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Torino Film Festival

‘Nagisa’ Film giapponese antinarrativo

In concorso al 40° TFF, il giovane regista nipponico Takeshi Kogahara presenta una pellicola intellettualistica antinarrativa che sfida lo spettatore nella ricomposizione degli indizi per la sua comprensione finale

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Nagisa è l’opera prima del giovane regista giapponese Takeshi Kogahara, presentato in concorso al 40esimo Torino Film Festival.

Nagisa: trama

Fuminao e Nagisa sono rispettivamente fratello e sorella e vivono a Nagasaki. Rimasti orfani di madre, fin da piccoli vivono in stretta simbiosi e durante l’adolescenza il loro rapporto diventa da intimo a incestuoso.

Il giovane si trasferisce a Tokyo per seguire l’università, dopo aver vinto una borsa di studio. Durante il giorno segue le lezioni e la sera lavora in un piccolo ristorante. Crea una relazione con una sua compagna e cerca di allontanare Nagisa non rispondendo alle sue chiamate. La ragazza allora prende un bus che però durante la notte, in un tunnel, ha un incidente, dove, con Nagisa, rimarranno uccise altre quattordici persone.

A tre anni dalla morte della sorella, Fuminao conduce una vita abulica e solitaria. Una sera i colleghi del ristorante lo invitano a una gita nella galleria dove c’è stata la tragedia perché si racconta che si possa vedere il fantasma di una ragazza. Fuminao si getta dall’auto pensando di aver visto la sorella. Ma è tutto nella sua mente così come i ricordi della vita familiare che lo accompagnano.

Un cinema anti-narrativo

Mai come in questo caso la sinossi di Nagisa scritta sopra può servire. Operazione non facile e neppure immediata, risultato del montaggio e raccordo effettuato da uno spettatore sfidato nell’attenzione (e pazienza) dal regista nipponico, alla fine della visione del film.

Sì, perché Nagisa inizia con il viaggio notturno di un bus con la voce che ricorda il tragitto verso Tokyo e l’avviso di restare seduti e con le cinture allacciate perché la sicurezza è al primo posto, ma ci possono essere frenate improvvise.

Si prosegue con un totale di un ragazzo in una stanza, lui che va a lezione, un incontro con una ragazza ripresa di spalle di cui non sentiamo il dialogo, infine dietro i fornelli la sera al ristorante dove lavora. Occupazione, si presume, poiché la borsa di studio non sarà sufficiente. E, così via, però in una sequela di scene in cui la narrazione è a livello zero.

Anzi, possiamo dire che Nagisa è un film anti-narrativo, dove appunto la fabula deve essere ricomposta in un passaggio continuo tra presente e futuro, tra realtà e memoria e sogno. Una miriade di indizi visivi disseminati lungo le molteplici scene e sequenze che lo spettatore deve individuare, raccogliere e assemblare.

Ma Nagisa non è solo anti-narrativo. Oltra alla struttura asincronica e frattale, il regista predilige inquadrature i dettagli del volto dei personaggi, i particolari di oggetti, come telefoni, scarpe, cibo. Sequenze girate nel tunnel dove le uniche luci sono in puntini arancioni delle lampade a muro con il rumore dello scalpiccio della corsa di Fuminao e il suo respiro affannoso. Ad esempio, è inquadrato il cellulare di Fuminao che squilla mentre fuori campo sentiamo che chiacchiera con la ragazza, ma senza capire le parole.

È inquadrata la nuca di Nagisa mentre cerca di chiamare Fuminao. Così come, in totale, vediamo il giovane immerso nella confusione della mensa o di un pub, con il rumore diegetico delle voci umane che sovrasta tutto.

L’abdicazione al fuori quadro

Nagisa è un film in cui il suono è onnicomprensivo, la vera colonna sonora, visto che non c’è quasi musica. Eccezione sono delle canzoni di musica pop ascoltate dai ragazzi del ristorante la notte in cui vanno sul luogo dell’incidente.

Insomma, un film che non inquadra quasi mai il soggetto dell’azione o della comprensione della storia, ma sempre l’elemento a latere, l’oggetto rivelatore di sponda.

Così facendo i personaggi sono trasformati in orpelli, in elementi secondari, in cui è importante il flusso emotivo. Che però non è trasmesso attraverso la forza delle immagini, ma abdicando al fuori campo, al fuori quadro, al dettaglio secondario, portato in primo piano, e al suono, che sostituisce l’immagine.

Stranamente, Takeshi Kogahara ha esperienza nella direzione di short commerciali, con cui, tra l’altro, ha vinto parecchi premi. Di conseguenza, ci si sarebbe attesa una maggiore attenzione all’importanza dell’immagine.

Al contrario, Nagisa appare come una dichiarazione di resa della forza del cinema come narrazione di immagine in movimento, abdicando a un esercizio di sfruttamento degli elementi ancillari del medium stesso, in un intellettualismo narcisista che può indispettire lo spettatore.

Nagisa

  • Anno: 2021
  • Durata: 87
  • Genere: dramma
  • Nazionalita: Giappone
  • Regia: Takeshi Kogahara

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