Al 40° Torino Film Festival oggi 29 novembre 2022 avrebbe dovuto essere il giorno della proiezione di Frágil, il film portoghese di Pedro Henrique selezionato per Nuovimondi, la sezione dedicata al cinema di ricerca e d’essai che si ispira al glorioso Onde di alcune edizioni orsono.
Frágil, il film che non c’è stato….e che, per qualche attimo di tempo, nemmeno siamo stati sicuri che esistesse veramente.
Alle ore 14 di martedì 29 novembre, la sezione Nuovimondi ha in programma la proiezione del film portoghese indipendente Frágil, del giovane filmaker Pedro Henrique.
In sala 2 del cinema Massimo i responsabili della selezione invitano sul palco il regista e i due protagonisti, che, in apparenza timidi, giungono quasi controvoglia o titubanti ad introdurre il loro film.
Poco dopo le parole di circostanza del cineasta, passate quasi inosservate, la parola viene ceduta ai due attori che, uno in portoghese e l’altro in traduzione inglese, manifestano il desiderio di leggere un comunicato introduttivo al pubblico.
Ma ciò che parrebbe una delle classiche presentazioni di circostanza e ringraziamento, si trasforma poco dopo in un rutilante discorso di protesta sul sistema, festivaliero e non solo, che dirotta l’argomento su tematiche economiche e politiche di proporzioni globali.
I due attori del film dichiarano che la loro opera è incentrata su incontri di persone che si riuniscono per svago e per superare i disagi di giornate vissute tentando di uniformarsi alle regole globali e condivise che guidano il vivere quotidiano.
La circostanza offre l’opportunità ideale per accennare polemicamente alla questione affrontata di petto dal nostro nuovo governo a proposito della vicenda del rave party non autorizzato.
Una vicenda per la quale si è prospettato il divieto di assembramento non autorizzato a gruppi di persone numericamente sopra una limitatissima cifra, alimentando polemiche infuocate sulla messa al bando dei principi di libertà individuali, dati da lungo tempo per scontati in ogni società di stampo occidentale.
Si è poi passati, sempre attraverso la lettura del proclama interminabile, a trattare argomentazioni più attinenti al festival che li ha ospitati.
Pur ringraziando la direzione per averli accolti, i due dichiarano di aver accettato che il loro film venisse inserito nella sezione che li ospita solo in quanto non competitiva.
Coerentemente, insieme al regista, si scagliano senza mezzi termini contro quella che giudicano una inutile e fuorviante presenza della competitività presso i festival. Utile, a loro avviso, solo a creare favoritismi e a impedire la libertà di fruizione del messaggio contenuto nell’opera a un pubblico più vasto.
In seguito, polemizzano su alcuni sponsor che appoggiano finanziariamente il TFF, giudicati i promotori senza scampo di quella che loro stessi ritengono una globalizzazione inaccettabile.
E quando la prefazione oltrepassa la durata “monstre” dei quaranta minuti, tra sentimenti che spaziano dal divertimento di alcuni alla forte perplessità di altri spettatori, succede la cosa più clamorosa.
Vendita dvd a km zero: offerta speciale a 1 euro
I due “rivoltosi” antisistema propongono al pubblico una soluzione che si rivela senza alternative: Frágil non verrà proiettato per protesta e scelta non negoziabile degli autori, ma agli spettatori verrà offerta la possibilità di acquistare un DVD autografato dall’autore stesso, che contiene impresso anche un link tramite il quale poter visionare il film attraverso una nota piattaforma di streaming dedicata alla diffusione di titoli d’essai.
Prezzo popolare e quasi simbolico pari a euro 1, in grado di ripagare, secondo gli organizzatori del blitz, le spese di messa a punto della stravagante strategia di lancio.
Morale della favola: Frágil, che per qualche minuto è sembrato un vero e proprio bluff riguardo ad un film forse nemmeno esistente, oggi di certo non verrà visto in sala, e quasi sicuramente nemmeno in eventuali altre date disponibili.
Acquistato il dvd come unica soluzione per rendere possibile la visione del film, e constatato che il link indicato è tutt’altro che un fake, ecco qualche notizia finalmente attinente all’opera in sé.
Di cosa parla Frágil
Un gruppo di ragazzi, dalla vita profondamente irrealizzata e desiderosi di evadere dalla schiavitù imposta da un regime economico-sociale in cui non si riconoscono, decide che la vita di gruppo e la partecipazione a feste organizzate da loro stessi nel tempo libero consentito, costituisce il rifugio più genuino per garantirsi almeno una parte della giornata cercando di restare se stessi.
Frágil tasta il polso a uno stato di vera fragilità e imbarazzo che spinge al rifiuto delle regole di sistema, per tendere a una vita più semplicistica e legata alle sensazioni. Che faccia recuperare nel soggetto l’approccio disinteressato a una vita che, per una volta, smetta di guardare al profitto, per riscoprire piuttosto i valori genuini da troppo tempo sepolti.
Frágil – la recensione
Visto dopo cotanta bufera che ha circondato la sua presentazione, Frágil si presenta come una piccola opera animata dall’urgente necessità di lasciare un messaggio prima che gli spettatori perdano completamente quel che resta di una naturale sensibilità che forse ancora risiede in ognuno di loro.
L’opera in sé è certo semplice, ripetitiva, compulsiva nel suo stravagante messaggio di fondo.
Il messaggio che ostinatamente viene portato avanti è peraltro suffragato da un unico punto di vista; è unidirezionale e non ammette contraddittorio. Non tiene conto inoltre dell’utopia di fondo che, qualora messa a punto, porterebbe alla più completa barbarie tipica di un mondo avulso da ogni regola.
Precisato tutto ciò, va dato atto a regista, e agli ancor più determinati interpreti di questa piccola opera militante, della ferrea volontà di aprire un varco. Attraverso quella che loro stessi considerano una scorza che ci avvolge dentro un mondo inevitabilmente globalizzato e pietrificato nei sentimenti, condizionato da una dottrina capitalistica che finisce per divenire ogni volta l’unica vera regola di vita.
Onore al merito ad uno sparuto cast coeso e alleato, di essere riuscito a far parlare di sé con un boicottaggio che in tanti anni di festival forse non si era mai visto, e che si spiega con la palese urgenza di rendere più concreto il valore di fondo che anima il caotico ma anche esile racconto.
Ciò non toglie che la protesta si riveli, sia artisticamente che ideologicamente, un atto che esula da ogni minimo accenno ad una coerente concretezza di applicazione nel reale.
L’ipotesi che possa garantire le basi di una vita strutturalmente vivibile e non solo frutto di un sogno che tenta di tradurre in fatti la più bella utopia mai esistita. Quella di un paradiso terrestre che è il sogno di tutte le principali religioni, ma anche summa teorica del più agognato e purtroppo irrealizzabile ideale comunista.