In collaborazione con Surf Film, CG Entertainment rende finalmente disponibile su supporto blu-ray Amore tossico, il folgorante esordio registico del compianto Claudio Caligari. Esordio che, datato 1983, in questo disco in alta definizione è in versione restaurata nel 2021 dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. Un esordio presentato dal maestro del grottesco su celluloide Marco Ferreri e che rientra senza alcun dubbio tra i maggiormente incisivi lavori in fotogrammi sulla tossicodipendenza. Un po’ come il precedente Cristiana F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Uli Edel, rispetto al quale, però, adotta un approccio decisamente diverso.
In quanto Caligari attinge chiaramente dal Pier Paolo Pasolini neorealista (quello di Accattone e Mamma Roma per intenderci) creando al contempo, però, un proprio moderno neorealismo.
Protagonisti di Amore tossico, infatti, sono alcuni veri tossicodipendenti immersi in una inedita grigia Ostia decisamente lontana dalla solare località balneare che conosciamo. La stessa Ostia che poi, trentadue anni più tardi, il regista è tornato ad immortalare nel postumo Non essere cattivo, raccontando però un’altra tipologia di tossicomani. Soprattutto perché in quel caso si fa sentire una certa poetica fortemente cinematografica, mentre qui l’atmosfera che si respira è altamente reale. Un’atmosfera che rende la circa ora e mezza di visione quasi vicina al documentario per quanto veritiere appaiono le crude immagini.

È solo la bella colonna sonora a firma di un Detto Mariano lontano dalle sue divertenti composizioni per commedie a ricordarci che ci troviamo nella finzione. Per il resto, Cesare Ferretti, Michela Mioni e “compagni di schizzo” ci trascinano in un vortice di degrado umano da cui s’intuisce sia impossibile fuggire via. Come testimoniato, del resto, dalle innumerevoli giovani vittime generate negli anni Ottanta proprio dall’utilizzo di sostanze stupefacenti. Giovani vittime come quelle immortalate in questo caso dalla macchina da presa, che non risparmia affatto colpi bassi allo spettatore. Su tutti, tra insistiti dettagli di aghi che penetrano nelle vene, quello decisamente impressionante consistente nell’iniezione nella giugulare.
Man mano che, tra accattonaggi, furti, rapine e prostituzione, non manca neppure una pittrice poetessa che imbratta tele tramite sangue proveniente dalle siringhe usate.
Arricchendo una originale e innovativa opera che, attuale ancora oggi, nel XXI secolo, non risulta mai gratuita negli eccessi mostrati. Eccessi utili proprio a far riflettere chi guarda, trasmettendogli in maniera efficace il disagio portato all’essere umano dalla droga. Fino all’altamente drammatico momento in cui Michela si sente male. Perché Amore tossico è un cult intramontabile che ha rivoluzionato il linguaggio da shermo. Testimoniando oltretutto che, con soli tre validissimi lungometraggi all’attivo, compreso L’odore della notte, il suo autore rimarrà tra i più sottovalutati della Settima arte tricolore.