Torna al cinema un grande film: Memorie di un assassino, il secondo, straordinario lungometraggio dell’acclamato regista coreano Bong Joon-ho, Palma d’Oro a Cannes 2019 e Oscar 2020 come miglior film, regista e sceneggiatura per Parasite e ora in sala con Mickey 17,
Distribuzione Academy Two.
Un thriller teso e concitato che ha come protagonista Song Kang-ho, una vera e propria star, non solo più in patria. Interprete di fiducia del regista di Parasite, grazie al quale è apparso pure in Snowpiercer, e The Host, e di altri grandissimi nomi come Lee Chang-dong, Kim Ji-won e Park Chan-wook.
Sulle tracce dell’assassino
Nella seconda metà degli anni ’80, nel canale che costeggia un campo di grano che precede un paesino rurale qualunque, un bambino o trova per caso il cadavere di una donna, che si scoprirà essere stata vittima di uno stupro, prima di venire uccisa.
Interviene subito il solerte detective Park Du-Man, ma la scena del delitto è già corrotta da troppe presenze indiscrete e maldestre, che non fanno altro che inquinare le poche prove preziose e indispensabili a far trapelare eventuali indizi.
Al detective se ne unisce un altro, Cho Yong-gu, dai metodi brutali e risolutivi, che indirizza le sue indagini su un ragazzo ritardato, notato in diverse occasioni a seguire giovani fanciulle del posto.
Poi sopraggiunge un altro detective ancora, un privato che agisce di propria iniziativa, di nome Seo Tae-yun, arrivato da Seul per indagare per passione personale, convinto che dietro le gesta del misterioso assassino si annidi un killer seriale organizzato, insospettabile; non certo il povero malato di mente soggiogato dai due poliziotti fino ad autoaccusarsi.
Un’altra vittima consente di accumulare altri indizi, legati a momenti notturni con pioggia, e al fatto che la radio trasmetta una particolare canzone: elementi che istigano l’assassino ad agire.

Dopo essere transitate su altri due sospetti, le indagini finiscono per arenarsi tra la burocrazia e i mille ostacoli fortuiti e sfortunati, che agevolano le azioni inosservate del vero colpevole, in grado di farla franca.
Lo testimonia un meraviglioso e drammatico, amarissimo finale in cui, nel 2003, ritroviamo il protagonista ed ex investigatore Park, nelle vesti di piccolo imprenditore, tornare sul luogo del primo omicidio e udire di persona la testimonianza di una bambina che, indirettamente, conferma che il maniaco è davvero riuscito a farla franca, e che non verrà mai trovato.
Memorie di un assassino – la recensione
Mirabilmente trasposto da un’opera teatrale, intitolata “Come to see me”, incentrata sulle reali gesta del primo, reale omicida seriale coreano conosciuto e mai catturato, Memories of Murder fu un successo notevole al botteghino per il giovane regista coreano Bong Joon-ho.
Un’opera complessa che premia un thriller splendidamente girato e costruito, forte di una fotografia dai toni seppiati, che riesce a rendere palpabile lo squallore di un mondo in balia della inafferrabilità del male, nonché di alcuni tagli di immagine magistrali, specialmente quelli di apertura e chiusura con sfondo rurale.

Dettagli indimenticabili, che lasciano il segno e resero già in quei primi anni del nuovo millennio l’allora giovane regista Bong Joon-ho, come uno dei più interessanti e ispirati cineasti destinati a far emergere un paese che lascia un segno indelebile in materia cinematografica.