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‘The Black Pharaoh, the Savage and the Princess’ di Michel Ocelot, la recensione

Nono lungometraggio d'animazione di Michel Ocelot, che dimostra di saper incantare e affabulare con tre storie d'amore

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The Black Pharaoh, the Savage and the Princess

Presentato alla 17º edizione della Festa del cinema di Roma, The Black Pharaoh, the Savage and the Princess è un’altra colorata e morale favola d’animazione firmata da Michel Ocelot. Un incanto per gli occhi, come ogni opera creata dall’autore francese, però meno compatta rispetto al precedente Dililì a Parigi (Dilili à Paris, 2018).

The Black Pharaoh, the Savage and the Princess, la trama

Tre storie ambientate in tre epoche e in tre mondi differenti. Ai tempi dell’Antico Egitto, un giovane re diventa il primo faraone a meritare la mano della sua amata. Nel Medioevo francese, un misterioso ragazzo selvaggio ruba ai ricchi per dare ai poveri. Nella Turchia del XVIII secolo, un principe, costretto a fuggire e inventarsi pasticcere, e una principessa ribelle fuggono per vivere il loro amore.

The Black Pharaoh, the Savage and the Princess

The Black Pharaoh, the Savage and the Princess, l’affabulazione tramite l’animazione

Giunto al nono lungometraggio, Michel Ocelot continua efficacemente sulla strada delle favole animate, mantenendo quel tratto d’animazione semplice, bidimensionale, lontano dal tripudio di effetti speciali della Disney o della Pixar, che sebbene riescano benissimo nell’intento di stupire gli spettatori, risultano in un certo qual modo fasulli.

Ocelot preferisce rifarsi ai pittori, cambiando stile di opera in opera, e recuperando, per la tipologia di rappresentazione, quella forma di racconto primordiale del cinema che sono le ombre cinesi.

Mentre per le sceneggiature, predilige attingere da leggende popolari, racconti o fiabe, portando avanti, con l’ausilio dell’animazione, l’arte dell’affabulazione. Non a caso la cornice, ambientata ai giorni nostri, mostra una “hostess” pronta a narrare a un pubblico di astanti tre storielle.

Una scelta già delineata nell’esordio con Kirikù e la strega Karabà (Kirikou et la sorcière, 1998), che si basava su leggende africane. In questo ultimo lungometraggio, invece, con tre episodi che mettono in immagini altrettante  narrazioni orali.

Sono storie d’amore, ma come ogni favola hanno anche una lezione morale, tra cui quella che funge da file rouge, di rimanere umili, anche dopo aver conquistato il successo.

Il primo episodio si rifà alla cultura egizia, e in particolare all’arte comunicativa, con il tratto dell’animazione (personaggi e ambientazioni) che ricalca la prospettiva bidimensionale dei geroglifici. Il faraone nero è una storia di conquista, di elevazione sociale, ma anche di purezza di spirito del protagonista, che si conclude con la conquista più importante: l’amore della ragazza desiderata.

L’episodio incentrato sul selvaggio, unisce in sé parte della vicenda di Biancaneve e i sette nani, e parte di Robin Hood. Certamente un potpourri di favola e leggenda, ma non è da escludere che nell’antichità esistesse un racconto orale così, poi divisosi in due racconti distinti.

Rispetto al precedente, i colori sono molto più scuri; infatti, le figure sono ombre nerissime, anche a sottolineare il periodo oscurantista del Medioevo. Anche in questo caso, la conquista si raggiunge con l’umiltà, e la vendetta è sintomo di avidità.

Infine l’ultimo episodio, che si rifà alla cultura orientale, con i colori e il tratto d’animazione arabeggianti e dorati. Una pura storia d’amore, molto debitrice a Le mille e una notte, che ha per protagonisti due giovani, bellissimi e innamoratissimi. In questo caso, la conquista è in riferimento all’amore e alla propria libertà. Mentre il finale, che chiude anche il cartoon, mette in evidenza l’importanza di rimanere se stessi.

The Black Pharaoh, the Savage and the Princess

The Black Pharaoh, the Savage and the Princess

  • Anno: 2022
  • Durata: 83 minuti
  • Genere: animazione
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Michel Ocelot

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