Ha conquistato il grande pubblico, What’s love got to do with it? di Shekhar Kapur, una delle pellicole inserite nella omonima sezione della Festa di Roma e attualmente disponibile on demand e in streaming su NOW TV.
Una favola a tutti gli effetti, che si interroga sul concetto di amore e intimità da un approccio non scontato: i matrimoni combinati, prassi ancora comune a molti Mediorientali, pur se radicati in Occidente.
Zoe (Lily James) è una giovane documentarista di indole estremamente indipendente. Troppo sola, per la vulcanica madre Cath (Emma Thompson). I loro vicini di casa, una vera famiglia ormai per Cath, sono pakistani. Kazim (Shazad Latif), amico d’infanzia di Zoe, è prossimo a diventare medico. Sarà lui a prendere una decisione che monopolizzerà il nuovo progetto documentaristico della giovane: Kazim ha scelto di sposarsi con un matrimonio combinato.
What’s love got to do with it. L’amore alla rovescia
Amore e intimità: su questi due concetti ruota la riflessione che abbraccia What’s love got to do with it? Zoe incarna l’estremo di una selezione (e del concetto di ‘amore Occidentale evoluto’ ) a cui non si arriva mai al dunque. Nel raccontare le favole alle sue nipotine, la giovane rivisita La Bella Addormentata, Cappuccetto Rosso, Biancaneve, La Bella e la Bestia… Riflettendo su cosa voglia esattamente dire trovare l’amore vero, svuotandolo da condizionamenti, stereotipi, che ancora oggi schiacciano una scelta consapevole, specie per la donna. Zoe, di fatto, abbraccia una ricerca della persona da amare quasi impossibile. Kazim sceglie invece di razionalizzare l’amore, partendo da un’unione pianificata sulla base della quale far nascere e crescere intimità e sentimento.
Due prospettive parallele, che incarnano due culture agli antipodi. Una condanna inevitabile per chi devia dalle regole non scritte di una tradizione (sposare un non Mulsumano, per i Mulsumani): la sorella di Kazim, innamorata di un Occidentale, subirà questo destino.
Un mondo troppo colorato e semplice
What’s love got to do with it? è un film vorticoso, galoppante. Un visivo e narrativo caleidoscopico, accecante, contenuto in un reale abbastanza sopra le righe. Tutto è dentro una bolla, specie estetica, che spazza via qualunque contatto diretto con elementi di reale disturbo, di reale conflitto. La vicenda si dipana seguendo il classico canovaccio di un prendersi poco sul serio pur ragionando su questioni estremamente importanti.
Eppure, questa favola, che naturalmente chiude un cerchio esattamente nel modo che si era aperto e con tutti i pezzi del puzzle ben incastrati in un ‘E vissero tutti felici e contenti’, riesce a toccare corde più profonde, a dare alla fine un senso a quella energia troppo colorata e buonista, che la pervade.
Purtroppo il mondo non è così bello e semplice come Shekhar Kapur ce lo rappresenta. Possiamo tenercelo stretto giusto il tempo di una visione cinematografica.