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Chili Film

Tapirulàn la recensione del debutto alla regia di Claudia Gerini

La tecnologia, sempre più nemica di contatti reali, ci permette di auto isolarci, di ingannevolmente bastare a noi stessi.

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Tapirulan

La vita che scorre sulla piastra di un tapirulàn. Universo interiore ed esteriore per Emma (Claudia Gerini), una counselor on line che passa le sue giornate in un loft semiarredato, circondato da vetrate, con affaccio al parchetto sotto casa. Ogni tanto la donna butta l’occhio a quelle vite lontane che lo attraversano, come se fosse distante anni luce da quello spazio. E continua a correre.

La tecnologia: una via di fuga pericolosa

Tapirulàn ha una buona intuizione di fondo: una riflessione sulla condizione di auto-isolamento indotta da vicende esterne (la pandemia) e interne (ferite emotive profonde e destabilizzanti), dalla quale si fa fatica ad emanciparsi. Grazie ad una tecnologia sempre più nemica di contatti reali, è possibile vivere lontano dalle relazioni, da un confronto con l’altro, dal mettersi in gioco. Una app permette ad Emma di video lavorare mentre corre: riceve le chiamate e davanti ai suoi occhi (e ai nostri), si avvicendano i suoi pazienti (che diventano clienti, per l’applicazione): ognuno porta addosso nevrosi, disagio, dolore, paura di essere realmente se stessi.

Emma è sempre sul tapirulàn. Per quasi tutto il film è incollata a quell’attrezzo. Alla corsa, che le permette, grazie alle endorfine e alla serotonina che il movimento rilascia, di dimenticare un passato che condiziona il suo presente, che le impedisce di uscire di casa. Sua sorella minore riappare in quel riquadro che la lega al mondo. Per una richiesta che Emma non è affatto in grado di esaudire.

Tapirulan

I semi che restano

Claudia Gerini, folgorata dalla sceneggiatura di Antonio Baiocco e Fabio Morici, decide di debuttare dietro la macchina da presa, oltre ad interpretare la protagonista di questa storia. Che avrebbe meritato sicuramente una produzione più solida, nel rendere sul piano visivo questo esperimento all’altezza delle sue aspettative. La messa in scena delle chiamate, la resa dei personaggi che incarnano stereotipi dei malesseri esistenziali, non catturano né per l’occhio né per la tipicità della recitazione.

Ma Tapirulàn rimane nella testa, insieme alla sua protagonista. Innanzitutto per la sfida che lancia allo spettatore. Tenere incollata l’attenzione ad un mancato dinamismo (da sempre motore del cinema) che permea per tutta la sua durata, la vicenda. La macchina da presa è quasi sempre fissa su Emma e la sua corsa, che a volte rallenta, si ferma, ma marca il confine del suo perimetro di azione. Dopo un’iniziale insofferenza, ci entriamo, dentro quell’universo. Siamo con Emma, sul Tapirulàn. Guardiamo insieme a lei il suo loft ed oltre le finestre di vetro, un mondo completamente distante. La stessa interpretazione della Gerini, convince. Riesce a dare identità e sostanza al suo personaggio, cogliendone le fragilità, l’istinto di sopravvivenza e ricostruzione di un’identità quando subisci un trauma che ti segna la vita.

 

 

 

 

Tapirulàn

  • Anno: 2022
  • Durata: 102
  • Distribuzione: Milano Talent Factory
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Claudia Gerini