Perchè ‘Tiziano. L’impero del colore’ è un’imperdibile narrazione artistica, umana, imprenditoriale?
Ve lo spiegherete da soli andando in anteprima esclusiva al cinema dal 3 al 5 ottobre, capendo vita, perdite, dolori di un genio e poi riflettendoci sopra.
Il film è anche una storia altamente imprenditoriale di un giovane venuto da un paesino di montagna in grado di conquistare a 9 anni il mondo con la sua eleganza e con la capacità unica di tradurre bellezza.
Percorrendo il viaggio attraverso i capolavori e la vita del Maestro del 500: Tiziano Vecellio (1488/1490–1576) si capisce come in pochi anni egli divenga pittore ufficiale della Serenissima, imprenditore di sé stesso, sommo artista, ricercato dalle più ricche e famose corti d’Europa.
Il tutto a scapito del destino e di gravi lutti: moglie, figlia, fratello, manager e amico.
Vedere sul grande schermo il famoso ‘Rosso Tiziano’ che pervade le opere del pittore che incarnò l’animo di Venezia con la sua pennellata inconfondibile, l’uso unico del colore, l’abilità di carpire le personalità dei protagonisti fin nella minima sfumatura psicologica, trasferita nelle sue opere, è un’esperienza sinestèsica. E non va persa.
Sia esso nelle maniche del Ritratto al Giovane Filippo II, in quella dell‘Amor sacro e Amor profano o sia accennato appena nei rossetti delle sue Bionde che incarnano Cecilia, moglie e amata. O sia nel rosso del materasso della Venere di Urbino o ancora nelle vesti della poetica Madonna del coniglio, dove Tiziano si ritrae appartato quasi prevedendo le tragedie che di li a poco lo colpiranno. Pochi anni dopo infatti rimane vedovo. Il tocco del rosso fa la differenza tra lui e tutti gli altri. Sono sfumature su cui si costruisce e si dipana la vita. Per chi sa coglierle.
Non a caso egli divenne pittore di corte, a contatto con Grandi e Potenti, esondando eleganza in tutta Europa, pur rimanendo sempre nel cuore un semplice uomo di montagna.
La trama di ‘Tiziano. L’impero del colore’
Si ripercorre quasi un secolo di vita di quel ragazzino che scende a 10 anni dalle montagne del Dogado, una delle aree amministrative di Venezia, per recarsi a bottega da Giorgione. Poi ricordato come il più eccellente di quanti hanno dipinto.
All’aprirsi del 1500, in una città coperta d’oro, Tiziano diviene straordinario artista e geniale imprenditore di se stesso, innovativo nella composizione di un’opera quanto nel saperla vendere. In pochi anni pittore ufficiale della Serenissima, sommo artista ricercato dalle più ricche e famose corti d’Europa: da Ferrara a Urbino, da Mantova a Roma fino alla Spagna di Carlo V e di suo figlio Filippo II.
L’artista attraversa il secolo illuminandolo con i suoi dipinti e ispirando artisti di tutte le epoche successive. Perfetto interprete della religione e della mitologia e ritrattista di immediata potenza espressiva, domina il suo tempo oscurando i contemporanei, sempre tenendo fede al suo motto: l’arte è più potente della natura.
Capire la Venezia del ‘500: una New York italiana
All’aprirsi del 1500, Venezia è una città coperta d’oro, all’apice dello splendore. Cosmopolita, abitata da molti stranieri: albanesi, greci, armeni, mussulmani è paragonabile a New York, contaminata da influssi di tutto il mondo. Nel Cinquecento nella laguna operavano artisti come Giorgione, Carpaccio, Lorenzo Lotto e Giovanni Bellini. Viene più volte minacciata dall’oscurità della peste, salvandosi per la sua eccezionale concentrazione di bellezza, di potere, per quell’animo libero che il rivoluzionario Tiziano incarna a perfezione tramite il colore.
Le origini di Tiziano
Quella di Tiziano Vecellio è una vocazione a cui è impossibile rinunciare. Persino quando una strada più facile sembra aprirsi scontata dato che proviene da una famiglia di notai di Pieve di Cadore. Né la prospettiva di una vita agiata, né l’amore per le Dolomiti riescono a spegnere il fuoco per l’arte che lo spinge sino a Venezia per cominciare, già giovanissimo, l’apprendistato come pittore. La ‘Serenissima’, per tutta la sua esistenza, rimarrà la base operativa da cui spostarsi per conquistare e creare un vero e proprio “impero del colore”.
Unica pecca nel film ‘Tiziano. L’impero del colore’
A prima vista potrebbe sembrare un azzardo culturale paragonare un milionario artista americano pop e contemporaneo con un genio italiano sofisticato ed esclusivo del ‘500. Si perché Tiziano. L’impero del colore vede la partecipazione straordinaria di Jeff Koons a cui viene paragonato. Di sicuro non per la potenza, eleganza, bellezza delle opere, ma per la capacità di creare bottega con un seguito internazionale e richieste per entrambi, delle loro opere, dai più potenti della terra.
Come siamo caduti in basso. In cinque secoli si potrebbe pensare che l’appiattimento visivo abbia toccato il fondo. In effetti lo sbatterci in faccia i capolavori indiscussi di Vecellio, icone e cromie della storia dell’arte, contribuisce a rinfacciarlo mettendo il dito nella piaga del contemporaneo.
Il documentario ha una grande espressività e valenza visiva con forte eleganza e re enactment di attrici similissime alle protagoniste, amate e predilette da Tiziano, donne stupende da lui scelte e immortalate per sempre.
Quello che non si spiega al di là degli storici dell’arte ed esperti intervistati, sono la presenza di Brunello Coccinelli e di Jeff Koons per la distanza in sensibilità che stranamente qui li avvicina al veneziano noto in tutto il mondo.
Il poster di ‘Tiziano. L’impero del colore’
L’amor sacro e Amor profano alla Galleria Borghese
Poco più che ventenne Tiziano, con Amor Sacro e Amor profano, commissionata nel 1514 in occasione del matrimonio dal cancelliere veneziano Niccolò Aurelio come dono di nozze per l’amata, la vedova padovana Laura Bagarotto. Gli stemmi delle famiglie compaiono sul sarcofago restituisce un’attenzione particolare all’universo femminile.
Amor sacro e amor profano è un dipinto assurge molte ipotesi. Si pensa che rappresenti l’allegoria di due amori: quello terreno e passionale impersonato dalla donna nuda, e quello celeste raffigurato dalla donna vestita.
Le donne sono sedute su una fontana, che in realtà è un sarcofago pieno d’acqua, dove un amorino immerge un braccio e che potrebbe rappresentare la mediazione di Amore tra le due donne, che sono due possibili tipi di amore.
In realtà la lettura di quest’opera è complessa e ricca di simboli. Due paesaggi sullo sfondo, completamente diversi. Da un lato uno cupo e l’altro più luminoso. La coppia di conigli a destra è simbolo di fertilità e certamente l’augurio per una prole numerosa. Invece le immagini di sofferenza e punizione del sarcofago fanno pensare ad una vicenda del passato che gli sposi hanno in comune.
Laura, infatti, figlia di un giurista padovano, visse la condanna a morte del padre nel 1509 come traditore dalla Repubblica di Venezia, mentre il suo futuro sposo era membro del più importante organo di governo della città: Il Consiglio dei Dieci.
La donna vestita sarebbe quindi Laura, la sposa, mentre Amore sarebbe la mediazione necessaria per conciliare le due famiglie e permettere questo matrimonio anche con l’aiuto di Venere. Il mistero che avvolge l’opera la rende ancora più suggestiva e affascinante.
La commissione che lo rese famoso per il Consiglio dei Dieci
Tiziano in un attimo conquista il mercato dei nobili privati veneziani. Ambisce però a diventare pittore della Serenissima, come richiede esplicitamente al Consiglio dei Dieci. Così realizzerà La battaglia di Cadore destinata alla Sala del Consiglio di Palazzo Ducale, conclusasi in 25 anni. È una delle rare scene di battaglia del pittore, poi sparita per un incendio.
L’opera rende evidente il modus operandi di Tiziano, che si avvale di un vero e proprio team di collaboratori, non di allievi. Li usa solo per riuscire a terminare i numerosi ingaggi accettati, sede dalla sua pennellata unica, garanzia del suo “brand” inconfondibile.
Le opere e le disgrazie: un legame
Nel 1516 l’Assunzione di Maria per la chiesa di Santa Maria dei Frari consacra il successo del Vecellio anche in ambito religioso. La pala di 7 metri di altezza è una vera esplosione di luce, colori, movimento, che rapisce lo sguardo dello spettatore ridefinendo lo spazio architettonico.
Le mire di Tiziano escono dalla Venezia. Sua moglie e modella Cecilia diviene musa delle sue opere. Come lui originaria delle sue montagne. Egli vuole ingraziarsi le corti italiane, e grazie all’intimismo del Cristo della Moneta realizzato per Alfonso I di Ferrara, riceve dal suo nuovo committente il primo ciclo mitologico destinato a decorare il camerino di alabastro.
Di grande impatto, l’opera rende ancor più noto il pittore, che negli ultimi anni del secondo decennio e nei primi del terzo realizza i suoi lavori più rivoluzionari; sono anche gli anni dell’amicizia con Pietro Aretino, rockstar del Rinascimento, che diventerà suo manager, reso eterno nel famoso Ritratto di Pietro Aretino.
I ritratti di Tiziano, con cui conquisterà i futuri committenti, mostrano la sua capacità di comprendere le personalità che ha davanti, di esaltarle per il loro prestigio, le loro doti, il loro potere, tanto da diventare un simbolo del loro status. Tiziano giunge alla volta di Mantova, dove compiace con un ritratto un’Isabella d’Este non più giovanissima, tocca le varie corti italiane, riuscendo a restituire il carisma del soggetto raffigurato persino nei ritratti postumi, come avviene nel Ritratto del doge Andrea Gritti, scomparso a Venezia.
Il 1530: annus horribilis
Il 1530 è un anno significativo per Tiziano, che lascia la moglie incinta a Venezia per seguire, a Bologna, l’incoronazione di Carlo V come imperatore da parte di papa Clemente VII: l’imperatore non ha un grande interesse per la pittura, ma ne comprende il valore e il potere.
In quell’anno Cecilia muore mentre sta dando alla luce la terzogenita, Lavinia, poi assistita dalla sorella Orsola. Tiziano si rifugia nel dolore e nella cura della piccola, si trasferisce nel Sestriere di Cannaregio, e nella Presentazione di Maria al Tempio realizzata per la Scuola Grande della Carità esalta sublimemente la purezza della Vergine, che somiglia alla sua Lavinia, e i committenti, i confratelli, continuando a brillare per la sua abilità pittorica.
Sono anche gli anni di uno dei dipinti più iconici di Tiziano, la Venere di Urbino (1538), realizzata per il duca di Urbino come dono di nozze alla sua sposa. Il pittore fonde mito e realtà portando la divinità in un interno cinquecentesco, donando eternità alla futura coniuge, esaltando la dignità non solo della figura mitologica, ma anche della donna.
Tiziano, sempre più ambizioso, nel 1545 raggiunge Roma dove lavora per i Farnese, e per papa Paolo III realizza uno dei più celebrati ritratti di potere, il Ritratto di Paolo III con i nipoti Ottavio e Alessandro.
Cinque anni dopo il pittore, quasi sessantenne, viene chiamato ad Augusta dall’Imperatore Carlo V, per cui realizza il primo, famosissimo, ritratto equestre della pittura occidentale moderna. Per l’imperatore e per il figlio Filippo II re di Spagna, Tiziano realizza il suo secondo ciclo mitologico, le “Poesie”, dove la pittura si fa più ruvida, i contorni si vaporizzano, emergono stati d’animo estremi e composizioni nuove.
Tiziano anziano e Tintoretto
A Venezia ormai il protagonista della pittura è Jacopo Tintoretto, ma Tiziano rimane all’apice del successo a livello internazionale, pur con toni più crepuscolari per via dei recenti lutti (la figlia Lavinia, l’Aretino, Carlo V, il fratello Francesco con cui era imprenditore nel commercio di legname), e riesce a rendere palpabile anche il corpo di San Lorenzo, protagonista di un’iconografia insolita nel Martirio realizzato per la Chiesa di Santa Maria Assunta dei Gesuiti a Venezia (1558). Le immagini di Tiziano si diffondono nel mondo, e per istituire una sorta di copyright il pittore autorizza solo il grafico Cornelis Cort a copiare alcune sue opere in maniera quasi, ma non del tutto, fedele.
Come mostra l’Autoritratto del pittore conservato a Madrid, Tiziano si vede ormai come un anziano profeta, mostrando la propria fragilità e irrequietezza: i colori del pittore si incupiscono ulteriormente.
Ritorna la peste a Venezia nel 1575 che dopo poco lo stroncherà. Gli muore il figlio Orazio, come è evidente nella sua ultima opera, testamento umano e religioso del pittore, la Pietà, inizialmente destinata per la sua tomba nella cappella dei Frari.
Per tre secoli la tomba di Tiziano sarà decorata solo da una lapide, mentre la sua pittura influenzerà i maggiori artisti delle epoche successive e continua tuttora a dialogare con i contemporanei come Jeff Koons.
I contributi nel film
In ‘Tiziano. L’impero del colore’ esperti, critici, studiosi e artisti internazionali raccontano la vita e lo stile dell’artista, il temperamento, le sue ambizioni, la sua capacità di illuminare la via dell’arte. Appaiono quindi i contributi di Amina Gaia Abdelouahab (storica dell’arte), Bernard Aikema (Università di Verona), Brunello Cucinelli (stilista e imprenditore), Francesca Del Torre (Fondazione Cini) e Miguel Falomir Faus (Museo Nacional del Prado). E, ancora, Sylvia Ferino Pagden, Jeff Koons, Patrizia Piscitello, Tiziana Plebani e Giorgio Tagliaferro.Il docufilm, diretto da Laura Chiassone e Giulio Boato, tratta anche dell’aspetto privato di Tiziano, come quello per l’amatissima figlia Lavinia e i suoi rapporti con le personalità più importanti del suo tempo.
Note dei registi. Due parole di Giulio Boato
“Tiziano è il maestro del colore. Non solo. Lontano dal mito dell’artista romantico, del genio solitario, Tiziano aveva creato una factory ante litteram, coinvolgendo allievi, parenti e collaboratori. È paragonabile a un Jeff Koons del Rinascimento. In questo film ripercorriamo la vita e la vastissima produzione artistica di Tiziano, concentrandoci su una cinquantina di lavori. Dalle grandi composizioni religiose alle scene mitologiche, per arrivare ai ritratti e alle Veneri.
Sfiorando la superficie della tela, la telecamera rende percepibile la materia pittorica e lo spessore delle pennellate. Le opere sono riprese nel loro contesto attuale, nelle chiese e nei musei più importanti d’Europa. Così si fruisce meglio il rapporto tra i quadri e lo spazio.
Anche la composizione e l’illuminazione delle interviste si rifà all’atmosfera pittorica, echeggiando il famoso “ritratto psicologico” di Tiziano. E infine c’è Venezia, altra protagonista del film al fianco di Tiziano: dalla grandiosa Piazza San Marco ai canali tortuosi tra le isole; suggestivi movimenti ascensionali restituiscono la magnificenza della città d’acqua, che ha tanto influenzato i colori del pittore”.
L’idea di Laura Chiossone
“Tiziano è il pittore che ha conquistato l‘Europa intera. Un uomo che ha saputo dare corpo e carne alla bellezza. Attraverso la sua arte e il suo sguardo così impavido ha visto il successo, le corti, la fama e il denaro. È questo il tema che ho individuato per lo sviluppo drammaturgico del film. Dai boschi del Cadore, Tiziano arriva nella nobile Venezia. Conquista tutto quello che un pittore ambizioso può desiderare. La nobiltà veneziana, lo stato veneziano, il clero, Roma, le corti italiane, le corti europee.
La ‘missione’ e la determinazione di Tiziano emerge con le dichiarazioni degli intervistati. Il voice over dal tono epico e l’uso dei re-enactment, vede il potere dei protagonisti dei suoi ritratti, che spiccano su un fondo nero. Re-enactment di Tiziano da bambino nei boschi. Egli gioca con degli elementi che gli sporcano le mani: fragoline di bosco, more. Ciò è servito a rendere più emozionale e coraggiosa l’avventura del pittore.
Momenti di contatto intimo con la natura, suggestivi, romantici ritornano più volte all’interno del film.
Ad esempio quando muore la moglie e osserva le montagne o quando guarda al suo passato nei momenti difficili della vita. Una regia condivisa con Giulio Boato – che ha seguito la parte documentaristica. Io ho curato le rappresentazioni del suo immaginario e della sua storia, in una messinscena astratta che penso restituisca parte dell’essenza emozionale della sua opera.
La produzione di ‘Tiziano. L’impero del colore’
Il film è prodotto da Sky, Kublai Film, Zetagroup, Gebrueder Beetz e Arte ZDF. La regia è di Laura Chiossone e Giulio Boato. Il soggetto di Lucia Toso e Marco Panichella con la supervisione di Donato Dallavalle. La Grande Arte al Cinema è un progetto originale ed esclusivo per l’Italia di Nexo Digital.
Media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it e in collaborazione con Abbonamento Musei.
La musica epica di ‘Tiziano. L’impero del colore’
La colonna sonora originale di ‘Tiziano. L’impero del colore’ è firmata dal compositore Joe Schievano e sarà disponibile da ottobre sugli stores digitali, in etichetta Octopus Records.
La musica, in più punti, diviene sontuosa e regale, assecondando ed esaltando le opere raffinate del maestro, e contribuendo a sottolinearne epicamente il talento. E, perché no, la visione.
Tiziano. L’impero del colore fa parte de La Grande Arte al Cinema di Nexo Digital.