Nell’interessante sezione Special Screenings della Festa del cinema di Roma nr. 17, ha suscitato commozione e un caloroso accoglimento Hometown la strada dei ricordi (Polanski, Horowitz. Hometown), il lavoro documentaristico di Mateusz Kudla e Anna Kokpszka-Romer. I due hanno ripreso, attimo dopo attimo, l’incontro a Cracovia di due famosi cittadini polacchi assenti da decenni dalla propria città natia e divisi innanzi tutto dall’Olocausto che li vide entrambi oggetto di segregazione e di persecuzione da parte della Germania nazista di Hitler.
Il film è in sala distribuito da Vision distribution.
Hometown Due scattanti ed atletici ragazzini ultraottantenni
Roman Polanski, classe 1933, regista vivente tra i più affermati ed ammirati; Ryszard Horowitz, classe 1939, pioniere della fotografia naturalizzato americano dopo essersi salvato grazie a Schindler, nelle cui liste figurò come uno dei più giovani profughi ebrei scampati all’eccidio nazista.
I due si conobbero da ragazzi, negli anni della gioventù in cui Roman era già un ragazzino, abbandonato dalla famiglia mentre Ryszard viveva in mezzo ad una famiglia unita, seppur disagiata dai pesanti restringimenti e dalle persecuzioni che l’avanzata nazista in Polonia esercitava in primo luogo sulla comunità ebrea.
I due si ritrovano in aeroporto a Cracovia. Qui decidono di ripercorrere i sentieri fisici, ma anche della memoria, che caratterizzarono il loro difficile primo decennio di vita, perseguitati senza colpa da una furia che di umano possedeva ben poco.
Polanski, Horowitz. Hometown – la recensione
L’incontro è cruciale, emozionante, ma il sentimento non può non fare i conti con la spiccata personalità ed il carattere che contraddistingue questi due grandissimi maestri dell’immagine. I due preferiscono ostentare un atteggiamento ironico a proposito del loro ritrovarsi ad un’ età che li ha conservati in buona salute.
Per quanto riguarda Polanski, è importante l’ironia e quel pizzico di umorismo un po’ macabro ( ma per nulla fuori luogo) che lo stesso ostenta anche nell’esilarante ricordo (di cui fa partecipe lo spettatore) inerente la sepoltura di quel padre che lo abbandonò giovanissimo, ma che lo stesso Roman non ha mai saputo né potuto odiare.
Un umorismo fracassone che Polanski ha spesso ostentato nei suoi capolavori, specie quelli iniziali, e che ci spiega la bizzarria esilarante di voler a tutti i costi fermare il taxi che accompagna i due amici a Cracovia (per il semplice motivo che Polanski intende tagliare i peli del naso che spuntano dalle narici del suo carissimo amico ritrovato).
Scherzano, i due ragazzini senza età, a volte sino ad arrivare alle lacrime dal troppo ridere. Ma quando si tratta di ripercorrere, oltre che con la memoria, le testimonianze di ciò che ancora è sopravvissuto materialmente a quasi settant’anni di cambiamenti ed evoluzioni, ecco che l’ilarità lascia spazio al sentimento e alle emozioni. Emozioni che non si possono trattenere anche se si possiede una personalità come quella dei due artisti scampati all’eccidio più devastante che memoria ricordi.
Polanski, Horowitz. Hometown pertanto si rivela una testimonianza eccezionale, oltre che un documentario prezioso. Una pellicola che ci restituisce, nella loro più intima umanità, due personaggi pubblici e due artisti eccezionali, coinvolti intimamente nell’incubo che l’inesorabilità del destino ha riservato loro ma ripagandoli n modo pieno ed esclusivo con l’affermazione nel campo in cui ognuno dei due ha saputo distinguersi in modo esemplare.