenente dirigente che si batte con astuzia per spuntare la partita. Salvo poi decidere di cambiare radicalmente tattica, quando le circostanze la rendono niente meno che una pedina alla stregua del povero proprietario terriero, avvelenato e ridotto pressoché all’indigenza.

The devil has a name – la recensione

Alla sua seconda prova da regista dopo il film carcerario American me – Rabbia di vivere, del 1992, il noto attore di origini messicane Edward James Olmos torna a dirigere un film, e per questo si concentra su una vicenda a sfondo marcatamente processuale, con una forte connotazione ambientalista, perfettamente nelle corde del noto attore, da tempo assai immedesimato su questi temi.

Il film, a tratti un po’ slabbrato e popolato di personaggi talvolta al limite della macchietta, non riesce sempre a coniugare la serietà della materia con una certa verve ironica con cui colora certi suoi personaggi.

Tuttavia si avvale dell’interpretazione di alcuni noti attori qui in gran forma. L’ istrionico avvocato interpretato da Martin Sheen funziona molto bene, così come la figura dimessa ma anche autoironica del protagonista agricoltore, ben resa dall’aplomb dignitosissimo del bravo David Strathairn.

Ma è la seducente Kate Bosworth a superare tutti, nel suo ruolo di dark lady un po’ sopra le righe, ma in definitiva assai convincente, che matura durante il corso della vicenda, trasformandosi da spietata aziendalista senza scrupoli, in una paladina della verità, non appena si rende conto di essere sfruttata non meno della vittima designata.

Kate Bosworth: una dark lady coi fiocchi

I duetti della bella attrice losangeliana con il duro e scanzonato killer Ezekiel, interpretato da Pablo Schreiber, lasciano il segno e sfidano lo spettatore in un sagace gioco al gatto e al topo che avrà conseguenze definitive quanto letali al termine della vicenda.

Il film riesce a risultare piuttosto efficace, e diviene presto chiaro il nobile fine di mettere in risalto, una volta per tutte, quanto l’avidità umana renda l’uomo molto simile a una belva senza scrupoli, che agisce solo al fine di placare la bramosia di potere e la sete inestinguibile di ricchezza.

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