Al 40° Torino Film Festival, nella sezione Fuori Concorso – TorinoFilmLab, è stato presentato Un Varón, opera prima del regista colombiano Fabian Hernandez. Il film è incentrato sulle vicissitudini di un sedicenne costretto a destreggiarsi in un paese devastato dall’illegalità e dalla precarietà più disperata.
Una società in cui la figura maschile è ancora ancorata ai cliché del machismo più esasperato, che non prevede alternative e impone sotterfugi e totale anonimato ogni qualvolta un uomo senta di non corrispondere ai requisiti canonici imposti alla figura maschile.
Il ruolo del maschio nella giungla di una società complessa e pericolosa
Carlos ha sedici anni e vive nei pressi di una bidonville alla periferia di Bogotà.
In un contesto in cui l’illegalità vige sovrana e la legge del più forte sostituisce ogni codice legale, il ragazzo raggiunge l’età in cui i coetanei cominciano a prendersi responsabilità di adulti e girano armati per svolgere tutte le attività di commercio clandestino che fioriscono in quel contesto urbano.
Costretto a celare la sensibilità che lo bollerebbe come mezzo uomo, non adatto ad integrarsi in un ruolo che già lo vede coinvolto come tassello di base dell’illegalità nella bidonville in cui il giovane è costretto a sopravvivere.
Un Varón – la recensione
Fabian Hernandez sceglie uno stile documentaristico per il suo film d’esordio. Nel tentativo molto riuscito di restare più in linea con il contesto sociale drammatico e pericoloso, incontrastato nella periferia di Bogotà ove l’illegalità e il commercio di sostanze stupefacenti costituiscono la più importante possibilità di sopravvivenza ed integrazione in quei luoghi completamente in balia della malavita.
Il film si insinua nelle angosce del giovane sedicenne protagonista, che si ritrova costretto ad ostentare un machismo in cui in realtà non si è mai riconosciuto.
La potenza del film è proprio quella di raccontare questa necessaria capacità di adattamento, che induce il protagonista a una recita costante, in cui non può permettersi di sbagliare o risultare non credibile, per non pregiudicare, non tanto la propria esistenza già condannata, ma quella delle donne di casa, nei confronti delle quali avverte un senso di responsabilità impellente.
Un Varón si rivela un’opera matura e realista, che riesce a raccontarci, con credibilità e senza inutili tentazioni melodrammatiche, uno spaccato di realtà sociale allo sbando, e un dramma tutto privato nel quale lo spettatore si trova immerso. Riuscendo ad avvertire quel disagio interiore che angoscia il vivere quotidiano inevitabilmente simulato del protagonista.