Festival di Roma

La Tour: bloccati in casa, circondati dal buio tagliente

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Nella sezione del Concorso Progressive della 17° Festa del Cinema di Roma, l’ostico film di genere La tour si rivela certamente una scelta coraggiosa e per nulla scontata da parte dei selezionatori.

Guillaume Nicloux, autore del film, è un regista che ama spiazzare, e anche qui non si smentisce.

Lo fa partendo dai presupposti di un evento assurdo quanto misterioso, già oggetto di parecchia letteratura e cinematografia.

Virando poi la vicenda su connotati socio-organizzativi che ben si prestano a generalizzazioni ed attualizzazioni assai pertinenti alla complessa situazione economico-politica globale dei drammatici e tesi giorni di guerra che stiamo vivendo.

Il buio si avvicina

Un alto palazzo di periferia accoglie molte famiglie di etnie differenti che si sforzano di convivere, cercando di arginare dissidi e motivi sempre in agguato per attizzare focolai di incomprensione, se non proprio intolleranza.

Una sera, improvvisamente, un bimbo chiede alla madre come mai dalla finestra non si riesce a vedere la torre che si staglia di fronte alla loro.

I due scoprono che una massa di oscurità impenetrabile ha isolato l’edificio, impedendo ai condomini di entrare in contatto col resto del mondo, sabotando ogni rete di comunicazione.

Sulla pelle di qualche sventurato, scoprono anche che il buio è tagliente come una lama inesorabile, per cui è sufficiente sporgersi appena nell’oscurità per essere amputati di netto trovando morte certa.

Nei giorni a venire, il panico lascia spazio all’organizzazione, alla metabolizzazione del fenomeno, e i condomini si predispongono ad unirsi per collaborare, razionando le risorse e cercando di trovare una soluzione che permetta loro quantomeno la pura sussistenza.

Passano i mesi, poi gli anni, ma la situazione non si chiarisce, né migliora il clima all’interno di quella gigantesca bara vivente, nella quale gli abitanti nel frattempo si sono suddivisi per bande rivali, unendo gli appartamenti alleati e creando barriere tra piani nemici, complicando oltremodo una situazione già di estrema emergenza.

La tour – la recensione

Situazioni misteriose ed insondabili che costringono abitanti di case, palazzi, o interi quartieri all’isolamento. Ne è piena la letteratura (si pensi in primo luogo a Il condominio di James G. Ballard). E non meno il cinema. Viene in mente la serie spagnola di [REC]: molto horror con zombies, e alcuni capisaldi del cinema di un maestro come John Carpenter.

La Tour ha un incipit da horror classico, di quelli in cui un evento inspiegabile finisce per condizionare il comportamento di tutti coloro che ne subiscono le conseguenze.

Quasi sempre, come avviene puntualmente anche stavolta, la circostanza è così misteriosa che risulta impossibile chiarirne le dinamiche.

Ma è pur vero che al regista e romanziere francese Guillaume Nicloux non interessa più di tanto focalizzarsi sulle cause del cataclisma che incombe improvvisamente sui condomini.

Al cineasta interessa piuttosto seguire le vicissitudini di come si evolve la situazione di emergenza, che costringe a convivere così strettamente vicine culture, etnie e stili di vita così diametralmente opposti.

Ecco allora che l’interessante e per nulla accondiscendente regista francese si concentra sulle conseguenze di questo conflitto che divide almeno in due fazioni il gruppo degli sventurati condomini.

Portando il film a livelli di durezza ed ostilità quasi insostenibili.

É proprio questo il tassello più interessante di Nicloux, da sempre regista che non si preoccupa affatto di evitare di irritare il pubblico, cercandone complicità attraverso mezze misure a scopo palliativo.

Non a caso, scorrendo la filmografia del regista, è impossibile non notare come abbia in ben due occasioni messo al centro delle sue storie un personaggio emblematico e tutto fuorché accomodante. Come appare senz’altro il grande scrittore Michel Houellebecq (i film sono Il rapimento di Michel Houellebecq – 2014, e l’esilarante ma anche in parte ostico Thalasso, con Gérard Depardieu – 2019).

E questo cupo La Tour finisce per non dar tregua allo spettatore, sfinendolo con una torva e sinistra metafora che non può non ricordarci la situazione attuale in cui viviamo, di fronte a un pianeta malato, devastato da decenni di incuria e speculazioni fuori controllo.

Mentre l’uomo colpevole, cosciente di tutto ciò, perde tempo ad alimentare ostilità belliche anziché concentrarsi a porre rimedio contro una fine annunciata e più vicina di quanto si pensi.

 

 

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