Una nuova serie fantasy in 8 episodi appena approdata sulla piattaformaNetflix: The bastard son and the devil himself.
Teen drama, magia, una punta di horror e un pizzico di amore. Ecco gli ingredienti che danno vita a questa serie, riuscita e apprezzabile ma non ai livelli di altri titoli presenti nel catalogo.
The bastard son and the devil himself: la trama
Nathan (JayLycurgo) non è un sedicenne come tutti gli altri. È il figlio illegittimo di MarcusEdge (DavidGyasi), considerato da tutti lo stregone più pericoloso del mondo. Pur consapevole della propria natura e continuamente sottoposto a test che ne verifichino le conoscenze e i poteri, Nathan sembra quanto di più lontano possa esserci dalla figura di Marcus. Ben presto, però, resta intrappolato tra due clan in guerra. E si ritrova costretto a tutto pur di scoprire il proprio posto nel mondo insieme ai propri poteri. Grazie all’aiuto di Annalise e di Gabriel, Nathan riuscirà a scoprire presto chi è veramente.
La recensione
Il classico scontro tra bene e male è la base di partenza della serie Netflix The Bastard son and the devil himself. Ma nemmeno troppo classico. O meglio, nonostante segua il filone tradizionale delle storie di questo genere, la nuova serie se ne discosta nel momento in cui decide di inserire elementi appartenenti ad altro. Tra questi, per esempio, violenza e tratti vicini all’horror che aiutano ad acquistare ancor più autorevolezza. Anche perché la serie nasce da una saga di romanzi definiti young adult dove il fantasy è l’elemento principale. Ma su Netflix essa si trasforma, inserendo il fantasy in un modo diverso da quello a cui siamo abituati. Non ci sono mantelli, bacchette o elementi immediatamente riconducibili a ciò. Nathan, per esempio, è un ragazzo normalissimo che vive una vita apparentemente normale (è a conoscenza delle sue origini e di poco altro) in un ambiente altrettanto normale.
Il tema dell’accettazione e dell’integrazione in The bastard son and the devil himself
Un tema che, volontariamente e non, sembra essere centrale nella vicenda narrata sullo schermo è quello dell’accettazione e conseguentemente dell’integrazione. Il fatto, per esempio, che il protagonista sia un ragazzo di colore può rappresentare la prima avvisaglia in questo senso. Ma è soprattutto il sottolineare la diversità tra gli incanti del sangue e coloro che vi si contrappongono. E, al tempo stesso, tra i vari personaggi. Lo stesso Nathan è in balia di tutto questo e non capisce né chi è né da che parte stare.
La violenza
Forse fin troppo è il ricorso alla violenza, quasi gratuita. Il soffermarsi spesso su corpi martoriati o addirittura su cadaveri non risulta poi funzionale al proseguimento della storia. Utilizzando l’escamotage della capacità di guarire in fretta, la macchina da presa insiste nel mostrare, per esempio, il viso tumefatto del giovane Nathan che, a poco a poco, si risarcisce. Ma è un espediente che non aiuta la visione, ma che anzi, forse allontana ancora di più lo spettatore che si aspetta, invece, un approfondimento della parte più prettamente fantasy. Il duro allenamento al quale è sottoposto il giovane all’inizio sarebbe stato probabilmente ancora più interessante se visto in chiave esclusivamente fantasy.
Una serie che colpisce, letteralmente, e che incuriosisce, ma che non riesce ad alzare la voce e imporsi come dovrebbe nello sterminato catalogo della piattaforma.