Mantícora è uno dei gioielli indiscussi del Torino Film Festival nr. 40, proiettato nell’ambito della originale e inedita rassegna personale che la sezione Fuori Concorso ha dedicato al regista, ma non meno fumettista e sceneggiatore spagnolo Carlos Vermut, presentandolo finalmente con la massima ufficialità nel nostro paese, ove tuttora l’apprezzato cineasta risulta quasi uno sconosciuto.
Il lato umano che lascia una traccia anche in presenza di una deviazione inaccettabile
Un talentuoso giovane disegnatore e grafico specializzato nella realizzazione di mostri mitologici per videogames, un po’ timido e riservato, quanto brillante e innovativo nel lavoro, si trova una mattina a salvare coraggiosamente la vita del bimbo di circa otto anni, vicino di casa, in quel momento solo, mentre la cucina ha preso rapidamente fuoco per un incidente domestico.
Portato di peso il bimbo fuori dell’appartamento, e scongiurato il pericolo di propagazione del fuoco, il giovane viene ringraziato e venerato come un eroe dalla madre del bimbo, e poi visitato e giudicato incolume dalla croce rossa accorsa sul posto. In serata, tuttavia, un sintomo da soffocamento lo obbliga a recarsi al pronto soccorso.
La diagnosi rivela un semplice quanto inspiegato attacco di panico e scongiura la temuta presenza di fumo nei polmoni come conseguenze dell’incendio.
Il giovane inizia a intuire le cause di quel misterioso malessere poco per volta con strane sensazioni che sono proprio iniziate dopo quell’eroico salvataggio.
Consapevole della situazione, imbarazzato e sconvolto, decide prima di tutto di trasferirsi ad abitare altrove.
In seguito la misteriosa ossessione torna a segnarlo, fino a fargli compiere un gesto apparentemente innocuo, ma che lo metterà in difficoltà col proprio datore di lavoro, oltre che in balia dell’ufficializzazione del terribile problema.
L’affetto che il ragazzo nel frattempo inizierà a provare per una bella coetanea innamorata di lui, non basterà a distoglierlo da quella ossessione apparentemente senza via d’uscita.
Mantícora – la recensione
L’eccezionalità di un regista si misura anche, oltre alla tecnica di direzione e all’abilità di rendere in immagini lo sviluppo di una storia, dalla capacità di districarsi su tematiche di fatto ostili, ostiche al punto da risultare inaccettabili.
La pedofilia è un atto così vergognoso e inaccettabile che da sempre risulta impossibile trovare attenuanti che possano diminuire le conseguenze di certi comportamenti malsani.
Pochi ma notevoli registi hanno, fino ad oggi, affrontato la scottante tematica, suscitando, come è avvenuto per l’acuto e sferzante americano indipendente Todd Solondz con Happiness, più scalpore e polemiche che un apprezzamento riferito al valore artistico dell’opera.
Carlos Vermut col suo sconvolgente, ma anche umanissimo Mantícora, riesce nell’impossibile compito di trasformare il protagonista non proprio in un mostro, bensì nella vittima di una mostruosità che lo coglie inaspettatamente e non lo lascia più andare. Nonostante la buona volontà e gli strenui tentativi per non incappare nel chiodo fisso che lo logora e lo divora nei desideri più animaleschi che albergano in lui.
Questo aspetto, difficile da credere almeno sino a che non si vede questo film potentissimo e devastante, è il punto di forza di un’opera che si avvale anche della fantastica prova attoriale dei due intensi protagonisti: Nacho Sánchez e Catalina Sopelana. Il primo con quegli occhi sgranati che rendono ancora più esile un corpo da essere mansueto e inoffensivo, che tuttavia nasconde un terribile segreto rimasto nascosto fino a poco tempo prima.
La seconda, una dolce e intensa Catalina Sopelana, giovane dal ruolo sacrificale che prova a tirarsi indietro, senza tuttavia riuscirci veramente.
L’empatia verso un personaggio affetto da un disturbo inaccettabile come quello del protagonista del film, appare una scommessa impossibile e non negoziabile.
Vermut tuttavia, già in sede di scrittura, riesce a cesellare nel suo protagonista i connotati di una vittima, più che di un mostro, lungo il corso di una vicenda drammatica e devastante. Che tuttavia procede nella propria dinamica narrativa con una lucidità che rifugge ogni eventuale, fuorviante tentazione melodrammatica.