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Sveva Alviti tra sguardi e silenzi: intervista alla protagonista di ‘Tra le onde’

Un personaggio a metà tra sogno e realtà, carico di silenzi e paure.

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Accanto a Vincenzo Amato, nel film diretto da Marco AmentaTra le onde, c’è anche Sveva Alviti. L’attrice interpreta Lea, impegnata in una relazione con Salvo, ma non tutto è come sembra. A spiegare meglio il proprio personaggio e il film in generale, in concorso al Riff 2022, è la stessa Sveva Alviti.

Il film uscirà nelle sale il 1° dicembre.

Sveva Alviti in Tra le onde

Parto da una dichiarazione del regista che ha definito il film in questi termini: Un film profondamente umano, dove tutto sembra rinviare a qualcosa di non detto e di allucinatorio. Volevo riflettere con te su questo perché ho ritrovato questo aspetto nella tua recitazione (e anche in quella dell’altro protagonista, Vincenzo Amato). Com’è stato lavorare in questo modo, giocando sul silenzio e sugli sguardi?

Il silenzio in questo film è pieno, nel senso di pieno di un’atmosfera, pieno di vita come nella vita vera. A volte ci sono dei film dove si parla tanto, anche troppo. Questo film, invece, è fatto di silenzi, di momenti ed è estremamente umano perché parla di cose umane: la morte, la dignità e l’amore. Credo che riesca a racchiudere nella sua difficoltà delle tematiche umane, molto semplici, ma complesse.

Accanto ai silenzi, in alcuni frangenti del film vengono mostrati dei primi piani intensi e penso che il tuo sguardo, in quei momenti, a metà strada tra il reale e il sogno, sia stato importante per leggere il film. Hai avuto indicazioni particolari in questo senso?

Sono tutti sguardi che dicono tutto e c’è un mondo interiore dietro.

Come indicazioni mi sono molto connessa con il fatto di dover dire addio alla persona che amo e quindi abbiamo pensato che non ci fosse bisogno di parole. Con la persona che si ama si è a proprio agio e non si ha bisogno di spiegare troppo: è tutta una sensazione che viene dallo sguardo, dal corpo, dallo stomaco. Quelle che vedi sullo schermo sono tutte sensazioni sulle quali ho lavorato per ricreare la storia.

Il canto

Ci sono alcune scene in cui canti. Come hai dovuto lavorare e quali sono le differenze/difficoltà di scene di canto nella recitazione e viceversa?

Io credo che canto e recitazione siano due cose che vanno di pari passo. Avevo avuto modo di interpretare il personaggio di Dalida, una cantante che cantava con l’anima e il cuore, con la voce rotta. Una donna che non canta la canzone del karaoke in maniera perfetta. E, in qualche modo, è stata anche la scelta fatta in Tra le onde ed è anche quello in cui credo: per me cantare è recitare, ma con una tonalità di voce diversa. Si tratta della stessa cosa, dello stesso tipo di lavoro. Inoltre in questo caso le parole parlano della nostra storia e, in qualche modo, sono molto specifiche. Anche la canzone è stata scelta dal regista perché era molto specifica della nostra storia. Quando io vedo il personaggio di Salvo, in quel momento lì, esce tutto molto naturale. Non c’è la perfezione del canto o il cercare di cantare bene. Ma attraverso le parole cerco di parlare a lui.

Infatti è un momento emozionante.

Sì, è una scena molto toccante. Ricordo che sul set, dopo le prime due riprese, anche il regista si è commosso perché in quel momento, in quel baretto, i due personaggi si rincontrano: è un momento forte e io scappo indietro perché sono incredula.

Il fatto di aver interpretato già in passato un personaggio legato all’ambito della musica ti ha aiutato in questo?

Sicuramente c’è da dire che ho preso anche lezioni di canto perché volevo capire come, non avendo una voce perfetta, potevo cantare non giudicandomi. L’unico modo è connettersi come quando si recita. Le parole non sono più a quella determinata tonalità. La melodia è quella, ma esce tutto dal cuore, dall’anima.

L’acqua al centro del film con Sveva Alviti

Volevo riflettere con te sul titolo Tra le onde. Mi piace perché si può leggere in più modi. Io ci ho visto, da una parte, il fatto di essere un film altalenante per quanto riguarda le emozioni e le caratterizzazioni e le storie dei personaggi, ma, dall’altra parte mi ha colpito perché pone l’attenzione sull’importanza dell’acqua. In tante occasioni, cinematografiche, ma anche letterarie, l’acqua è usata come qualcosa che purifica e che toglie via qualcosa. Secondo te si può leggere come qualcosa in grado di pulire anche i due personaggi? Oltre al mare, protagonista indiscusso, c’è anche tanta pioggia. Il tuo personaggio credi avesse bisogno di una purificazione? O comunque credi sia stato purificato in qualche modo?

Se tu pensi che quando nasciamo siamo per nove mesi nella pancia della mamma e galleggiamo, vuol dire che tutto è un inizio e una fine, in maniera ciclica. Dicono che la morte sia anche questa sensazione del galleggiare.

Credo che il mio personaggio sia molto legato all’acqua. L’acqua fa parte di lei in quel momento perché poi lei stessa tornerà a essere acqua, nel senso che lei ridiventerà quella cosa lì. In qualche modo ritorna nell’acqua. La sua tragedia è successa in acqua, nel bagnato, nell’acqua più profonda. Infatti è tutto nero, molto scuro, con molta pioggia.

In effetti si può dire che, oltre a voi due, il terzo protagonista è l’acqua.

Esatto. E anche questi luoghi non luoghi che possono essere sospesi come quelli dell’anima. Sospesi in qualcosa di metaforico e reale.

Ispirazioni

Ti sei ispirata a qualcosa o qualcuno per creare il tuo personaggio? Quanto c’è di Sveva Alviti in Lea e quanto di Lea in Sveva Alviti?

In lei c’è tantissima purezza e veracità: è una donna colorata, fragile, ma anche forte e combattiva. Una donna che ama il suo uomo in una maniera totalizzante, ama l’amore in una maniera totalizzante. E anche io credo molto nell’amore e ho questa purezza dei sentimenti e del cuore che mi portano poi alla purezza dei sentimenti del personaggio di Lea.

E dalle immagini finali esce proprio così il personaggio, anche visivamente.

Esatto, proprio così.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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