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‘Dahmer’ una serie inquietante e affascinante
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1 anno agoon
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Luca BoveGrande successo e qualche strascico di polemica ha suscitato la serie crime Dahmer, basata sulla vicenda di un vero criminale e cannibale che tra gli anni Settanta e Novanta terrorizzò un intero Stato americano. La serie, composta da 10 episodi, ideata da Ryan Murphy (anche produttore) e Ian Brennan, è disponibile su Netflix.
Inquietante, Misteriosa e affascinante.
Un intrigante racconto, intervallato da continui salti temporali e repentini cambi del punto di vista, rappresenta una raccapricciante storia, realmente accaduta. Diversi registi (Carl Franklin, Clement Virgo, Jennifer Lynch, Paris Barcalay e Gregg Araki) ricostruiscono una vicenda morbosa, a tratti orrida e con uno stile cinematografico seducente.
Candidata agli Emmy 2023.
Dahmer la serie la trama
Nell’arco di quasi un ventennio, Jeffrey Dahmer ha commesso 17 omicidi e mangiato i cadaveri delle vittime. La serie cerca di dare alcune risposte ad azioni del tutto disumane, offrendo diversi punti di vista, tra cui quelli dei familiari delle vittime.
Dahmer la serie Un criminale fonte d’ispirazione
Jeffrey Dahmer, interpretato in questa serie da Evan Peters, è stato un criminale, noto come il cannibale di Milwaukee, responsabile di diciassette omicidi, commessi tra il 1978 e il 1991.
Condannato all’ergastolo nel 1992, viene ucciso qualche anno dopo da un detenuto affetto da schizofrenia.
La vita di questo inquietante criminale è oggetto di riferimenti continui, non solo al cinema, ma anche in letteratura (in Dahmer si citano diversi fumetti) e in musica. Band musicali hanno dedicato brani o interi LP a Jeffrey Dahmer, come i Macabre, un gruppo hardcore punk di Chicago.
Al cinema, invece, i crimini del cannibale di Milwaukee vengono narrati nel 2002, in un film diretto da David Jacobson, che affida il ruolo da protagonista a Jeremy Renner (Wind River). Infine, sempre sulla piattaforma Netflix, è attualmente disponibile Conversazione con un Killer, in cui Jeffrey Dahmer confessa i suoi crimini durante un’intervista.
A quanto pare, dunque, l’esistenza di questo spietato e morboso criminale è fonte inesauribile per sceneggiatori, registi, scrittori e musicisti. Il fascino verso i malvagi è sempre esistito e lo stesso protagonista della serie è attratto dal male. È direttamente lui a dichiararlo a un prete, durante la sua carcerazione, quando avverte il bisogno di convertirsi.
Una marionetta satanica nella serie Dahmer
Quello di Jeffrey, però, non equivale a un semplice pentimento, una presa di coscienza per il male che ha commesso. Il personaggio, interpretato da Evan Peters (Pose), dal principio è consapevole della crudeltà delle sue azioni. Jeffrey è vittima di una passione irrefrenabile. Il luccichio delle viscere umane provoca in lui un’attrazione fatale e incontrollabile.
Il protagonista di Dahmer appare come una marionetta, manovrata da un burattinaio satanico e crudele. Malgrado i raccapriccianti delitti, l’uomo appare quasi sempre non partecipe, estraneo al male che commette.
Il cortocircuito che avviene in questo personaggio emerge per merito dell’eccezionale interpretazione di Evan Peters. Il suo stile recitativo imbocca la strada dell’alienazione. Lo spettatore è inizialmente disorientato, non è in grado di scegliere tra l’indulgenza e la condanna. Solo in un secondo momento, quando viene narrato il trascorso di Jeffrey, è possibile comprendere la complessa natura della vicenda e del suo protagonista.
“Merito di morire per quello che ho fatto”.
Il tanfo della morte
È quanto afferma il cannibale, appena arrestato, dopo aver provato ad assassinare l’ultima vittima prescelta. A questo punto del racconto, però, i suoi crimini non sono ancora stati mostrati, ma non mancano certo gli indizi per immaginarli. Jeffrey Dahmer appare subito equivoco, intento a scolarsi una birra dietro l’altra. Il suo sguardo è perso nel vuoto, chiuso nelle quattro mura del suo appartamento, dove regna il tanfo della carne umana putrefatta.
La regia di questo primo episodio, firmata da Carl Franklin (Out of Time) e la fotografia giallognola di Jason McCormick, sono talmente efficaci che lo spettatore ha la sensazione di respirare quella stessa aria viziata e non può che provare disgusto. Lo stesso disgusto che si prova notando quella vistosa macchia di sangue in bella vista su un sudicio materasso.
In questo primo episodio, viene presentata anche Glenda (Niecy Nash), la vicina di casa di Jeffrey, un personaggio fondamentale per l’intera serie. Ma ora l’attenzione è posta tutta sul criminale.
L’esplorazione del cervello perverso di Jeffrey Dahmer
Inizia un viaggio a ritroso, che ci porta al 1966, quando il protagonista è un innocuo bambino che salva sua madre da un tentato suicidio. Senza dubbio Jeffrey è un bambino alquanto strano che invece di regalare alla sua maestra la tipica mela, decide di farle dono di un barattolo contenente dei girini. Il piccolo è costretto ad assistere di continuo alle litigate dei genitori e questo lo rende ancora più asociale. Ma poi scopre la scienza e in lui nasce la passione nel vivisezionare carcasse di animali. L’unica cosa che lo entusiasma veramente.
Dalla metà del primo episodio, Dahmer procede con continui salti temporali. Una serie di flashback e flashforward dilatano la vicenda che si districa, con diversi punti di vista, diventando un’esplorazione nel cervello perverso del protagonista.
La regia di Jennifer Lynch
Quattro dei dieci episodi di Dahmer sono diretti da Jennifer Lynch (Chained), figlia di David. Il primo episodio, diretto dalla figlia del maestro dell’orrido, è uno dei centrali di questa complessa vicenda.
Dopo aver ucciso un autostoppista, caduto sotto le grinfie di Jeffrey quasi per caso, il criminale riesce a non commettere delitti per nove lunghi anni.
Non sono certo anni sereni per Jeffrey. Abbandonato sia dalla madre che dal padre, cerca conforto nell’alcol. Dopo un’esperienza fallimentare al college, si arruola nell’esercito. Sotto le armi sembra aver trovato un suo equilibrio, ma è solo un’illusione. Infatti, droga i suoi commilitoni e viene congedato. Per lui, a questo punto, non c’è altro che la possibilità di trovarsi un lavoro e vivere con sua nonna, una fervente credente.
“Tuo padre ti ha abbandonato, ma c’è un altro Padre che non ti abbandonerà mai, il Padre celeste”.
La scatola dei ricordi
L’episodio diretto da Jennifer Lynch si intitola La scatola del bravo ragazzo. È un riferimento a un cofanetto di legno conservato dalla nonna, che contiene i ricordi di suo figlio Lionel, padre Jeffrey.
I premi e le coccarde ottenute dal padre e mostrate con tanto orgoglio dalla nonna fanno sentire Jeffrey un fallito e ciò lo rende ancora vittima della sua pulsione e commette l’ennesimo delitto.
L’episodio termina con il criminale che bacia la testa mozzata della sua ultima vittima e la depone nella scatola che conteneva i ricordi di gioventù del padre. Un tocco questo che richiama il gusto riconducibile a David Lynch che mescola con disinvoltura, il torbido alla normalità.
Cassandra
Un altro episodio diretto da Jennifer Lynch è intitolato Cassandra. L’allusione alla Dea con facoltà di preveggenza è dato da Glenda, personaggio chiave della serie.
Interpretata da Niecy Nash (Il sommelier), Glenda denuncia ripetutamente Jeffrey alla polizia, e non viene mai creduta.
Questo episodio, di primaria importanza, ha la facoltà di estendere la narrazione nella dimensione pubblica. L’esplorazione nel cervello perverso del protagonista è giunta al termine, ora tocca considerare le conseguenze di natura sociale nate dai delitti del criminale.
Il successo e le polemiche della serie Dahmer
Dahmer in poche settimane ha ottenuto numeri da record e il successo pare abbia convinto i produttori a realizzare una seconda stagione. Ma come spesso succede, quando si rappresenta il male, la serie ha suscitato non poche polemiche da parte delle famiglie delle vittime e della comunità LGTBQ.
Per i familiari delle vittime, a cui va la massima solidarietà, deve essere stato senza dubbio straziante rivivere momenti tragici. Ma è giusto sottolineare che Dahmer non è certo un’agiografia di un criminale. Jeffrey Dahmer viene rappresentato come un individuo incapace di amare, ma anch’egli vittima di se stesso.
Dahmer, oltre a raccontare questa raccapricciante vicenda, testimonia anche lo scontro razziale, sociale e politico della società americana tra gli anni ‘70 e ‘90.
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DAHMER – Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer | Trailer ufficiale 1 | Netflix – YouTube