Nella sezione Special Screenings della 17° Festa del cinema di Roma, Kordon di Alice Tomassini si presenta come una rilevante testimonianza che la giovane regista italiana coglie sul confine tra Ucraina e Ungheria. Scegliendo di mettere al centro del flusso migratorio delle vittime di guerra un gruppo di donne che si muovono a loro rischio e pericolo, animate da intenti di solidarietà.
Frontier alla Festa del Cinema di Roma
Il confine oltre il quale tutto si abbandona per tentare di restare vivi
La giovane documentarista italiana Alice Tomassini segue le donne volontarie ucraine che hanno deciso di rendersi utili nel traghettare l’ingente flusso di popolazione, principalmente anziani, donne e bambini, oltre il confine ucraino.
Vogliono trovare rifugio dalla follia sanguinaria di una guerra fratricida, decisa come al solito dai piani alti, a svantaggio di chi sta alla base della piramide sociale, di ogni società e di ogni paese.
Donne indotte ad entrare in azione, e per questo alle prese con mansioni un tempo affidate agli uomini, se costoro sono al fronte a difendere una patria offesa e bombardata, circondata, ma tutt’altro che alla resa, da un esercito russo più allo sbando di quanto fosse lecito immaginare.
Donne instancabili: per organizzare l’accoglienza umanitaria oltre il confine ungherese, per assicurare i trasporti fino a poco prima curati dagli uomini ora al fronte; per salvare il salvabile, e per pensare a trarre in salvo anche amici e conoscenti che sono restii ad abbandonare le loro case bombardate, preferendo un pericolo costante all’incertezza di un futuro senza linee guida.
Seguiamo, fra le altre, le vicissitudini di una donna che sceglie di dedicarsi all’accoglienza dei profughi appena dopo la frontiera ungherese, e che spera di convincere la propria madre a compiere lei stessa quel viaggio, devastante moralmente e fisicamente, ma necessario per mettersi al sicuro.
Poi un’anziana donna racconta come è riuscita a scampare il bombardamento della propria casa, rifugiandosi in bagno assieme al marito, per poi scappare un attimo prima dell’esplosione che li avrebbe certamente uccisi.
Alcune ragazze raccontano come sono riuscite a improvvisarsi trasportatrici di generi di sussistenza, imparando a guidare i grossi furgoni fino a poco tempo prima utilizzati da autisti maschi, ora tutti in qualche modo impegnati al fronte.
Infine una donna ucraina, da tempo stanziata oltre il confine ungherese, si adopera affinché la madre e la figlia di un suo conoscente intraprendano il viaggio che le allontani dal pericolo della guerra e dei bombardamenti.
La decisione di lasciare la propria casa, il proprio mondo e gli affetti di chi ancora insiste nel restare, costituisce l’aspetto più straziante di chi parte verso un viaggio che quasi sempre pone dinanzi a sé solo incognite.
Kordon – la recensione della produzione italiana più genuina e toccante della Festa romana
Alice Tomassini riunisce una serie di testimonianze toccanti nel seguire un gruppo di donne coraggiose, e riprendendole nel lavoro che ognuna ha organizzato, o più spesso improvvisato con tenace buona volontà e lungimiranza. Oltre che senso di altruismo innato, cercando di trasformarsi in un tassello utile di una macchina di soccorso, imbastita in tutta fretta ma quanto mai indispensabile.
Soprattutto se si pensa che il flusso di migranti in fuga dalla guerra russo-ucraina ha già superato, secondo stime affidabili, i sette milioni di persone.
Ma il “kordon”, ovvero il confine, di per sé, non è niente più che una convenzione per segnare l’ inizio e la fine di una proprietà, o meglio, di una appartenenza: una linea invisibile stabilita da accordi che a volte degenerano in conflitti.
C’è da domandarsi se si trasformi in un mezzo di salvezza e di rifugio, o viceversa in un motivo per incoraggiare la sete di supremazia che, ai giorni nostri, si pensava fosse solo più un triste ricordo da prima metà del ‘900.
La giovane e tenace regista, prodotta da Vatican Media e Tenderstories, non cerca di trovare risposte teoriche, ma preferisce insediarsi in mezzo alla folla in movimento. Per documentare la straordinaria umanità dietro tragedie immani, che affliggono un popolo oppresso dall’ostilità che si trasforma in sanguinosa quanto perversa guerra fratricida.
Pur in veste di documentario, Kordon diventa un intreccio toccante di storie di vita che paiono uscite da una sceneggiatura narrativa. La tragica rappresentazione di una verità schietta e per nulla edulcorata, che si alimenta attraverso atti di altruismo e solidarietà di chi non si arrende e riesce ancora a credere nella possibilità di un mondo che rinnega ostilità e violenze.
Merito della brava e sensibile regista che ha saputo cogliere, attraverso diverse testimonianze, la schiettezza del sentimento di queste eroine della concretezza e della solidarietà, nella loro quotidiana organizzazione della complessa macchina degli aiuti umanitari ai profughi della guerra.
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