Rome Independent Film Festival

‘Tre briganti a Campobasso” Un western all’italiana al Riff

Published

on

Tre briganti a Campobasso, di Jacopo Tich, è in concorso al Rome Indipendent Film Festival, nella sezione National Short. Il cortometraggio, della durata di circa venti minuti, è interpretato da Lidia Castella, Mauro D’Amico e Andrea Tich.

Un western d’autore innovativo sulla storia d’Italia.

Tre briganti a Campobasso è un piccolo distillato del Risorgimento, in chiave western. Il primo lavoro cinematografico di Jacopo Tich è un’opera innovativa. Il giovane regista, originario di Bassano del Grappa, tenta di riportare in vita il western all’italiana, raccontando i tumultuosi giorni vissuti nel Sud, all’indomani dell’unificazione dell’Italia.

La trama di Tre briganti a Campobasso

1870. Un bersagliere viene inviato nel Sud alla caccia di un tesoro rubato a tre diligenze del neonato Regno d’Italia, entrando in contatto con i briganti locali. Il soldato si troverà faccia a faccia con il suo passato, vivendo sulla sua pelle tutte le conseguenze della guerra.

Il Molise protagonista di Tre briganti a Campobasso

Tra briganti, soldati sabaudi e contadini affamati il vero protagonista è il Molise, con i suoi squarci mozzafiato. Una terra selvaggia, ideale per l’ambientazione di un western.

È ciò che ha pensato Jacopo Thic, che si è fatto ispirare dalla bellezza di questo luogo. Il cortometraggio è girato nelle zone del Matese, tra Campobasso e Roccamandolfi; un’altra location è Villa Ca’ Erizzo Luca di Bassano del Grappa, dove sono realizzati gli interni. La villa quattrocentesca, nel tessuto narrativo, simboleggia un palazzo del potere del nuovo Regno d’Italia, visto come straniero dalla stragrande maggioranza della popolazione del Sud.

I genocidi del Sud

La vicenda di Tre briganti a Campobasso ci porta indietro nel tempo, fino al 1870. Sono gli anni del Risorgimento e dell’unificazione del Paese. Un processo rivoluzionario, che secondo alcuni storici, sarebbe stato calato dall’alto, ignorando il reale volere del popolo. Numerose fonti riportano veri e propri genocidi commessi dalle truppe sabaude ai danni delle popolazioni del Mezzogiorno.

Fatti questi non ancora chiariti del tutto. Un dato, però, è inconvertibile: nel 1870 l’Italia era unita sulla carta, non sul territorio. In Molise, come in tutto il Sud, le truppe del neonato Regno, guidato da Casa Savoia, dovettero faticare non poco per sedare le rivolte che usavano i metodi della guerriglia.

I briganti e il western

Una terra selvaggia richiede una mano selvaggia”.

È ciò che dichiara un capitano dell’esercito italiano a un bersagliere, conosciuto come il Cane di Pontelandolfo, uno dei protagonisti di Tre briganti a Campobasso.

Il soldato, celebre per il suo coraggio, giunge in Molise per recuperare un tesoro rubato. Qui, il temibile bersagliere incontra varie bande di briganti, che lo considerano un nemico da eliminare. Il Cane di Pontelandolfo rappresenta l’invasore piemontese, ladro e nemico di Dio. Con alcuni, però, il soldato riesce a stabilire un debole sodalizio, tradito alla prima difficoltà.

I briganti sono protagonisti di molti titoli del cinema nostrano, come il film realizzato da Pasquale Squitieri nel 1999, intitolato Li chiamarono… briganti, con Claudia Cardinale. Mai però l’argomento è stato trattato in chiave western.

È questa la prima scelta innovativa fatta da Jacopo Tich nel realizzare la sua prima fatica cinematografica. Una mossa azzeccata, tanto semplice, quanto geniale.

Una storia italiana

Il western è sicuramente tra i generi più longevi della storia. I suoi autori hanno sempre tratto le vicende dalla storia statunitense, spingendosi al massimo in Messico, con il western politico. Persino, il maestro Sergio Leone non ha mai abbandonato le praterie d’oltreoceano per ambientare i suoi capolavori. Jacopo Tich, invece, decide di ambientare il suo Western nell’italianissimo Molise, attingendo la vicenda dalla realtà storica del nostro Paese.

Il giovane regista e autore della sceneggiatura, insieme ad Andrea Tich, seppur alle prime armi, dimostra di possedere una forte impronta autoriale. La sua non è una sterile trasposizione cinematografica di una vicenda di fantasia.

La trama è senza dubbio romanzata e arricchita da elementi di invenzione, ma il contesto e i personaggi sono reali. Dietro a Tre briganti a Campobasso c’è un meritevole lavoro di ricerca, che riesce ad armonizzare una storia italiana con il genere western tipicamente statunitense.

D’altronde, il Risorgimento e le conseguenze dell’Unità d’Italia non sono così distanti dallo spirito della Guerra Civile americana. In entrambi i casi c’era un Nord in guerra contro un Sud.

Una nobildonna diventata brigantessa

L’innovazione di Tre briganti a Campobasso, però, non si esaurisce qui. Il cortometraggio riesce a innovare anche i canoni del western, con l’introduzione del personaggio di Marta Ambrosetti, una nobildonna piemontese diventata brigantessa.

La sua vicenda arricchisce la trama di riferimenti storici e culturali dell’Italia dell’epoca, ma è la sua centralità, il suo ruolo da co-protagonista la vera innovazione.

Le donne nella storia del western non hanno mai avuto un ruolo centrale e attivo. In Tre briganti a Campobasso, invece, Marta non è la ricompensa, il premio per l’eroe maschile.

La brigantessa è l’unica eroina del cortometraggio. È lei, che una volta dato l’addio al suo compagno, si staglia all’orizzonte per affrontare una nuova battaglia.

Tre briganti a Campobasso è interpretato da attori della Compagnia Stabile del Molise, come Francesco Di Nucci e Giuseppe Campestre. Il cast è completato da Lidia Castella, Mauro D’Amico, Andrea Tich, Massimo Rigo e Sergio D’Amico.

Exit mobile version