In anteprima nazionale alla XXI edizione del RIFF, The Uncle (Stric, 2022) di David Kapac & Andrija Mardešić, al loro esordio nel lungometraggio, è un freddo docu-dramma che si svolge cinematograficamente quasi come se fosse un kammerspiel orrorifico.
Un feroce e inquieto dramma familiare che lascerà impressionati
The Uncle, sinossi
Jugoslavia, fine anni ’80. In una villetta di campagna, una famiglia composta da padre (Goran Bogdan), madre (Ivana Roščić) e figlio ventenne (Roko Sikavica) sta preparando frettolosamente gli ultimi preparativi per la cena della vigilia di Natale. Il loro amato zio (Miki Manojlović) sta arrivando dalla Germania. Parcheggerà la sua Mercedes davanti alla casa da un momento all’altro e tutto deve essere perfettamente pronto. Ma le cose sono davvero come sembrano?
The Uncle, la recensione
La difficoltà di scrivere la recensione di The Uncle sta nel cercare di non svelare alcunché allo spettatore, per non fargli mancare lo sconcerto che proverà nel sapere, lentamente, la verità. La pellicola è costruita narrativamente come se fosse un thriller, e già le sequenze iniziali verranno rapidamente smentite, portandoci dentro al reale dramma.
Un’inquietudine già marcata all’inizio, dalla lenta e gelida carrellata in avanti, che ci porta dentro il Natale di questa piccola e mediocre casa, e dal bel piatto bianco che si rompe (oltre al dettaglio della calza bucata della madre).
Ma il turbamento si manifesta anche attraverso la cupa fotografia di Milos Jacimovic e la urtante musica di Miro Manojlovic, che aggiungono maggior dramma, visivamente e sonoramente, al malsano distacco che i due registi vogliono trasmettere.
In The Uncle, come hanno affermato i registi, non bisogna intravedere una metafora socio-politica dell’ex Jugoslavia, sebbene a posteriori quel cinismo è riconducibile a quanto accadrà nelle guerre civili jugoslave tra il 1991 e il 2001. Lo spunto iniziale era soltanto quello di smontare in maniera sprezzante l’immagine mielosa natalizia propagata dal cinema hollywoodiano.
La pellicola di David Kapac & Andrija Mardešić, anche sceneggiatori, si situa tra il cinema di Michael Haneke, in particolare per l’utilizzo di una impassibilità visiva simile a Funny Games (1997), e alcune scene sgradevoli, sebbene meno dure, analoghe a Canicola (2001) di Ulrich Seidl.
A questi due esempi si potrebbe aggiungere anche il grottesco di Dogtooth (2009) di Yorgos Lathimos, altro autore che utilizza l’imperturbabilità narrativa per raccontare scene di vita.
The Uncle è un’opera che certamente non lascia indifferenti, soprattutto per quel finale non riappacificante, ma ha la sfortuna di arrivare dopo i già precedentemente citati autori, non riuscendo però a portare del tutto a compimento quel cinismo tracciato da Haneke o Seidl. E con alcune sgradevolezze troppo forzate, quasi a voler scioccare il pubblico a tutti i costi e con alcune metafore non proprio necessarie.
E se da un lato la sceneggiatura non è del tutto solida, in particolare nella parte centrale, dall’altro lato, essendo quasi un kammerspiel casalingo, il cast è funzionale, e nel quartetto (che per un attimo diviene quintetto) spicca Miki Manojlović, internazionalmente noto per le collaborazioni in alcune delle più emerite opere di Emir Kusturica, e in Italia per lo sventurato Il macellaio (1998) di Aurelio Grimaldi e con Alba Parietti.