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Taxidrivers Magazine

Versipellis

Raffaele Picchio, regista di “Morituris”, analizza per Taxi Drivers “Versipellis” di Donatello Della Pepa e Luca Ruocco

Pubblicato

il

 

Anno: 2012

Durata: 23’

Genere: Horror

Nazionalità: Italia

Sceneggiatura: Donatello Della Pepa/Luca Ruocco

Regia: Donatello Della Pepa

 

In quest’occasione un recensore d’eccezione, Raffaele Picchio, regista di Morituris, analizza per Taxi Drivers Versipellis di Donatello Della Pepa e Luca Ruocco

Nella cultura latina si credeva che ad un licantropo il pelo crescesse all’interno del proprio corpo e che durante la trasformazione la pelle si “ribaltava” lacerandosi, rivelando così il mostruoso aspetto da lupo. È il motivo per cui veniva chiamato “versipellis”, l’interessante assunto da cui sono partiti Luca Ruocco (sceneggiatore) e Donatello Della Pepa (sceneggiatore e regista) per realizzare un film su questa figura mitica dell’immaginario horror, ispiratrice di classici ormai entrati nell’immaginario collettivo, ma incredibilmente sempre poco sfruttata nel nostro cinema di genere (l’ultima apparizione a memoria risale nel film di Sergio Stivaletti I tre volti del terrore).

Ecco quindi l’occasione per trasportare il tutto in una Roma notturna ben fotografata da Lorenzo Vecchio, in una sorta di thriller in cui fa da sfondo un’interessante mitologia che mescola senza paura leggende, religione, vendetta, medicina, odio fraterno e deformazioni fisiche. Ciò diventa anche l’unico limite del film perché, “purtroppo”, Versipellis è un mediometraggio di venticinque minuti. Si poteva puntare sull’aspetto prettamente “narrativo” della vicenda, comunque troppo complessa per i limiti di durata imposti, oppure spingerla tutta sull’horror puro sacrificando chiaramente parte dell’ottimo assunto di base, a favore, però, di un maggiore ritmo e divertimento, concentrandosi ovviamente sulla mattanza compiuta dal licantropo protagonista. Della Pepa e Ruocco tentano di ibridare i due piani, ma è chiaro che scelgono decisamente la seconda opzione, riversando all’interno tutta la loro passione verso questo tipo di cinema. Quindi se la bella trama risulta un po’ confusa e potenzialmente poco sfruttata, d’altra parte l’appassionato del “cinema mannaro” sarà felice di togliersi il cappello e porre omaggio alle numerosissime citazioni ottimamente inserite, che abbracciano tanto i grandi classici di Landis e Dante quanto film meno scontati e ricordati, dal mai troppo lodato In compagnia dei lupi di Neil Jordan fino al misconosciuto Romasanta di Paco Plaza, passando addirittura per l’immortale “capolavoro” di Marco Antonio Andolfi (che appare in un piccolo cameo) La croce dalle sette pietre.

La confezione generale è molto buona, ma è nel reparto degli effetti speciali che Versipellis dà il colpo di fioretto superando in modo eccellente il vero nodo cruciale del film, il licantropo e la sua trasformazione. La coraggiosissima scelta di evitare ogni artificio digitale e puntare su effetti di trucco puri risulta vincente, e davvero ottimo è il lavoro svolto da Luigi D’Andrea che, oltre a mostrare una strepitosa e dolorosa trasformazione che nulla ha da invidiare a prodotti ben più grossi e noti, riesce con poco a rendere credibile e minaccioso l’enorme licantropo che si rifà decisamente ad un cinema tipicamente anni ’80, invece che agli anonimi “colleghi moderni” di Underworld e soci.

Discreta anche la prova generale degli attori dove si riconosce Lorenzo Pedrotti (già visto nei due lavori di Stefano Bessoni Imago mortis e Krokodyle), e molto inquietante risulta Francesco Nappi, nella parte del licantropo. I venticinque minuti complessivamente volano e quando finisce hai voglia di vederne di più, segno che Versipellis, pur non essendo esente da difetti, è un importante e validissimo biglietto da visita per un futuro lungometraggio dove Della Pepa e Ruocco potranno finalmente esprimere appieno la loro ottima idea con tempi e spazi giusti, confermando le buone capacità che hanno dimostrato con questo mediometraggio. Produttori, ora la parola a voi….

Raffaele Picchio

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