Mente Locale – Visioni sul territorio, il cui direttore artistico è Giulio Giunti, è il primo festival italiano dedicato a promuovere e valorizzare il racconto del territorio attraverso il cinema del reale. Il festival si svolge dal 15 al 20 novembre in forma diffusa, in sala nel territorio tra Bologna e Modena – Bologna, Vignola (Mo), Loiano (Bo), Savignano sul Panaro (Mo) e Bazzano (Bo) – e online sulla piattaforma docacasa.it, con proiezioni gratuite sia in sala sia online. Ma per capire meglio che cos’è Mente Locale e in che direzione intende procedere il festival abbiamo fatto qualche domanda a Giulio Giunti, il direttore artistico.
Giulio Giunti: la genesi di Mente Locale
Prima di tutto mi piacerebbe fare una domanda/riflessione generale sul festival. Mente locale è un festival dedicato alla scoperta dei molti modi di raccontare un territorio attraverso il cinema documentario. Accanto alla selezione internazionale di film in concorso c’è, quindi inevitabilmente, una forte attenzione ai luoghi e alle relazioni. Un aspetto sempre più all’ordine del giorno. E Mente Locale, adesso alla nona edizione, ha e aveva anticipato la questione, vista, appunto, l’importanza attuale del territorio. Siete stati lungimiranti da questo punto di vista. Spesso ai registi si dà atto di portare sullo schermo qualcosa di attuale, ma che loro hanno deciso molto prima. Anche per Mente Locale si può dire la stessa cosa? Come nasce un festival del genere?
Questa esperienza nasce perché io e altri amici e colleghi 12 anni fa abbiamo fondato un’associazione culturale che intendeva promuovere la cultura audiovisiva e, al contempo, fare anche produzioni. Abbiamo cominciato a lavorare sul tema del documentario e, in particolare, eravamo interessati al racconto del territorio. Dopo alcuni anni ci è venuta voglia di incontrare altri autori che si occupavano dello stesso tema. E, per questo, abbiamo ideato questo piccolo festival che aveva come obiettivo quello di organizzare una rassegna dedicata ai documentari (ma non solo) che raccontassero il territorio.
Abbiamo iniziato coinvolgendo persone più o meno conosciute, poi, dopo il finanziamento ottenuto dal fondo regionale per il cinema nel 2016, abbiamo potuto fare un salto e crescere, arrivando a organizzare un concorso internazionale per opere audiovisive che raccontassero il territorio. Poi, nelle ultime tre edizioni, abbiamo deciso di focalizzarci solo ed esclusivamente sul genere del documentario. Prima abbiamo fatto un po’ di sperimentazione sui diversi linguaggi, ma poi abbiamo deciso di rimanere solo sul documentario per continuare a indagare le diverse modalità e i diversi linguaggi con cui si parla di un paesaggio.
Nel frattempo il racconto del territorio è diventato di moda, noi abbiamo precorso i tempi, ma casualmente.
E anche il nome scelto, Mente Locale, è importante perché veicola un doppio (e forse anche più che doppio) messaggio: fare mente locale, considerare il locale, utilizzare la mente. Come avete scelto il nome? E in che direzione va?
Anche quello è arrivato un po’ per caso e il significato è quello che hai intuito. Prima di tutto fare mente locale, ma poi è anche un richiamo al territorio locale e, allo stesso tempo, un modo per riflettere su temi più ampi. Il tema del territorio si può raccontare in tanti modi e fare mente locale significa anche riflettere.
Ci ha colpito subito questo nome e, dopo un anno, è arrivato anche il logo: un omino con stivali da lavoro che ha una postura precaria che tende alle nuvole.
Mente locale racchiude tutto quello che è la nostra poetica.
Il significato di territorio
Guardando il programma ci sono, oltre a diverse anteprime, anche tante opere che riguardano non soltanto il territorio vicino, ma anche il territorio in senso più globale.
La cosa che ci ha convinti a rimanere ancorati all’idea di base è stato il fatto che, col tempo, abbiamo scoperto che si può raccontare un territorio con tanti linguaggi. Ma anche il significato stesso di territorio, nel momento in cui si legge in maniera metaforica, si presta a un’interpretazione che va oltre quello che è il mero spazio o ambito geografico a cui si possono ricondurre saperi e culture. Per esempio posso citare un documentario che ha vinto il festival qualche anno fa e che era ambientato interamente all’interno di una nave mercantile in cui si raccontava la storia di un equipaggio che viaggiava dall’Europa all’Africa. Quella nave, in quell’occasione, si trasformava in un vero e proprio territorio, fisico e ben definito.
Così come Mente Locale ha più significati, anche il territorio ha più significati.
Certo! Ha più significati e, come linguaggio cinematografico, ci siamo resi conto che il tema può essere affrontato con tanti linguaggi diversi. Quest’anno, infatti, abbiamo anche un premio dedicato all’uso dell’archivio che ultimamente è fondamentale per raccontare i territori.
E poi quest’anno il festival è iniziato proprio con un incontro su questo tema, sull’archivio, sia audiovisivo che fotografico, come fonte per il racconto del territorio. Il Touring Club, partner storico del festival, e l’associazione di documentaristi dell’Emilia Romagna, che sta creando un archivio digitale del documentario dell’Emilia Romagna, sono stati presenti.
Giulio Giunti: la selezione dei titoli di Mente Locale
Collegandomi a questo, e cominciando a entrare nel merito del festival, in che direzione va Mente Locale quest’anno, dal punto di vista dell’ambiente? Tra le opere arrivate avete selezionato quelle più attuali?
Sono diversi i criteri che ci guidano nella selezione. Di solito privilegiamo la qualità e quindi devono essere lavori che convincono tutto il gruppo di selezione che è un gruppo abbastanza nutrito (circa 6/7 persone). Cerchiamo di avere una diversità e una pluralità di linguaggi e diverse provenienze dal punto di vista degli autori che raccontano e dei territori che vengono raccontati.
Come vengono selezionati i titoli del Festival? Dal punto di vista della selezione Mente Locale si ispira a qualcosa?
Per la scelta dei contenuti usiamo la piattaforma FilmFreeway che da tre anni usiamo a pagamento perché prima ci arrivavano tanti, troppi, lavori e la metà di questi non erano in tema con il festival. Quindi abbiamo deciso di mettere l’iscrizione a pagamento in modo da arginare la selezione e rimanere sui 200/300 lavori da valutare, tutti sempre in tema. Ovviamente capita anche che ci siano lavori che hanno già partecipato ad altri festival. Ma, nonostante questo, abbiamo un’anteprima europea, alcune italiane e regionali.
Mente Locale non prende spunto da altri festival perché siamo piccoli, ma stiamo cercando di crescere e magari arrivare a coinvolgere un vero direttore artistico. Io lo sono da tre anni e ci tengo molto, ma sono anche un autore. La nostra speranza è anche quella di coinvolgere un vero direttore artistico che ci permetterà di arrivare a lavori che ancora non si conoscono, che sono in lavorazione e che potranno usare Mente Locale come vetrina.
E, a tal proposito, come si concilia essere sia direttore artistico che autore? Non so se questo influenza la scelta dei titoli o il modo di approcciarsi alla selezione.
Il motivo per cui continuo a lavorare al festival è proprio l’opportunità di conoscere altri autori che si occupano degli stessi temi. Una delle possibilità che mi offre il festival è quella di poter avere accesso a opere che a cose normali non vedrei mai e che possono essere d’ispirazione. Opere che sono interessanti perché permettono di vedere come lavorano i colleghi. Per quanto riguarda la fase di selezione io arrivo con le mie idee, però è sempre una decisione democratica e condivisa quella che si ha.
Il pubblico
Qual è il pubblico al quale si rivolge maggiormente il festival? Quali sono le aspettative da parte vostra nei confronti del pubblico? A chi vorreste arrivare? C’è una fetta di persone in particolare che vorreste coinvolgere?
Sicuramente c’è da dire che cominciamo ad avere un nostro seguito. E non è poco considerando che facciamo il festival in luoghi di provincia, per scelta non stiamo in città. Lavoriamo tra Bologna e Modena, in realtà in cui il cinema e la sala stessa spesso sono una grande risorsa per il paese come luogo di aggregazione, luogo che contribuisce a far sì che un luogo sia più vivibile anche perché c’è il cinema. In più siamo in luoghi in cui il cinema non c’è, per cui portiamo il cinema, per esempio, a Vignola che è uno dei luoghi storici di Mente Locale. Lì allestiamo il festival in un teatro perché non c’è il cinema. Sarebbe più semplice lavorare su Bologna, città con grande fermento, con tanti studenti, dove c’è anche la cineteca che ha lavorato benissimo in questi anni. Ma abbiamo scelto di lavorare nelle zone più periferiche e ci stiamo rendendo conto che abbiamo un seguito.
La nostra sfida è questa: lavorare per mantenere in vita le sale, per allevare un pubblico che negli anni ci conferma interesse per la nostra iniziativa. E in periodi di crisi della sala organizzare questo tipo di iniziative particolari premia, è un incentivo in più a rifrequentare la sala.
Il programma di Mente Locale spiegato da Giulio Giunti
Entriamo nel vivo del programma. Quali sono i titoli da non perdere?
Quest’anno abbiamo un programma molto ricco, spaziamo in quasi tutti e cinque i continenti dal punto di vista del racconto dei territori rappresentati al festival. Sono davvero tanti e ne segnalo solo alcuni, anche se è difficile fare una selezione.
C’è un lavoro, che abbiamo definito un kolossal, e che è in programmazione solo sulla piattaforma docacasa.it, creata dall’associazione di documentaristi dell’Emilia Romagna. Si tratta di un film cinese di 4 ore, girato nell’arco di 15 anni, che racconta le condizioni di vita del Triangolo d’Oro (Nowhere people). Poi c’è un film sui coltivatori del Congo (Amuka), uno su un “trafficante” di vecchie autobus Mercedes (The Yellow Queen) che le vende guidando dalla Germania fino all’Africa.
E poi ancora un lavoro di una nota attrice di cinema iraniano che racconta un viaggio di formazione di una ragazza che abbandona la città in polemica con le restrizioni del paese e trascorre un periodo con un vecchio maestro di uno strumento sacro persiano (Song of the wind). C’è, poi, un bel lavoro sul liscio e su alcuni personaggi che animano le notti dei locali da ballo della Romagna (La moda del liscio). Un lavoro su Mario Rigoni Stern (Il sergente dell’Altopiano – La storia di Mario Rigoni Stern). E anche un film sperimentale sulla Tokyo di notte della durata di 25 minuti (The sower of stars – El sembrador de estrellas).
Ospiti ed eventi speciali
E per quanto riguarda ospiti ed eventi speciali?
Come eventi speciali abbiamo avuto questa chiacchierata sugli archivi come fonte per il racconto del territorio in cui è presentato anche un progetto di documentario attualmente in corso, a sei mani. I nomi sono quelli di Michele Mellara, Alessandro Rossi, entrambi di Bologna, e Gianfranco Cabiddu, autore anche di cinema di finzione, che racconteranno il festival di Berchidda, Time in Jazz, creato da Paolo Fresu, noto musicista di fama internazionale che 35 anni fa ha creato questo festival jazz in cui suonano musicisti da tutto il mondo.
E poi tutte le proiezioni del concorso, ma non solo. Oltre alle proiezioni ci saranno degustazioni, incontri con autori e performance, come quella legata a un documentario che racconta del recupero di castagneti in Piemonte.
E poi ci sono anche premi in denaro grazie ad alcuni partner privati che sostengono il festival. Ogni anno si aggiunge qualche partner, quest’anno anche il consorzio tutela del Lambrusco. Perché a noi interessa fare un festival di cinema, ma non solo. Il territorio, secondo noi, è davvero al centro e quindi raccontiamo anche i prodotti.
La nostra ambizione è fare anche un festival di cinema, ma non solo.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli