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‘Ma nuit’ Antoinette Boulat racconta il suo film sulla giovinezza
Cosa significa vivere a Parigi da giovani al giorno d’oggi?
Published
2 anni agoon
Dopo il passaggio a Venezia Ma nuit di Antoinette Boulat è pronto ad arrivare nelle sale italiane grazie a NO.MAD Entertainment dal 12 gennaio 2023. A raccontare tutto quello che c’è dietro Ma nuit è la stessa Antoinette Boulat che si è aperta in un dialogo sul senso della vita e dell’essere giovani. La donna, alla sua prima esperienza alla regia, è una nota direttrice di casting, da Chocolat di Hasse Lastrom a Femme Fatale di Brian De Palma, da War Horse di Steven Spielberg a Pola X di Leos Carax, tanto per citarne alcuni.
Ma nuit di Antoinette Boulat: Marion e il rapporto con il mondo
Vorrei cominciare con il chiederti qualcosa sulla sequenza iniziale di Ma nuit. C’è una bella frase in apertura del film e poi subito lo sguardo in macchina della protagonista, Marion. E sembra quasi che Marion si rivolga al pubblico come se si rivolgesse alla sorella scomparsa Alice, come se lo spettatore fosse la sorella, o comunque un tramite.
Non ho pensato a questo, ma perché no! Per me quel momento e lo sguardo in macchina è più legato al fatto che lei non vede il mondo come gli altri e lo interpreta in un certo modo. Quel momento lì in particolare non è connesso alla frase, è un momento che rende tutto più drammatico. È più da intendersi come Marion che non interpreta le cose normalmente perché prova ancora molto dolore per la scomparsa della sorella.
Anche quando declama la poesia con i suoi amici, più avanti nel film si può dire la stessa cosa? Anche perché lei non si ritiene davvero loro amica. Ha problemi a rapportarsi con i suoi coetanei.
Lì, in quel momento, parla a sua sorella. Marion è molto indipendente e parla del dramma che ha vissuto. Questo momento è ancora più legato alla frase dell’inizio del film. Quando si attraversa un momento di dolore si vedono le cose in modo più chiaro, si ha una visione più chiara e disarmante. Si vedono le cose senza affetto. Quello che ci colpisce è talmente forte che quello che succede all’esterno appare più chiaro. Forse è una cosa personale, ma per me è così. Si ha uno sguardo diverso del mondo in quel momento e, infatti, Marion non riesce ad allinearsi con chi ha la sua età perché, in qualche modo, li vede distanti. Penso che la gioventù oggi, a parte nell’intimità, non riesca a connettersi in questo senso.
La giovinezza
C’è un’altra sequenza che può essere legata a quanto detto ed è quella in discoteca. Una sequenza che ho trovato molto lunga e disturbante perché si vede la protagonista che balla, ma in realtà soffre (e noi con lei) e non riceve aiuto. Allo stesso tempo, però, è significativa per spiegare, appunto, la differenza tra Marion e i suoi coetanei e il modo che lei ha di approcciarsi al mondo rispetto a loro.
È legato a quello che abbiamo detto prima nel senso che lei non si rapporta agli altri e prova malessere sempre e dappertutto. Non ha importanza dove sia o con chi sia, proverà comunque sempre malessere e dolore. In questa scena sembra che si liberi un po’ perché c’è la musica e altre persone intorno, ma, in realtà, non è quello che lei ha davvero voglia di fare.
E poi penso che, in generale, per i giovani la libertà non sia solo ballare, bere, fumare, ma proprio sentirsi liberi. Ed è vero che il carattere di Marion può apparire, a volte, come una forzatura, ma lo è perché si tratta di un film. In realtà Marion rimanda a qualcosa di più generale sulla giovinezza: è portatrice di quello che io penso, di come la giovinezza influenzi e sia influenzata dalla società. Non può essere sufficiente per i giovani andare solo a ballare, fumare o drogarsi. Loro, in realtà, cercano cose più importanti. Essere giovani non è solo questo.
Infatti il film è indirizzato ai giovani, ma non soltanto. E comunque non è affatto un film leggero e semplice. Fa riflettere i giovani da un punto di vista adulto, nonostante i protagonisti siano, appunto, giovani.
Penso che in generale ci sia una tendenza a fare cinema dove i giovani non sono giovani che pensano e si esprimono in un certo modo. Io non volevo fare una cronaca sulla giovinezza, volevo mostrare che i giovani sono importanti e bisogna ascoltarli. E sottolineare anche che spesso sono pronti a cose molto forti. Io, per esempio, non potrei essere giovane oggi perché è molto duro, difficile. La società e il mondo sono duri. I giovani hanno bisogno di esistere, di affrontare le cose, ma è difficile. Non è entusiasmante essere giovane oggi, ma questo non gli impedisce di divertirsi.
I due protagonisti di Ma nuit di Antoinette Boulat
C’è un’altra scena sulla quale volevo riflettere ed è l’incontro tra i due protagonisti. Ho apprezzato il fatto che si segue Marion con la macchina da presa da dietro come se il pubblico fosse Alex, o meglio come se lo anticipasse. La seguiamo come a dirle che c’è sempre un pericolo dietro di noi, ma, al tempo stesso, anche per proteggerla.
Sì, anche perché all’inizio non sappiamo se Alex è bravo. Lei è fortunata nell’aver trovato qualcuno bravo. Poteva non esserlo, quindi c’è sempre il pericolo. In realtà anche con lui, più tardi, c’è un momento in cui Alex se ne va e all’improvviso lei è di nuovo sola e non c’è nessuno che la protegge. Non è facile il loro rapporto ed è quello che ho cercato di dire, anche alla fine del film: infatti secondo me non è una storia d’amore. Non si sa se si rivedranno, c’è il momento dell’incontro, la notte nella quale fanno tante cose, ma non si va a scavare oltre. Credo che sia umano, ed è umana anche la loro relazione.
Ci sono dei momenti in cui sembra che possa scattare qualcosa tra loro. Ma è piacevole perché il loro amore è un amore che nessuno sa e forse nemmeno loro. Ed è bella la rappresentazione mai sopra le righe.
Ti ringrazio. Ho voluto semplicemente seguire Marion tutta la notte e, in questo, il film è molto realista. Non si sa cosa succederà dopo, anche se lei si pone delle domande.
La strada e il silenzio
Visto che spesso c’è soltanto lei senza rumori, senza musica, senza parole, si può considerare la strada come terza protagonista del film? Insieme anche al silenzio.
Sì, sicuramente. Anche perché volevo fare anche un film su Parigi oggi. Non posso dire di averlo fatto con lo sguardo della gioventù perché non ho quest’età, ma sicuramente nello sguardo che io avrei avuto da giovane. Come per chiedersi: oggi come ci si comporterebbe da giovani a Parigi? Non è una città accogliente né per i giovani, né per gli stranieri. Un po’ per tutta la situazione attuale, ma anche a cose normali. Marion ha una paura che può essere la paura di chiunque ed è qualcosa di difficile da esprimere: è anche una paura dell’indifferenza e della differenza. Quando si è giovani si ha anche paura di parlare perché non si riesce a comunicare.
Antoinette Boulat: per Ma nuit da direttrice di casting a regista
Come hai scelto i personaggi? La protagonista, Lou Lampros, è perfetta per il ruolo. Visto che nasci come direttrice di casting, com’è stata la scelta?
In realtà ho incontrato poche attrici. Conoscevo già Lou per altri film e l’avevo notata, ma non pensavo all’epoca a un mio film. Sono partita da giovani attrici che trovavo interessanti e mi sono ricordata di lei. Poi lei è molto viva ed è completamente diversa da Marion, non ha le stesse caratteristiche. È molto indipendente e quando l’ho vista mi sono detta che era perfetta perché il personaggio di Marion non è depresso; quando si è in un momento dolore il problema non è la depressione. Ho anche pensato che, se volevo che i giovani non si annoiassero e non vedessero tutto in maniera troppo drammatica, avevo bisogno di qualcuno che fosse all’opposto del personaggio e in effetti lei era perfetta.
Poi si sono fatte delle prove e ho visto che lei è incredibile perché ha intuizioni forti, anche grazie al tanto teatro che ha fatto. Una cosa che mi piace di lei è che non ha paura di cercare cose che magari non capisce sul momento.
Lei non ha vissuto niente di quello che si vede nel film, ma è molto intelligente ed è molto fisica e questo è stato importante. Io non volevo che si giocasse troppo sulla psicologia, ma più sul corpo perché volevo realizzare un film sensoriale.
Non è stato nemmeno difficile perché lei è stata molto coinvolta nel film e ha fatto un lavoro anche da sola. E poi io avevo un obiettivo preciso e quindi è stato un lavoro piacevole.
Le frasi
Volevo farti una domanda sulle frasi presenti nel film visto che ce ne sono tantissime. Come sono nate?
Non è facile rispondere a questa domanda. Penso che un po’ di cose vengano da quello che ho letto, alcune da quello che ho sentito, dalla formazione artistica e anche da cose che penso e che ho trascritto. Quando si scrive una sceneggiatura a volte si buttano giù anche cose che apparentemente non c’entrano sul momento.
Il cinema di Antoinette Boulat oltre Ma nuit
Qual è il cinema che ami o che ti ha ispirato per questo film o comunque quello che ti ispira in generale?
Amo molto i cineasti che danno importanza alla messa in scena e quindi all’immagine che è molto importante secondo me, anche più di tutto il resto. Amo quelli che fanno cose semplici, ma che danno risalto alle immagini. Per esempio il recente Pacifiction va in questa direzione. Poi adoro Antonioni e tutto il cinema italiano anche perché parla spesso di cose quotidiane. Ma anche Bresson, Andrea Arnold, Kurosawa. Oltre a questi in Pacifiction si creano delle immagini a partire da cose semplici. C’è anche un autore che ho visto mentre preparavo il mio film e che ho amato tantissimo: Lino Brocka. Insomma in generale per me è più importante stare attenti agli elementi che formano il film.
In effetti in Ma nuit musica e immagini sono molto importanti.
Anche la notte è molto importante. E poi sono stata anche ispirata da fotografie che danno emozioni alle immagini.