Su Prime video è disponibile il film L’uomo che vide l’infinito, di Matt Brown.
Si tratta di una produzione inglese datata 2015 , forte di un cast che annovera, tra i protagonisti, il divo britannico di origine indiana Dev Patel ( balzato agli onori col successo del pluripremiato The millionaire) e il sempre incisivo Jeremy Irons. Affiancati, in ruoli di contorno, dai sempre validi Toby Jones, Stephen Fry, Jeremy Northam.
L’incredibile capacità intuitiva di una giovane mente costretta all’indigenza
Il film dell’inglese Matt Browx racconta la biografia, simile a un romanzo, di Srinivasa Ramanujan, matematico indiano del primo Novecento le cui teorie innovative rivoluzionarono in modo determinante le conoscenze del comparto.
Nato e cresciuto in povertà in India, venne, dopo lunghe vicissitudini e diffidenze, ammesso all’università di Cambridge durante la Prima guerra mondiale, divenendo poco per volta, nonostante la diffidenza dei padroni di casa, un pioniere di quella scienza, anche grazie alla guida dell’umanissimo professore G.H. Hardy.
L’uomo che vide l’infinito – la recensione
La vicenda umana, così straordinaria da apparire quasi impossibile, in grado di rendere il giovane e povero indiano Srinivasa Ramanujan un esponente di punta della prestigiosa università di Cambridge dalla vigilia del primo conflitto mondiale al suo immediato suo epilogo, aveva tutte le carte in regola per meritarsi una trasposizione cinematografica.
Fino a far sì che il brillante ma umile ragazzo fosse considerato, di lì a poco, uno dei più brillanti e innovativi matematici del ‘900,
La pellicola si concentra sul suo incredibile potere intuitivo, al punto che lui, pressoché autodidatta nell’estrema povertà, fu in grado di tener testa ad eminenti professori e luminari universalmente riconosciuti. Un talento più unico che raro, alimentato da una passione in grado di permettergli un viaggio fino a quel momento ritenuto impensabile.
Ma il film si concentra anche sulla storia dell’amicizia e dell’affetto tra due persone così diametralmente opposte per nascita e circostanze, unite tuttavia da una passione che li rende compatibili oltre l’auspicabile.
Altri punti focali della produzione sono la discriminazione tipica di ambienti chiusi alla novità e rispetto a chi si presenta fuori da una certa posizione; la fede che accompagna l’uno e manca completamente all’altro.
“un’equazione non ha significato a meno che non rappresenti un progetto di Dio”
E ancora la complicità tra matematici che va oltre lo status sociale, laddove la riconoscenza e l’ammirazione lasciano il posto alla diffidenza e all’invidia.
“Ogni numero finito positivo è amico di Ramanujan”
Sono molti gli spunti che rendono interessante la straordinaria vicenda di un’ amicizia e una collaborazione tanto brevi quanto potenti e intense.
Peccato che il regista esordiente Matt Brown si perda in dettagli e moine inerenti la pur drammatica vicenda personale del brillante studente indiano, inzaccherando il film di fiacche e sdolcinate parentesi sentimentali che tediano e sprecano il concitato sviluppo della vicenda di base.
Quanto agli interpreti, sia Jeremy Irons che il divo britannico Dev Patel, si sforzano di risultare credibili e il loro lavoro risulta apprezzabile, così come piacevole risulta l’apporto di validi e noti caratteristi come Toby Jones, Jeremy Northam e Stephen Fry.
L’uomo che vide l’infinito: cosa non funziona in un biopic comunque realizzato con scrupolo
Il clamoroso errore di fondo potrebbe risiedere, come già accennato, nell’eccessiva indulgenza della regia verso un sentimentalismo spicciolo e melodrammatico rivolto alla situazione indiana e alla famiglia di appartenenza.
Circostanza, quest’ultima, che provoca presto una certa intolleranza, se non proprio quasi un imbarazzo nello spettatore, che spreca molta della passione che invece il film in certe occasioni dimostra di comunicare.
Come quando, ad esempio, si concentra sul confronto tra due uomini, due culture, due modi di pensare, e un’unica grande incognita che spinge l’uomo a dannarsi per trovare le risposte di un mondo per certi versi perfetto in modo matematico.
“le formule esistono già, non bisogna crearle, solo scoprirle”