In concorso alla 28º edizione del Med Film Festival, e già passato alle Giornate degli autori, La dernière reine (El akhira. La dernière reine, 2022) di Damien Ounouri e Adila Bendimerad è un kolossal in costume che sorprende. Sebbene utilizzi i canoni stilistici e produttivi di un classico film spettacolare, all’interno dell’opera c’è un approccio più umano alla raffigurazione dei personaggi e le scenografie e le ambientazioni sono molto più veritiere.
Al cinema dal 21 marzo distribuito da KITCHEN FILM.
La dernière reine, la trama
Algeria, 1516. Il pirata Aroudj Barbarossa (Dali Benssalah) libera Algeri dalla tirannia degli Spagnoli e prende il dominio del regno. In giro si dice che, nonostante il patto d’alleanza stretto, abbia ucciso il re Salim Toumi (Mohamed Tahar Zaoui). Incredibilmente, è una donna a tenergli testa: la regina Zaphira (Adila Bendimerad). Tra storia e leggenda, le gesta di Zaphira sono il simbolo di una sfida e di un travaglio personale e politico affrontati per il bene di Algeri.

La dernière reine, la recensione
Pellicola co-diretta, da una donna e un uomo, il binomio collaborativo si palesa anche nelle due anime del film: l’attenzione verso il femminino della Bendimerad, attrice esordiente nella regia e che interpreta il ruolo della protagonista; e una spiccata considerazione documentaristica (il dettaglio storico-sociale-ambientale); non a caso Damien Ounouri proviene dal documentario.
Due fattori che fortunatamente restano saldi, e non proseguono separatamente creando un film a due teste. Attingendo dalla figura mitica di Zaphira, in bilico tra personaggio frutto di leggenda e reale regina, La dernière reine è principalmente un ritratto di donna, bella e delicata, che improvvisamente si ritrova a dover gestire tanto la sua vita quanto quella del suo – piccolo – regno.
In una cultura pregna di maschilismo, che continua a tutt’oggi, dove la donna è soltanto un oggetto procreatrice di prole dinastica e da esibire, Zaphira si distingue per la sua caparbietà, come dimostra la rivolta contro il fratello per la custodia del figlio, oppure il testa a testa con Aroudj Barbarossa, che è l’unico uomo che apprezza quella sua ostinazione di guerriera.
Ma intorno a questo ritratto femminile, c’è anche il tentativo da parte dei due autori di fornire al proprio popolo e alla propria nazione (Algeria) un resoconto delle radici, di un passato fondante su cui si è poi costruita la cultura.
Nel raccontare la storia, che si mescola alla leggenda, Damien Ounouri e Adila Bendimerad hanno optato per una forma popolare, ovvero il film spettacolare. Un formato che dietro lo sfarzo, il coinvolgimento, può veicolare informazioni storiche. E La dernière reine è anche un kolossal che, nonostante il low budget, non sfigura accanto a pellicole con un consuntivo molto più sostanzioso.
Le scene di battaglia, in particolare la prima, avvincente e sanguinosa, molto simile all’introduzione guerresca di Salvate il soldato Ryan (Saving Private Ryan, 1998) di Steven Spielberg, sono ottime a livello visivo e descrittivo (la ferocia dei tempi e la determinazione di Aroudj Barbarossa).
La dernière reine rimane un valido – primo – esempio di “grossa produzione” autoctona, non esente da qualche pecca da scontato feulleiton, ma decisamente godibile.
