Il riso amaro in Spagna. Così si potrebbero riassumere le sfumature di grigio della crisi di El Planeta, esordio al lungometraggio dell’artista ispano-argentina Amalia Ulman premiato al Torino Film Festival nel 2021, selezionato al Sundance e ora disponibile su MUBI. È un racconto di povertà in bianco e nero (per la fotografia impietosa di Carlos Rigo), in cui figlia (l’autrice) e madre (quella vera, Ale Ulman) si muovono nel grigiore della povertà, tra le serrande abbassate di Gijón, nelle Asturie, proprio dove la regista è cresciuta.
Di fatto, El Planetaè un film di astuzie, tutto giocato sui travestimenti delle due protagoniste per mascherare alla società – e a sé stesse – l’indigenza cronica, la vita stracciona: vestiti firmati acquistati e restituiti, pranzi luculliani da addebitare a un fantomatico politico della città, una pelliccia o un presunto vestito zebrato di Moschino da riciclare allo sfinimento per ben comparire. Di sbarcare il lunario non se ne parla. Con il dramma che torna puntuale, sotto la commedia, a incassare (come una cambiale) il suo lato lunare e malinconico. Anche tenero: in qualche pianto solitario, in qualche crisi isterica. Che la creatività o la disperazione s’ingegneranno a risolvere. Forse. Una storia di resilienza irresistibile.
La trama
Leo e María, madre e figlia, cercano di mantenere lo stile di vita che pensano di meritare bluffando e raggirando. Tra furtarelli nei negozi, cene a scrocco, tragedie comuni, uno sfratto incombente e discussioni sui pro e contro della prostituzione, ci raccontano una storia della Spagna post-crisi. (Sinossi ufficiale da MUBI)
Il trailer
Piove sul bagnato a Gijón
Ispirata, con molto make-up, alla storia vera delle falsas ricas (le false ricche) di Gijón, eccentriche madre e figlia che truccavano il proprio status sociale di povere con stratagemmi di ogni sorta, El Planeta di Amalia Ulman trasporta credibilmente nella galassia post-crisi della città spagnola. Il contesto fa molto: il montaggio mette gomito a gomito le boutique e gli empori a buon mercato; le vetrine extra-lusso e i lassi allestimenti dei negozietti a buon mercato. Sulle serrande dei negozi in bancarotta, qualche graffitaro ha già lasciato il segno. Mentre madre e figlia cercano di mascherare, più che di affrontare, i segni della crisi, sembra che l’ambiente stesso sia raccontato con urgenza. Leo è un’aspirante grafica e designer, a cui nemmeno mancherebbero le commesse (ci sarebbe un lavoro da fare per Cristina Aguilera, ma gratis). Da Londra, è però dovuta tornare dalla madre a Gijón per le tragiche sorti del padre, e con lei condivide i rovesci economici.
El Planeta, madre e figlia dal parrucchiere in attesa di shampoo
Un dialogo della ragazza col commesso cinese (Chen Zhou) del negozio di bric-à-brac – anch’egli “sfrattato” da Londra – è rivelatore:
Leo: ti piace Gijón?
Il commesso: non lo so. Piove sempre.
Leo: beh, sì. Non è molto bella.
Come a dire: il pianeta in cui siamo capitati è una Londra sfigata. Piovosa, ma non sempre fashion.
Venere (degli stracci) in visone
El Planeta, tecnicamente, è il nome del ristorante in cui le due protagoniste mangiano a sbafo, addebitando il conto a tale “Rubenin”, il benestante politico usato come “cambiale” per uscire senza pagare. Suonerebbe come la mangiata liberatoria di padre e figlio in Ladri di biciclette, ma di quella mesta mozzarella in carrozza in osteria qui non c’è la tempra morale. C’è al massimo la carrozza. La figlia, più sensibile, è un’artista un po’ svagata, disposta anche a prostituirsi, se non fosse per le tariffe inaccettabili del macho di turno (20 euro, il prezzo di un libro), nel prologo più divertito che drammatico al tavolino di un bar.
Leo: mi sto chiedendo se valga la pena succhiare un c**zo per il costo di un libro.
L’uomo: non c’è in biblioteca?
Leo: no, questo no.
La madre è una furfantella: Venere in visone, o degli stracci, che taccheggia con nonchalance sotto l’occhialone griffato.
El Planeta, Leo (Amalia Ulman) scruta un gioiello della madre
Si trascorre così, da spettatori: tifando, più che per un riscatto nemmeno troppo meritato, per un tirare a campare, di impresuccia in impresuccia, con un tono lieve su cui far galleggiare una spensierata disperazione.
Fuga dalla Spagna
Ciò che El Planetaha di irresistibile, dunque, è la scanzonatura con cui le due donne accettano l’indigenza. La figlia si mantiene creativa, fa piccoli lavoretti di arredo e sartoria in casa (pur vendendo la macchina da cucire), balla davanti allo specchio. La madre sogna il tango in Argentina e si vede, dopotutto, come una qualche principessa delusa, tipo Michelle Pfeiffer in Fuga a Parigi(2020). Al punto da volersi imbucare ostinatamente allo stridente gala del Premio delle Asturie, con tanto di foto di rito ai reali di Spagna, a cui parteciperà anche Martin Scorsese: sul red carpet, mentre i conti sono in rosso.
Un filtro? Un filtro per foto? Fammi una foto! Ma fammi venire bene (…) Togli tutti i miei difetti. Rughe, macchie, tutto.
Fuga dalla Spagna reale, quella vera: stai senza pensieri, e tutto andrà bene.
Il filtro del film
Non si sa bene, allora, come prendere l’esibizione di stile così insistita della regista. El Planeta è un film col filtro, Amalia Ulman sembra maniacale quanto i propri personaggi. I suoi furori di giovane autrice, certo, conferiscono una certa originalità al travestimento di regia: il bianco e nero, le strambe dissolvenze in stile Power Point, certe schizofrenie al montaggio. Come quando, ad esempio, nel dialogo del prologo tra Leo e l’aspirante puttaniere viene inserito un rapidissimo stralcio in soggettiva del tipo che ride sguaiato, quasi a manifestare la ripulsa della giovane donna, di fronte al volto viscido del potenziale cliente.
Tanto stile ha un senso, e può anche sollazzare lo spettatore più esigente di freschezza. Ma fino a che punto queste trovate si sposino con una storia indie, dal potenziale low-fi alla Jarmusch o alla Hong-Sang-soo, è tutto da capire. Forse avrebbe giovato smagrire le trovate filmiche brillanti, mettersi a dieta – anche forzata – come la protagonista. Ma quel sapore di tenerezza, della mamma che massaggia i piedi alla figlia, resta e conquista. Nonostante la scorpacciata di stile, malgrado la propria tristezza acida, El Planeta supera quasi ogni crisi col sorriso.
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