Una storia inutile è il sottotitolo del film Il principe di Melchiorre Gioia diretto da Andrea Castoldi. Ma è ben lontano da quella che è la verità. Inutile solo in apparenza perché da leggersi nel senso di frivolo. Così come è frivola la vita di quello che è principe solo di nome e non di fatto.
Intervista al regista Andrea Castoldi
Il principe di Melchiorre Gioia: la trama
Milano, fine anni ’90. Via Melchiorre Gioia, che collega la periferia con il centro di Milano, è la via della perdizione notturna a buon mercato, accessibile a tutti. Ci sono locali di travestiti e prostitute. È soprattutto la zona del Principe (Silvio Cavallo), che quasi ogni sera agghindato con una finta pelliccia grigia, capelli biondi ossigenati, occhiali da sole di plastica gialli, arriva in autobus per dare inizio alle sue notti brave. Una vita notturna costellata di personaggi improbabili che come arrivano poi spariscono. Vive con la nonna che lo accudisce come fosse un eterno adolescente. Impiegato in fabbrica, decide di lasciare il lavoro per noia. Una storia di ordinaria sconfitta con un principe ben lontano dall’essere tale.

Milano, oggi. Il Principe è un cinquantenne, disoccupato e affetto da una svogliatezza cronica, che si arrabatta senza troppo impegno con lavoretti di volantinaggio che lo conducono nei luoghi e nei ricordi dei bagordi di un tempo.
Le due linee temporali si dipanano come i binari del tram e tracciano la storia di un perdente, per indole e per scelta. In una società fondata su obiettivi da raggiungere e risultati da ottenere, il nostro è un antieroe predestinato. Un professionista della sconfitta. (Fonte: Studio R-evolution)
Un film quasi documentaristico
Quello di Andrea Castoldi appare quasi come un documentario. Il Principe è al centro e il centro della storia. Un film che ruota intorno a lui e che va avanti grazie a lui e alle sue prodezze. Sembra quasi assurdo ciò che viene mostrato, ma, al tempo stesso, sono le avventure del principe a incollare lo spettatore allo schermo.
Colori e suoni
Interessante è, senza dubbio, il salto tra presente e passato. Un passato con colori particolari che, solitamente, appartengono al presente e viceversa. Questo a sottolineare proprio la direzione presa da Il principe di Melchiorre Gioia: alla fine era meglio il passato. È nel passato che il Principe riesce a imporsi maggiormente e con più facilità. Ed è nel passato che, se potesse, deciderebbe di vivere. Ma è costretto a vivere nel presente, un presente che non lo vuole, o meglio che non lo riconosce. Ecco perché i colori cambiano drasticamente nell’attualità, così come le musiche scelte.

Protagonista assoluto ne Il principe di Melchiorre Gioia
Menzione speciale per Silvio Cavallo, il Principe nonché la vera rivelazione del film. Il regista si appoggia a lui per rendere ancora più vera la storia del personaggio. E ha ragione. Convincente e autentico, sia negli atteggiamenti che nel modo di parlare, volutamente accentuato. Forse, però, si perde nel momento in cui la gestualità e le espressioni diventano quasi ridondanti e, sia nel passato che nel presente, si ripetono. Forse a voler sottolineare il legame del personaggio che vive nel presente, ma è ancorato al passato. Fin troppo.
Un racconto comunque vero che, pur non prendendosi troppo sul serio, mostra quanto le radici e le origini siano la base per chiunque. A prescindere dalle scelte e dalle decisioni.
Il Principe di Melchiorre Gioia è prodotto da CF-Film, in collaborazione con Film Commission Lombardia e Faeria S.r.L.
Sarà in sala dal 27 ottobre.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli