Intervista ad uno dei più grandi produttori americani: Adam Leipzig. Egli ci racconta come lo si diventa
Ecco come è diventato uno dei più grandi produttori d’America
In occasione di una sua nuova produzione, ‘Sicilian Holidays’, per la regia di Michela Scolari, abbiamo incontrato a Sciacca, in Sicilia, uno dei più grandi produttori americani: Adam Leipzig. Ed è stato colpo di fulmine!
Oltre ad essere l’amministratore delegato di Entertainment Media Partners, Adam è produttore, dirigente cinematografico e teatrale americano, nonché autore.
In qualità di ex dirigente Disney, ha supervisionato film come Dead Poets Society e Honey, I Shrunk the Kids e il documentario Plastic Ocean che risale a 5 anni fa.
Umile, veloce come un una saetta, chiaro come la luna e attento ai valori umani, Adam sorprende per professionalità, organizzazione e dedizione.
La società di Adam Leiptzig, oltre a produrre, contribuisce ad accelerare le carriere di attori, registi, montatori. Insegna online mille cose: da fare un casting, a prendere un ruolo, da scrivere a finanziare un film etc, e si rivolge a quasi tutte le categorie professionali nell’ambito cinematografico.
La trovate online e si chiama www.MediaU.com

GSS: che giorno sei nato e dove hai studiato?
AL: 29 marzo 1958 (età 64 anni)
Mi sono formato alla Yale University (1975–1979)
GSS: Cosa ti ha modificato il Dna: un film, un libro, un quadro?
AL: il film che mi ha cambiato il dna è il corto di un regista americano che viveva a Parigi, Chris Marker. E del 1962, tutto in bianco e nero, mi pare di soli 22 minuti . Si intitola La Jettée, tutto composto di soli fotogrammi con un’unica e cruciale eccezione. La Jettée ha completamente cambiato il mio modo di raccontare storie al cinema ed è diventato il mio film preferito di tutti i tipi. Metodo totalmente innovativo per raccontare una storia.
Il libro che mi ha cambiato la vita è Cento anni di solitudine di Gabriel Garcia Marques perché è una storia umana straordinaria che si muove dal realismo al mito epicamente, toccando diverse generazioni.

GSS: Quindi mancano le arti visive. Un quadro, una scultura. Ti piace l’arte?
AL: Si moltissimo. Certamente. Siccome lavoro nel cinema sono sempre stato incline a Veermer e al suo uso speciale della luce. Egli rimane così rivoluzionario e contemporaneo. Fu davvero un pioniere in questo. Ogni cinematografo che conosco ha studiato Vermeer e il modo in cui egli dipinse con la luce, come ha orientato e scelto le luci nel suo studio per raggiungere gli effetti meravigliosi che è riuscito ad ottenere.
GSS: Ottimo. Ti piace anche qualche artista più contemporaneo?
AL: si venendo ad oggi mi piace molto Richard Serra, lo trovo molto toccante, sia nei suoi pezzi di grande scala che nei pezzi cosiddetti “da muro”. Normalmente si potrebbero chiamare bidimensionali, ma avendo della materia e struttura non lo sono nemmeno quelli del tutto.
GSS: dato che ami l’arte e il cinema e oggi i confini non sono più così netti, non hai mai lavorato con artisti che sono anche film makers?
AL: non ancora, ma potrei.
GSS: quanto c’è di te nei film che produci e promuovi? E quanto c’è in loro della tua visione della vita?
AL: Bè non vengo coinvolto in un film se non combacia con la mia visione di vita. Ci sono miriadi di film in cui con cui potrei confrontarmi, ma sono molto selettivo e sono interessato solo a film che risuonino su una visione gentile, positiva, empatica di come le persone trattino altre persone e di come si interagisca con il mondo. Questo risponde più alla seconda parte della domanda.
Mentre per la prima parte della domanda, di quanto ci sia di me nei film, dipende davvero dal film in sé. Alcuni progetti e alcuni registi sono più collaborativi di altri, dipende molto dal grado di collaborazione che si si instaura affinché ci siano più parti di me. In tutti i casi non sarei coinvolto se non ci fosse una forte risonanza con la storia che si deve rappresentare.
GSS: Quindi il tuo livello di interazione e profondità con il film deve essere più mentale, intellettuale, emozionale? Il film deve coinvolgere tutti gli aspetti o uno specifico?
AL: E’ sempre emozionale, perché siamo esseri emozionali e sia io che il pubblico rispondiamo ad emozioni. Ma i film sono fatti in modi diversi. Ad esempio un documentario non è ideato nel modo in cui abbiamo concepito Sicilian Holidays. Ci sono voluti 5 anni per fare Plastic Ocean e non eravamo sui set. Abbiamo girato in 18 location nel mondo. Ad esempio nei documentari la mia presenza si vede più nel montaggio che non nello stare a girare due giorni nell’Oceano Pacifico in presenza.
GSS: L’arte sta nel cammino, ed è li che bisogna stare. Ma spesso tutti si focalizzano solo nell’arrivo. Tu ti poni già una finalità, pensi fin da subito ad un progetto chiuso coi film e registi o ami stare in uno spazio sperimentale? Vivi con progetti chiusi o si modificano anche nella lavorazione lasciando aperture o cambiamenti imprevisti?
AL: bella domanda. Gaia la risposta è doppia. Potrei dire si ad entrambe le soluzioni. E’ un lavoro in progress. Quando inizi un progetto, che sia sceneggiatura o doc, devi innanzitutto puntare a qualcosa. Devi avere un piano sul quale vuoi che sia il risultato. Poi alla fine devi portare il film sullo schermo. Poi devi capire che il film che inizi a fare, per esperienza, non è quasi mai quello che vedrai e finirai per fare, ma hai un obiettivo in testa e vai in una certa direzione. Così filmi qualcosa che è un pò diverso da quello che volevi originariamente filmare. Poi nel montaggio vedi qualcos’altro ancora. E via dicendo. Devi lavorare con quello che hai. E quindi ti poni un altro obiettivo, come quello iniziale.
Quindi è fondamentale l’obiettivo iniziale, prima ancora di iniziare a girare, per rimanere aderenti a quello, dopo. Così poi quando si arriva in sala montaggio si rimane il più fedele possibile all’intenzione iniziale. Ma non è mai esattamente uguale e in ogni fase si ha la piacevole esperienza di scoprire cose nuove. In casi molto fortunati i risultati finali possono anche essere migliori di quello che uno si era prefissato inizialmente.
GSS: Perfetto. Quindi sai già che non sarà esattamente quello che avevi in testa. Lo accetti fin da subito
AL: certo perché è un progetto di gruppo. Fare un film non è come stare seduto da solo nella tua soffitta con una matita e un foglio scrivendo una poesia. Perchè facendo così puoi fare quello che vuoi dato che sei con te stesso, da solo. Ma fare un film è un’esperienza di collaborazione. Ci sono 100 o mille persone tutte con idee creative e alcune molto buone e vuoi quindi usarle. E ci sono cose che non avresti pensato se fossi stato da solo.
GSS: Ma chi decide? Se ci sono tanti cervelli a chi spetta quindi la scelta finale?
AL: Se è fiction come Sicilian holidays è il regista e io sono li per supportare le sue visioni. Se invece è un documentario nel passato ero io ad avere il final cut, al montaggio
GSS: pensi che i film sia no I tuoi film li produci per riflettere, affermare o cercare la realtà?
AL: Il senso di fare i film è riflettere su come vorremmo che il mondo fosse. Questo vale anche nei documentari che, dipingendo la realtà, trasformano il mondo in una visione migliore. Ad esempio, A Plastic Ocean, un documentario che ho fatto 5 anni fa, ha avuto uno straordinario effetto sulla vita reale. Il nostro modo di mostrare l’inquinamento delle plastiche dei vari oceani nel mondo, così risoluto ha cambiato qualcosa. Nel terzo atto del film offriamo soluzioni per risolvere il problema.
E’ molto importante dare al pubblico delle speranze, anche in un documentario che affronta cose così terribili. Perchè costruendolo così ha avuto un impatto massiccio sul mondo. E’ stato visto alle Nazioni Unite, in moltissime ambasciate, ha cambiato più di 150 leggi nel mondo, anche nazionali, in India, in Australia, in USA, in Sud America e Asia. E stato visto in più di 200 paesi. Ha cambiato le pratiche di riciclo, il trasporto merci, le consegne, la viabilità, i processi chimici. Ha avuto un impatto enorme sull’ambiente. Penso che abbia avuto successo perché abbiamo mostrato cosa succede, ma anche come superarlo.
GSS: proprio ieri c’era un video in tv sulle Maldive e il loro collasso. Sei stato molto anticipatore. Hai fatto altro sulla natura?
AL: Beh ho fatto diversi film sul mondo naturale, come March of the Penguins e The last lions. Intendo come produzione, perché è sempre giusto specificare i crediti di ognuno.
GSS: Colleghi? Relazioni? Come funziona con loro? Sembra difficile condividere anche la stessa visione, le stesse strategie al tempo stesso e con tante persone? Come hai detto è un progetto collaborativo, ma oltre a scegliere le persone migliori con le co-produzioni come la mettiamo?
AL: facciamo quello che possiamo. Devi sapere Gaia che il ruolo di un produttore è probabilmente fatto al 90 per cento da relazioni umane.
GSS: appunto non deve essere facile gestire attori, spesso visti come sono capricciosi, pazzi o con problemi di ego.
AL: E’ un lavoro di gruppo. Non userei la parola difficile, ma userei la parola complesso. Perchè le persone sono complesse. E’ così importante il casting soprattutto che include anche gli altri, il production designer, il montaggio, il regista, non solo gli attori, ma tutte le persone di un film. Meglio se sono allineati su visione, desiderio di collaborare, apertura mentale, mancanza di ego, allora non è difficile. Ci saranno sempre persone con forti personalità e opinioni ma nel cruxible delle loro idee li ci sarà la mia. Gli attori hanno il lavoro più duro sul set. Hanno spesso una brutta reputazione, ma non penso che siano matti. Anzi sono molto razionali. Ed è molto difficile fare ciò che loro fanno.
Immagina di essere un attore come Lilly Englert nel film che abbiamo appena girato. Lilly è in quasi tutte le scene del film. Non si gira mai un film in sequenza temporale. Si gira in base alle condizioni climatiche, alla disponibilità degli altri attori, alle locations etc etc. Quindi magari si gira prima la scena 53, poi la 35, poi la 1, poi la 19. Lilly deve sapere esattamente dove è il suo personaggio in quel momento, fuori sequenza, quando arriva sul set. E se sei stata su un set sai che ci sono prove, preparazioni, luci, setting e quando il regista dice Action, la ripresa dura un minuto. Tutto finisce in un attimo. Tutto succede e deve essere pronta col personaggio nell’esatto spazio di quel momento esatto della storia, nella sequenza narrativa esatta.
Un sacco di pressione su di lei, ma non può mostrarla perché deve rappresentare il personaggio, e sapere dov’è. E’ così difficile raggiungere quel livello di focus e concentrazione, ecco perché penso che gli attori abbiano il ruolo più difficile sul set e gli devono essere fornite diverse cose di calma, spazio, luogo e accettare tante cose. Devono avere uno stato emotivo diverso in tutti i campi, in momenti diversi.
GSS: bella risposta. Touchè. Io non potrei mai essere un attrice e tu?
AL: io nemmeno. (ride) Si perché se scegli una persona intelligente, ma con un brutto carattere è difficile lavorare assieme. Great questions! I’ll be ready.
GSS: Hitchcock, che non aveva un’altissima considerazione degli attori, disse che sono come dei burattini. Tu che ne pensi? Hai mai vissuto atteggiamenti capricciosi o sopra le righe di qualche attore?
AL: penso che anche Kubrik la vedesse così. Io non sono d’accordo. Trovo che strani comportamenti ci siano un pò in tutte i lavori. Io stesso mi sono imbattuto in persone delle più svariate professioni con uno stato emotivo diverso.
GSS: Molto diplomatico. Nuovi progetti?
AL: Al momento Media U.com fornisce mentoring e accelerazione di carriere in tv e film, lo facciamo online con esperti di varie aree ed è fantastico. Tutti gli aspetti. Marketing, finanziamento, distribuzione, regia, montaggio e stiamo costruendo anche molto altro. Trovi tutto sul sito. Anche per scrittori. Come te.
GSS: Come è stato lavorare in Italia, in sicilia?
AL: E’ stata un’esperienza fantastica di grande impatto. Non vedo l’ora di tornare e fare progetti qui e girare presto un altro film..
GSS: si ma anche Michela Scolari è bravissima, una donna molto speciale, interessante.
AL: Si sono d’accordo ed è stato un piacere lavorare con lei visionaria talentuosa che capisce molto bene la storia del cinema