fbpx
Connect with us

Live Streaming & on Demand

‘Descendant’, una storia di comunità. Sbarca su Netflix l’ultima nave schiavista

Premiato come miglior documentario al Sundance 2022, il film di Margaret Brown racconta del ritrovamento dell'ultima nave negriera in Alabama e di come, connettendosi col passato, la comunità afroamericana progetti il futuro

Pubblicato

il

Clotilda: suona come un dolce nome di donna, ma è l’amaro prologo di una storia americana. Così si chiamava l’ultima nave schiavista, salpata nel 1860 per la scommessa un po’ gradassa di un ricco proprietario terriero, Timothy Meaher. Ne parla la regista Margaret Brown nel documentario premiato al Sundance 2022 Descendant, ora su Netflix. In realtà, ne fa parlare: perché protagonista è soprattutto l’anima collettiva della comunità dei discendenti di quegli schiavi, ad Africatown, Alabama. Che furono, beffardamente, schiavi fuori tempo”. A schiavitù abolita da oltre mezzo secolo, Meaher scommise infatti che sarebbe riuscito a catturare un manipolo di africani, per poi smerciarli restando impunito. Così fece: 110 uomini liberi in Benin furono presi, schiavizzati, deportati in Alabama e venduti.

La nave fu bruciata per nascondere il crimine. Ne restò un ricordo bruciante, alimentato dal romanzo semi-leggendario dal titolo Barracoon (1931) di Zora Neale Hurston, sulla testimonianza del sopravvissuto Cudjo Lewis. Ma ora il testimone della memoria passa al cinema. Un’appassionata ricerca dell’identità in un documentario potentissimo, che vibra della voce di un’intera comunità nera.

Il trailer

La trama

1860. Nonostante l’importazione di schiavi fosse stata dichiarata illegale dal Congresso nel 1808, la Clotilda salpò per diventare l’ultima nave conosciuta a trasportare cittadini africani nelle Americhe per essere ridotti in schiavitù negli Stati Uniti. Fu distrutta al suo arrivo a Mobile, Alabama, ma la sua sofferta eredità resta. Il documentario Descendant, diretto da Margaret Brown e prodotto dalla società di Barack e Michelle Obama (Higher Ground), approfondisce la storia a lungo ignorata dei 110 schiavi a bordo della nave attraverso la prospettiva dei loro discendenti, molti dei quali vivono ancora nella comunità dell’Alabama nota come Africatown. Tra questi, Ahmir ‘Questlove’ Thompson (Summer of Soul), co-produttore del film.

La divisione delle acque

Una figura lontana avanza in kayak nella palude screziata dal sole. A farsi largo sulla superficie dell’acqua, tra foglie galleggianti e ronzio degli insetti, è Kamau, presidente dell’associazione nazionale Black Scuba Divers nonché archeologo subacqueo. Si sente in connessione con la natura, dice, pagaiando lentamente. In questo prologo di Descendant c’è una falsa pista, ma anche un pugno di promesse che saranno mantenute. La falsa pista è nel tono bucolico: il film di Margaret Brown, piuttosto, sarà di battaglia.

Ma è vero che le acque saranno protagoniste, a partire dall’apparizione del titolo sulla superficie dell’oceano increspato, fino al complicato ritrovamento della nave nella baia. È vero che a risuonare saranno le voci della comunità nera. È vero, soprattutto, che quella di Descendant sarà una storia di connessioni: dichiarate, disperatamente ricercate. Tra passato e presente; tra i membri della comunità e il loro territorio; tra progenitori e discendenti.

Se c’è una cosa che la cosmologia africana ci insegna, è che (…) avere una connessione col passato dei propri antenati ti tiene in connessione con il mondo, ti tiene sulla strada giusta.

Se le acque hanno diviso, diventando rotte di navi negriere, separando gli africani dalla madrepatria, sembra che ora, lasciando riaffiorare Clotilda, le acque possano riunire, rigenerare catarticamente.

Ritorno al futuro

Ecco perché Descendant non è affatto, non semplicemente, il backstage di una campagna di archeologia subacquea. È, invece, la ricerca problematica di un senso di equilibrio e giustizia nel presente: una pagina nera della Storia che deve diventare empowerment, e non solo black. Deve ispirare anche le battaglie del proprio tempo, come la protesta contro gli impianti industriali di imputati di aver fatto aumentare il tasso di malattie cancerogene. Il pathos della quête, della ricerca del relitto, destinato a diventare una reliquia per la comunità di Africatown, non è dunque negli sviluppi thrilling dell’indagine. Che pure non mancano: ci sono depistaggi, reporter investigativi, falsi documenti, affaristi senza scrupoli. Il brivido, per lo più, è nell’energia che Clotilda semina nella comunità, diventandone la radice ferita, ma ancora capace di generare. Di fronte alla fotografia della nave, ricostruita in immagine dopo il ritrovamento, una delle descendants dice:

È diventata reale anche se è solo una raffigurazione. (…) Riesco a sentire il loro dolore, sento un legame con quella gente, e mi si spezza il cuore, davvero. Provo un grande dolore per queste persone che nemmeno conoscevo. Elaborerò tutto, stanotte. Non riesco a smettere di guardarla.

Dal seme dell’odio al seme del futuro, dunque.

Le storie per i discendenti

E qui arriva il cinema. Coraggioso. Perché l’anticlimax potrebbe essere scoraggiante: la leggendaria nave viene trovata, ma il film è ancora a metà strada. Descendant, infatti, sembra nascere qui, in medias res: narrando come dalla nave affondata risalga a galla il senso di una storia collettiva. Di come la storia possa essere ricordata, musealizzata, tramandata. Se nella prima parte erano stati i passi del romanzo Barracoon, in linea con la tradizione orale africana, a far rivivere la voce dell’antenato Cudjo, adesso è chiaro come sia il cinema a ereditare la polifonia fertile di una comunità che si riscopre. Confessiamolo: ora il film della Brown si fa persino disordinato. Salta di riunione in proposta, di iniziativa in opinione. Si organizzano assemblee, si pianificano celebrazioni, si figurano statue di africani da costruire in città.

Così facendo, però, il film diventa anche magnificamente terremotante. La comunità si fa sotto gli occhi dello spettatore. Per questo Descendant non discende da documentari di ricostruzione e risarcimento storico come The Act of Killing (2012) di Joshua Oppenheimer, bensì da quelli che osservano la dialettica in tempo reale, come il recente City Hall (2020) di Frederick Wiseman, sulla comunità di Boston. Con un problema di fondo, che si condensa nella domanda di Mary Elliott. Quest’ultima, curatrice del Museo Nazionale Smithsonian di Storia e Cultura Afro-americane, chiede a una delle discendenti:

Come vorresti che fosse raccontata questa storia? Pensa a come curare la tua storia. E poi pensa alla tua comunità…

Se la prima risposta nel trovare un modo per prendersi cura di questa storia, è nell’ispirato film di Margaret Brown, alla community di spettatori non resta che dire: buona la prima.

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers

Descendant

  • Anno: 2022
  • Durata: 109'
  • Distribuzione: Netflix
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Margaret Brown
  • Data di uscita: 21-October-2022