‘Causeway’ con Jennifer Lawrence, i quasi amici uniti dal trauma
Nell'intenso esordio della regista Lila Neugebauer presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Progressive, a brillare è soprattutto l'interpretazione sofferta di una rinata Jennifer Lawrence (anche produttrice), per un dramma in cui l'amicizia cura il trauma. Il film è ora su Apple tv
Causewaydi Lila Neugebauer, ovvero: se la vita è una guerra armata – peggio ancora, una battaglia che senti di aver già perso – non c’è niente di meglio che trovarsi un amico come alleato. Tanto più se “amico di trauma”. Anche se Lynsey (Jennifer Lawrence) dice all’amico James (Brian Tyree Henry) che si stanno frequentando non già perché siano entrambe disperati, di fatto tutti e due hanno alle spalle degli incidenti di percorso. Lei, nel corpo degli ingegneri delle truppe in Afghanistan, è stata fatta saltare in aria da un attacco nemico al veicolo. Lui, ha perso una gamba e gli affetti in un incidente d’auto sul ponte che dà il titolo al film. S’incontrano, per un truck da riparare, quasi un trucco del destino, nell’officina di James a New Orleans. Città d’origine di entrambe: che a lei sta stretta, che a lui sembra vuota. Lei con la testa che esplode, lui con la testa spenta. Amicizia a fuoco lento, bighellonando – anche sballati – come fosse una terapia di coppia.
Alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Progressive Cinema, Causeway ha segnato per la regista Lila Neugebauer un esordio sorprendente, con una rinata Jennifer Lawrence in un bel dramma di rinascite.
Il trailer
Causewayè prodotto da A24, Excellent Cadaver, IAC Films e IPR.VC. Dal 4 Novembre su Apple TV.
Un gelido inizio
Bastano 15 secondi di camera fissa su Lynsey per capire che la Jennifer Lawrence di Causeway (qui anche produttrice) non è nel formato super-truccato del mainstream di Hollywood, quanto in quello minimal e sofferto degli esordi indie. Di film come Un gelido inverno (Winter’s Bone, 2010, di Debra Granik), per intendersi. E l’inizio di Causeway, filmicamente parlando, è letteralmente raggelato. Non solo la staticità della sequenza iniziale, con Lynsey che aspetta l’arrivo di Sharon, l’anziana signora da cui sarà ospitata e assistita nella terapia post-traumatica di ritorno dall’Afghanistan; bensì il corpo anchilosato della protagonista, che ha da sciogliersi, recuperando dalla lesione cerebrale.
Jennifer Lawrence in una scena di Winter’s Bone (2010)
Così anche il linguaggio del film: per 15 minuti, c’è il movimento sofferto e legnoso della Lawrence; intere sequenze prive di dialoghi; camere fisse; camere (di casa) in cui Lynsey consuma crisi psico-fisiche e solitudine. A New Orleans, qualcosa si scongela anche cinematograficamente. L’arrivo in città è accompagnato dalla prima transizione musicale del soundtrack, ma la vera transizione è quella esistenziale. Lynsey si riaccalora, conosce James, si scotta per il rapporto con la madre. E cerca di dimostrare al proprio medico che sta guarendo e può tornare nell’esercito. “Sto bene”: Jennifer Lawrence è una splendida bugiarda.
I feel fine
Durante la prima seduta dal medico, la camera zooma lentamente verso Lynsey\Lawrence che racconta l’incidente bellico in cui è rimasta ferita. Nella confessione, estorta un po’ di forza dal dottore, compare una delle battute preferite dello script di Causeway: “I will be fine”. Starò bene, e l’insieme delle varianti: I am fine, I am good, I feel good e via dicendo. Con tutta l’astuzia della dissociazione, il corpo e il viso della Lawrence dicono il contrario: sta male. E non solo per i fatti della guerra. Per volgere in parole quel malessere, serviranno i lunghissimi dialoghi con James, che connotano il lungo passo a due della parte centrale. Chiacchiere su una panchina, a bordo piscina, al pub. Dal dolciaio specializzato nel tipico dolce di New Orleans, la “snowball”. Come una piccola palla di neve che diventi una valanga, le mezze e amare confessioni di Lynsey e James si trasformano, con ottimo timing di scrittura, nel disagio ad alta voce. Come quando James le chiede che medicine stia prendendo, e lei:
Quelle del tipo “non spararti in testa”.
Per fortuna, l’amicizia cura anche meglio.
Mama don’t preach
Lì, in Louisiana, Causeway corre persino il rischio d’impantanarsi in tanto chiacchierare, pur di concedersi il giusto tempo per svelare passato, traumi e piccole bugie di entrambe i protagonisti. Con tutte le complicazioni amicali del caso. Ma l’esordio di Lila Neugebauer non è solo drammone. L’ironia, la battuta occasionale di Bryan Tyree Henry – anche questo è timing – alleggeriscono lo scavo interiore dei quasi-amici, e a volte creano pesino un’atmosfera rilassata da buddy movie in giro per la città. Più pesante è l’altro passo a due, quello di Lynsey con la madre (Linda Emond). L’ombra di un fratello tossicodipendente è solo un soffio a fior di labbra nell’aria familiare un po’ rancida, da ripulire anch’essa, come le piscine che Lynsey lava per lavoro di ritorno a New Orleans. Basterebbe l’avvertimento della madre alla figlia per capire che c’è del marcio:
Non diventare come zia Leslie. Non diventare come nessuno della famiglia materna. E di quella paterna.
Non tutti i rapporti si possono recuperare. Causewaynon indulge in finali consolatori, pur illuminandosi di quel potente ordigno dell’umano che si chiama “speranza”. Tra un bagno in piscina, una birra e una canna, sempre stra-parlando, c’è tutta la bellezza dell’ascoltarsi e dell’ascoltare. Per rinascere, meglio se in tandem. E vivaddio: Jennifer Lawrence, senza trucco, non è mai stata così bella.
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