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Sofia Scandurra: una regista ‘femminista’ nata sul campo

Le interviste agli uomini che hanno fatto grande il cinema italiano. Rubrica a cura di Giovanni Berardi

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Giovanni Berardi e Sofia Scandurra

Sofia Scandurra, regista di Io sono mia, 1977. In realtà il film, tratto dal romanzo Donna in guerra di Dacia Maraini, anche se nato con intenti  certamente più convenzionali, voleva esaurire, in un periodo storico determinato, il 1977, una peculiarità: un collettivo di sole donne per colmare tutti i settori, artistici, tecnici, amministrativi, finanziari del film.

Dice Sofia Scandurra: ”Già, ed in questo senso si era presentata subito una difficoltà, reperire sul mercato italiano un direttore della fotografia donna. La battagliera produttrice Lu Leone, si era davvero prodigata tanto per riuscire a realizzare il film, non si diede per vinta. Noi tutti sapevamo benissimo che nel panorama europeo  la figura professionale donna del direttore della fotografia aveva una sua solida realtà”.

Infatti dalla Francia fu disponibile e scelta  Nurith Aviv, l’operatrice che fino a quel momento aveva illuminato prepotentemente le scene di tanti film di Agnes Varda.

Dice Sofia Scandurra: “In realtà, a pensarci bene, il film non è mai stato avulso dal, non diciamo potere maschile, bensì dalla figura maschile, perché il produttore, che in qualche maniera seguiva e copriva la Leone, era Silvio Clementelli, anche se aveva, come pretesto s’intende, utilizzato il nome della moglie Ammamaria”.

Dicevamo che il film  Io sono mia, interpretato da Stefania Sandrelli, Michele Placido, Maria Schneider, pur nell’ambito di un discorso fortemente politicizzato e di natura fortemente femminista, adattissimo al periodo, era nato in realtà, nel cuore della regista, con intenti più normali. Spiega Sofia Scandurra: “Certo la priorità in quel senso aveva radici soprattutto in famiglia. Pensa che Donna in guerra è stato il primo regalo autonomo ricevuto da una delle mie tre figlie, una bambina di soli nove anni che lo aveva comperato con i suoi soli risparmi. Il libro poi l’ho trovato assolutamente fantastico, bellissimo da farci un film. Subito quindi lo avevo fortemente ipotizzato nelle immagini, poi il tema centrale del romanzo, il discorso sulla condizione della donna in una cultura ancora fortemente maschilista era sensibilmente diffuso nel dibattito di quegli anni”.  Questi due percorsi, in qualche maniera, scolpirono nella Scandurra una forte emozione ed il film iniziò il suo iter produttivo, sempre decisamente difficile.

Dice Sofia Scandurra: “Il nostro potenziale, ancora di solo donne, non copriva affatto le esigenze della banca, che doveva cambiarci le cambiali anticipate dal noleggio. I nome degli attori, la Sandrelli, Placido e la Schneider, avevano convinto il noleggio, ma la banca cercava consistenze più solide dalla produzione. A questo punto subentrarono Clementelli e la moglie Annamaria e Goffredo Lombardo della Titanus alla distribuzione”. La carriera nel cinema per Sofia Scandurra inizia da giovanissima, sui set di maestri quali Luigi Zampa, Mario Camerini, Nino Manfredi, Damiano Damiani, Antonio Leonviola. Con Luigi Zampa soprattutto ha modo di esprimersi e di forgiarsi nella professione in maniera certamente compiuta e stimata. Ricorda Sofia Scandurra: “La cosa buffa è che Zampa non voleva assolutamente nelle sue troupe aiuti regista donne, ne aveva proprio un profondo timore. Ed io con lui, in definitiva, ci ho fatto ben sette film da aiuto fissa. Ero subentrata al suo aiuto regista storico che era Paolo Bianchini, che nel frattempo aveva debuttato nella regia di acclamati film di genere. Per i primi tempi, sul set, Zampa insisteva nel chiamarmi Paolo, poi ridendo si giustificava ricordando che lui, fino a quel momento, era stato abituato così. Dopo, per buttarla ancora più sul divertito, tutta la troupe cominciò a chiamarmi rigorosamente Paolo”. Con Zampa la Scandurra gira film quali Il medico della mutua (1968), memorabile pellicola con Alberto Sordi,  Contestazione generale (1970), dove il trio di attori protagonisti, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Alberto Sordi resteranno, non è difficile da immaginare, per la Scandurra esempi assoluti di maestria e  Bisturi, la mafia bianca (1972). Soprattutto è Nino Manfredi il grande attore che avrà modo di apprezzare fino in fondo Sofia Scandurra. Sarà lei infatti il suo primo aiuto regista nel film Per grazia ricevuta (1971), che Manfredi, proprio mentre lavorava a Contestazione generale, andava a definire e a strutturare produttivamente. Ma è nel 1962, con il regista Antonio Leonviola, uno dei registi specializzati per di più nel cinema mitologico, che Sofia Scandurra avrà modo di debuttare come sceneggiatore in opere quali  Le gladiatrici  e Taur, re della forza bruta, esempi di film molto popolari, che la critica dell’epoca cominciava a chiamare film dei “sandaloni” o “i peplum”, per via dei classici vestiti di scena.

Dice Sofia Scandurra; “Devo dire che è proprio con questi sandaloni che ancora oggi percepisco i migliori rimborsi Siae. Evidentemente sono film che il pubblico non ha mai dimenticato, e che continua a seguire costantemente, nonostante le fattezze tecniche, ed a volte anche artistiche, di questi film non fossero quasi mai di qualità eccelsa. C’è un film soprattutto, Ercole l’invincibile, diretto da Al World (dietro questo nome si celava un geniale direttore della fotografia come Alvaro Mancori), che ancora oggi mi sta dando grosse soddisfazioni insieme a ricordi memorabili e fantastici”.

Dopo è il regista Damiano Damiani che coinvolge Sofia Scandurra nella sceneggiatura del film La moglie più bella (1970), diretto dallo stesso Damiani. È il film che segnerà il debutto di una giovanissima attrice, Ornella Muti, destinata a diventare, da lì a poco, molto popolare. Sarà Ornella Muti, tutto sommato, una delle vere ultime dive del cinema italiano. Nel frattempo Sofia Scandurra continua, interessata, appassionata e divertita, il suo lavoro di aiuto regista: sarà al fianco di Mario Camerini per girare Don Camillo e i giovani d’oggi (1972), con Gastone Moschin nelle vesti del mitico prete e con Lionel Stander in quelli dell’altrettanto mitico Peppone. Poi Sofia sarà con Dario Argento per coordinare le riprese del film Le cinque giornate, la pellicola più lontana dal clichè abituale del regista, interpretato tra l’altro da un insolito Adriano Celentano. Sarà durante la lavorazione di questo film che Celentano farà la promessa a Sofia (per poi mantenerla) di sceglierla come suo primo aiuto nel film che stava, tra una ripresa con Argento e l’altra, preparando insieme allo scrittore Alberto Silvestri: Yuppy Du (1975).

Al cinema Sofia Scandurra si è avvicinata trainata solo dalla profonda passione. Nonostante abbia al suo attivo di regista solo un film, appunto  Io  sono mia, Sofia Scandurra è un pozzo di nozioni, di informazioni e di conoscenze sul mezzo cinematografico. D’altro canto ha insegnato al Centro Sperimentale di Cinematografia, ed oggi è la coordinatrice didattica della Libera Università del Cinema, in quel di San Cesareo di Roma, da lei fondata nel 1983 insieme a  generazioni storiche del cinema come Cesare Zavattini, Alessandro Blasetti, Antonio Leonviola, Alberto Lattuada, Turi Vasile, Leo Benvenuti, Callisto Cosulich.

Dice Sofia Scandurra: “Sono molto orgogliosa di questo progetto della scuola, che va avanti ormai da quasi venticinque anni. La nostra è una tipica bottega di lavoro dove il cinema si insegna proprio facendolo. Gli alunni apprendono nozioni su tutti i campi della cinematografia, dalla sceneggiatura al montaggio, dalla scenografa alla direzione delle luci, dalla fotografia alla recitazione ed alla regia. Ci teniamo bassi in fatto di numeri di presenze, l’anno in cui abbiamo esagerato, pensa, avevamo al massimo dodici alunni”. E in questa scuola, oggi possiamo definirli proprio come fiori all’occhiello, si sono formati il regista Emanuele Crialese autore di Respiro (2002), premiato a Cannes, Nuovomondo (2006), vincitore di molti premi quali il Leone d’argento a Venezia ed il David di Donatello a Roma, Terraferma (2011), escluso proprio di recente dalla nomination all’Oscar hollywoodiano come migliore film straniero -, Enrico Caria, oggi sugli schermi con L’era legale, e l’attrice Anna Galiena.

Ma come mai Sofia Scandurra non è andata, come regista, oltre il suo primo film Io sono mia? Eppure un nuovo copione era già stato definito, finanche approvato dal produttore Silvio Clementelli, che si era impegnato anche con parecchio entusiasmo a produrlo. Dice Sofia Scandurra: “Il copione c’era, si chiamava Professione: madre, e Clementelli era davvero contento dell’idea. Ma, improvvisamente, come spessissimo accade in questo mondo del cinema, decide di non farlo più. Il copione secondo Clementelli era un progetto contro la famiglia, e lui diceva di amare tantissimo la classica famiglia italiana, anzi di adorarla. Io gli spiego che non è così, il copione parla solo di una famiglia diversa. Ma niente da fare, Clementelli ha deciso. A questo punto avrei dovuto riprendere il copione e portarlo ad un altro produttore. Non l’ho fatto, sono solo scoppiata a piangere. Comunque quel progetto cinematografico  è poi diventato un romanzo, Complesso di famiglia, edito dalla Bompiani editore”. Però anni dopo, come ci ha ricordato la Scandurra, è venuta fuori la vera motivazione dell’improvviso rifiuto del produttore. In quei giorni Clementelli aveva ricevuto un nuovo progetto, Piso Pisello (1981),  a firma di Peter Del Monte, la storia di un tredicenne che diventa padre.  Dice Sofia Scandurra: “Evidentemente ha solo preferito il copione di Del Monte al mio”. Ma Sofia Scandurra, nella sua lunga carriera culturale, ha fatto sempre diverse cose, come il teatro ad esempio, ed ha poi pubblicato tantissimi romanzi e racconti, all’inizio firmati con il nome di Lazzarina, perchè il suo vero cognome non piaceva agli editori. Poi ha fatto televisione, firmando inchieste dalle tematiche forti, come, tra le altre, Prigionieri di coscienza, L’incesto, La prostituzione. Dice Sofia Scandurra: “Non ho né rimorsi, né rimpianti, in questo senso ho solo spostato gli interessi culturali da un campo all’altro, portando sempre come base la mia esperienza”. Ma Sofia Scandurra ci ha spiegato anche una sua debolezza, quella di non sapere reggere le lunghe attese. Dice: “Questo mi comporta la perdita dell’interesse proprio verso le storie, non le riesco più a ritrovare nell’attualità del mio pensiero. Ed il cinema è principalmente fatto di lunghe attese, tra la perfezione soggettiva di un copione nei vari tempi artistici-tecnici ed il varo vero e proprio del film, ancora più disteso nei mesi per i più svariati motivi industriali”.

Sofia Scandurra ricorda che anni fa aveva un copione perfetto per Marcello Mastroianni, lui lo aveva anche letto e apprezzato in toto, lo voleva proprio fare, ma Mastroianni in quegli anni aveva in corso tanti contratti precedenti da rispettare. Si trattava proprio di aspettare Mastroianni per tre-quattro anni. Ma anche in quel caso là la Scandurra non ce l’ha fatta. Con molto rammarico e con molta onestà oggi Sofia ammette di avere sbagliato, perchè di fronte a Marcello Mastroianni avrebbe dovuto proprio aspettare. E questo lato del suo carattere è anche un motivo di lezione alla Libera Università del Cinema: la forza caratteriale dell’autore va sposata sicuramente con le esigenze del cinema e dei suoi tempi. Anche questo va assolutamente capito ed imparato.

Giovanni Berardi 

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