La fotografia sgranata, il taglio scelto per i primi piani dei protagonisti e la tecnica di ripresa della macchina da presa a spalla conferiscono al film un carattere realistico e coinvolgono lo spettatore. Ottimo Vinicio Marchioni, che si è aggiudicato il premio per la Migliore Interpretazione Maschile al Festival di Annecy 2011
È un mattino grigio. Una caffettiera sbuffa sul gas e, sulle note del musicista Giordano Corapi, la casa di Alberto (Vinicio Marchioni) e di Laura(Donatella Finocchiaro) si risveglia. Sono sufficienti le inquadrature iniziali e il sottofondo musicale per risucchiare lo spettatore nel mondo dei personaggi di Emiliano Corapi.
Sulla strada di casa è la storia di un uomo e del suo doppio. Alberto vive a Genova. È il capo di una fabbrica di chiodi ed è sposato con Laura. Hanno due bambini e un giardino folto in cui non batte il sole. Sergio (Daniele Liotti) è romano, ha un figlio da riconquistare e un matrimonio finito male da dimenticare. Per salvare la propria fabbrica dal fallimento, Alberto inizia segretamente a fare il corriere per un’organizzazione criminale. Parte per un viaggio che lo conduce nel profondo Sud, giù, fino alla punta dello stivale, dove la sua vicenda si intreccia tragicamente con quella di Sergio. I due uomini giocano la stessa partita ma ne sono ignari. Sono un unico toro nell’arena. Sono l’animale che si guarda allo specchio e non si riconosce e ringhia, spaventato, contro l’immagine di sé.
Vinicio Marchioni, che per questo ruolo si è aggiudicato il premio per la Migliore Interpretazione Maschile al Festival di Annecy 2011, riesce a rappresentare bene la complessità del personaggio di Alberto, rendendo onore a una sceneggiatura di tutto rispetto. Sul viso del bravo ragazzo, dell’imprenditore onesto, abita lo sguardo omicida che si scioglie poi in pianto disperato quando lo sgomento prende il sopravvento.
La fotografia sgranata, il taglio scelto per i primi piani dei protagonisti e la tecnica di ripresa della macchina da presa a spalla conferiscono al film un carattere realistico e coinvolgono lo spettatore, alimentando una tensione che, nel veloce avvicendarsi delle scene, monta in un crescendo. Vedere i due uomini disperati piangere come bambini fa effetto e sembra di essere in macchina accanto a loro mentre attraversano il paese in autostrada o si perdono nelle stradine che serpeggiano tra le montagne calabre.
La scelta di arricchire questa storia ad alta tensione con una significativa caratterizzazione psicologica dei protagonisti conferisce ai personaggi uno spessore umano maggiore, ma espone il regista al rischio di qualche sbavatura. Ciononostante, prevale il meccanismo dell’identificazione, da parte dello spettatore, con i protagonisti, probabilmente grazie alla scelta e alla capacità del regista e del cast di raccontare non solo le azioni ma anche le emozioni.