CG Entertainment prosegue la propria riscoperta dell’atipico cinema di Davide Manuli diffondendo una nuova edizione dvd di Beket. Ovvero il lungometraggio tramite cui nel 2009 il cineasta milanese ha concluso la sua trilogia in bianco e nero riguardante la solitudine. Una trilogia iniziata nel 1998 con lo short carcerario Bombay: Arthur road prison e proseguita l’anno successivo attraverso il lungometraggio Girotondo, giro intorno al mondo, incentrato sull’emarginazione.
Liberamente ispirato alla famosa opera teatrale Aspettando Godot di Samuel Beckett, un terzo tassello girato in soli tredici giorni usufruendo di una troupe di dieci persone.
Un tassello i cui titoli di testa scorrono sull’immagine di un pugile che lancia pugni accanto a delle pale eoliche. Prima che ci si immerga in una desertica terra di nessuno senza data né tempo non più abitata dagli uomini. Una terra che sembra in un certo senso richiamare alla memoria, al primo impatto, l’ambientazione del super cult El Topo di Alejandro Jodorowsky. Una terra in cui, come Vladimiro ed Estragone, troviamo Freak e Jajà, ovvero Luciano Curreli e Jérôme Duranteau. I Freak e Jajà che hanno perso il bus che porta a Godot, Dio manifestatosi al di là della montagna sotto forma di sonorità musicale.
Decidendo, di conseguenza, di andare a cercarlo a piedi, segnando l’inizio di un viaggio tempestato d’incontri con bizzarri personaggi. Da un Adamo affiancato da una Eva in chiave lesbica ad un oracolo che vive su una torre d’estrazione di una miniera abbandonata. Fino ad un bambino che sembra il “magico” portavoce di Godot e ad una ragazza solitaria. Ragazza le cui apparizioni trasportano quasi Beket dalle parti di determinati lavori di Russ Meyer, regista di Faster, pussycat! Kill! Kill!.
Man mano che l’assurdità dell’esistenza viene affrontata in oltre un’ora e un quarto di visione vantante nel buon cast anche Fabrizio Gifuni e Paolo Rossi.
Oltre un’ora e un quarto di visione debitrice sicuramente nei confronti del teatro dell’assurdo, ma perennemente attraversata da una più o meno accentuata venatura ironica. Celebrando un cinema degli spazi aperti grazie a scenari a loro modo degni del nostro tramontato filone post-atomico. Sebbene, illuminato dalla bella fotografia di TarekBen Abdallah, Beket punti tutt’altro che al facile intrattenimento in fotogrammi. Tanto che nel suo svolgimento le allegorie finiscono chiaramente per risultare più importanti del racconto in sé. Il trailer, due videoclip, dieci minuti di intervista all’attore Rick Cluchey e quasi undici di backstage completano questa nuova edizione home video nella sezione extra.