Non solo memoria ma attualizzazione, non solo ricordo ma ricerca di senso: così l’Associazione Culturale S.A.S. ha voluto rendere omaggio ai 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, brutalmente ucciso il 2 novembre di 47 anni fa (nel 1975) da chi voleva metterlo a tacere per sempre – senza sapere che ne avrebbe invece amplificato a dismisura la voce e il messaggio – con la proiezione del bel documentario Un intellettuale in borgata, sulla figura di Pasolini, diretto dallo scenografo e regista Enzo De Camillis, tenutasi presso la rinnovata sede dell’ANICA.
La proiezione è stata preceduta da una presentazione da parte dello stesso regista e di altri nomi noti, che hanno parlato dell’attualità e integrità di Pasolini e del suo ruolo di intellettuale, regista e poeta nel Novecento: Miguel Gotor (Assessore alla Cultura del Comune di Roma), Francesco Rutelli (Presidente ANICA), Leo Gullotta (attore) e Renato Parascandolo (giornalista, già direttore di RAI Educational).
Un intellettuale in borgata
Quello di Enzo De Camillis è un documentario che, se da un lato si concentra sul periodo pasoliniano che intercorre tra il 1954 e il 1963, quando lo scrittore e poeta visse nel quartiere romano di Monteverde, in particolare nell’odierna area di Donna Olimpia, che era ancora zona di campagna e baracche, dall’altro lato rievoca attualizzandola l’intera parabola dello straordinario artista, tra cinema, poesia, scritti, partendo dalle tematiche a lui care, i ‘ragazzi di vita’, la denuncia degli stereotipi, la prossimità agli emarginati ed alla vita di borgata, così come l’amicizia con grandi artisti, le critiche dirette alla politica cieca e conservatrice, l’interesse per le opinioni popolari su argomenti come la sessualità e i mass medi. Il Pasolini uomo a tutto tondo, con le sue contraddizioni e la sua opera.
Tante le testimonianze e interviste raccolte da De Camillis a personaggi del calibro di Stefano Rodotà, Gianni Borgna, Otello Angeli, Maurizio Ponzi, Silvio Parrello, Umberto Mercatante, Antonio Del Guercio, Citto Maselli, Ugo Gregoretti, Nino Russo, Vincenzo Vita, Renato Parascandolo. Ciascuno di loro racconta il suo Pasolini, quello che ha conosciuto di persona o mediante le sue opere, con l’intermezzo di un interprete d’eccezione, l’attore Leo Gullotta, che legge articoli, poesie e scritti del rimpianto autore friulano e che racconta di aver aderito al progetto del documentario senza ‘nulla a pretendere’, proprio per l’importanza rivestita dal personaggio cui il film è dedicato, Pier Paolo Pasolini, dal suo lascito intellettuale e dalla valenza del messaggio annesso all’opera.
Il docu-film ha vinto il Premio Speciale al Festival Internazionale del Documentario Libero Bizzarri 2014, il Primo Premio come Miglior Documentario al Festival Omovis di Napoli ed è stato premiato al Festival RIFF di Roma.
“Io so”
Proprio all’intensa capacità attoriale di Gullotta è affidata la lettura integrale, recitata, della famosissima invettiva pasoliniana ‘Io so’, reiterata all’inizio di ogni frase dell’articolo Cos’è questo golpe? Io so – del quale si riporta l’incipit a seguire – pubblicato sul Corriere della Sera del 14 novembre 1974 (il direttore del giornale era all’epoca il giornalista Piero Ottone).
“Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere).Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. <…>”
In maniera lucida e senza panegirici, Pasolini denuncia il potere costituito delle connivenze, quello delle trame oscure, dei colpi di Stato, dei vecchi e nuovi fascismi, di chi sa ma non fa i nomi, pur avendo prove o indizi, come i giornalisti e i politici, che pur avendo probabilmente quelle prove e quegli indizi non parlano, né fanno nomi: chiarissimo il richiamo di Pasolini alle responsabilità di chi fa politica e cultura nel nostro Paese, oggi come allora.
Donna Olimpia e le borgate
Il documentario allarga il racconto a come, appena giunto a Roma dal Friuli nel 1950, insieme all’amata madre, Pasolini visse per un periodo nel quartiere di Ponte Mammolo, accanto a Rebibbia, trasferendosi poi a Monteverde in zona Donna Olimpia (prima in via Fonteiana, dal ’54 al ’59, e poi in via Giacinto Carini, dal ’59 al ’63).
Fu in questi anni che Pasolini iniziò a frequentare i ragazzi del quartiere, ad affezionarsi alle loro storie e vicende esistenziali, alla loro genuinità, da cui scaturiranno poi il romanzo e il film Ragazzi di vita: alcuni di questi ragazzi, ormai di una certa età, toccati per sempre dall’incontro con l’artista e regista, sono stati intervistati da De Camillis e raccontano di come Pasolini iniziò ad interessarsi a loro guardandoli giocare a pallone per la strada, poi giocando e chiacchierando con loro, fino a raccontarne la realtà quotidiana nel territorio, quella delle case popolari di Donna Olimpia.
Da questa esperienza umana e autobiografica, Pasolini inizierà il cammino di indagine e riflessione sociale che caratterizza gran parte delle sue opere artistiche, dal cinema ai romanzi, alle poesie: la sua schiettezza, la ricerca della verità contro un mondo politico ed economico senza scrupoli, la denuncia delle ipocrisie di Chiesa e Stato, insieme alla sua dichiarata e vissuta libertà sessuale, gli attireranno l’odio di tanti. Fra questi i (veri) colpevoli del suo omicidio, rimasti senza nome e senza volto, un omicidio vergognosamente impunito, che ancora reclama giustizia.