La vasta sezione Fuori Concorso del 40° Torino Film Festival ospita anche il grazioso Tout fout le camp, in cui l’originale e delicato regista Sébastien Betbeder ritrova innanzo tutto il suo attore preferito, lo stralunato Thomas Scimeca, e pure l’occasione più propizia per ricavare tanti sprazzi di umanità da personaggi quasi sempre surreali e sopra le righe, figli di una umanità che vive di sogni e fantasie, ma anche del bisogno di volersi bene.
Il giornalista dei poveri, il politico improvvisato e lo zombie buono
Nella tranquilla cittadina di Amiens un giornalista un po’ frustrato, di limitarsi a lavorare per un piccolo quotidiano locale, ha il compito di intervistare il più silurato tra i contendenti al ruolo di sindaco delle appena trascorse elezioni .
Il candidato, con il suo 2% di preferenze, si è rivelato il fiasco dell’anno, ma il nostro zelante giornalista ne vuole comunque conoscere le idee, comprendendo poco dopo di essersi imbattuto in un personaggio davvero singolare, e certamente molto improvvisato.
L’intervista diviene l’occasione affinché i due trovino punti in comune, che si traducono anche in un aspetto fisico che li rende piuttosto simili, tanto da essere scambiati più volte per gemelli, uno bruno e uno biondo.
Sulla loro strada troveranno quello che sembrerà in un primo momento un cadavere, ma che si rivelerò una sorta di zombie buono e indistruttibile, in grado di unirsi a loro insieme ad una giovane sua amica, per dar vita ad un viaggio colmo di momenti di intensa umanità, ma anche ai limiti del surreale.
Tout fout le camp – la recensione
Il mondo ideale di Sébastien Betbeder è popolato di personaggi miti, curiosi, in grado di immolarsi per un ideale o anche solo una idea stramba, dalla quale emerga uno spiraglio di possibilità di serenità interiore. Lo confermano i personaggi sognanti e molto perdigiorno che popolano questa sua deliziosa e spesso esilarante commedia surreale.
Betbeder riesce a dar vita, con questo suo spassoso e scatenato Tout fout le camp (“tutto scorre via”, si potrebbe tradurre), a una commedia degli equivoci che ha come suo pezzo forte una sorta di zombie buono e indistruttibile, che vive, muore, espelle liquidi immondi in quanto soffre pure la macchina, ma ha il dono di saper amare incondizionatamente, senza soffermarsi su particolari o caratteristiche che, altrove, sarebbero elementi determinanti per scegliere di amare qualcun altro.
Forte di un cast popolato di attori non famosi (a parte lo Scimeca già citato, presente in quasi tutti i lavori del regista, dal delizioso viaggio nordico Inupiluk – 2014, ripreso in Viaggio in Groenlandia – 2016), Tout fout le camp permette al sensibile regista di sviluppare un racconto sopra le righe e sognante, in cui l’umanità e la sensibilità si confermano come elementi distintivi e determinanti dell’agire, spesso inconsulto o quantomeno originale, dei suoi bizzarri ma assai amati, esilaranti protagonisti.