Vera icona cult del cinema femminile indipendente, prima donna a vincere sia la Palma d’Oro a Cannes, sia l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale nel 1993 (con il bellissimo film Lezioni di Piano da lei scritto e diretto), e prima presidente donna nella Giuria del Concorso al Festival di Cannes (2014).
La grande regista neo-zelandese Jane Campion si è affermata con uno stile inconfondibile di storyteller degli ‘antipodi’ (da cui in effetti proviene, essendo nata a Wellington in Nuova Zelanda nel 1954), elaborando nei suoi film un’attitudine estetica, raffinata e visionaria, e un talento narrativo personalissimo, capace di raccontare storie originali, intense e dolorose. Tratteggiando con poesia i mondi interiori e le emozioni di protagonisti, donne e uomini, spesso solitari e anticonvenzionali, sempre con uno sguardo, aperto e delicato, a ciò che è umana speranza, cambiamento, rinascita, amore possibile.
Jane Campion Una cineasta antropologa impegnata per la parità di genere
Figlia di artisti teatrali, dopo la laurea in Antropologia presso la Victoria University di Wellington nel 1975, Jane studia pittura al Sydney College of the Arts dal 1979 e inizia a fare cinema nei primi anni ’80, frequentando l’Australian Film, Television and Radio School che le offre la possibilità e i finanziamenti per girare diversi cortometraggi senza vincoli creativi. Racconta la Campion: “Quando ero un’adolescente, trovavo conforto nei film. Registi come Buñuel, Wenders, Cassavetes sono stati i miei compagni e mi hanno aiutato a crescere, mi hanno fatto sentire connessa al mondo”.
Dopo la laurea collabora al Women’s Film Unit, un programma del governo australiano nato per risolvere la disparità di genere nell’industria cinematografica, e realizza molti cortometraggi e telefilm, vincendo premi australiani e internazionali. Fra le prime opere da lei realizzate, i cortometraggi Tissues (1980) – su un padre arrestato per molestie sui minori – e Peel (1982), che vincerà la Palma d’Oro per il Miglior Corto al Festival di Cannes nel 1986.
Successivamente la Campion dirige il suo primo lungometraggio, Sweetie (1989), che ottiene, fra gli altri premi, il New Generation Award della critica cinematografica di Los Angeles nel 1990.
THE POWER OF THE DOG (L to R): ARI WEGNER (DIRECTOR OF PHOTOGRAPHY), JANE CAMPION (DIRECTOR,PRODUCER) in THE POWER OF THE DOG. Cr. KIRSTY GRIFFIN/NETFLIX © 2021
Jane Campion, tormentata dalla sua stessa energia (come racconta in alcune interviste), che dichiara di aver incanalato in forme diverse a seconda delle fasi della sua vita – di volta in volta in storie sentimentali, in opere d’arte o cinematografiche, e nell’educazione dell’adorata figlia Alice – vuole raccontare storie di persone, donne in particolare, fuori dall’ordinario, talvolta oppresse da poteri forti, svalorizzate o emarginate in vari modi. Per certi versi può essere considerata un’artista femminista, anche se ha dichiarato più volte di non voler dare caratterizzazioni politiche ai suoi personaggi. Per altri versi è una cineasta dotata di grandissima sensibilità, in cerca delle fragilità diffuse in ogni essere umano, donne e uomini.
“Non pensavo inizialmente di voler diventare una regista, – racconta Jane – ma c’erano così tante storie che volevo raccontare, sulle ‘persone che cadono oltre la frontiera della nostra società’, persone strane, scomode, a volte irrazionali: avevo in mente queste storie e non c’era possibilità che qualcun altro le raccontasse; quindi sono dovuta diventare regista del mio stesso lavoro. Amo fare regia perché è come un tuffo profondo in una storia che può sopraffare. Ho lavorato con attori che amo, con amici che hanno vissuto la sfida di affrontare storie molto profonde. A chi mi chiede se sono ambiziosa dico che non lo sono di per sé, in termini di carriera, però ho l’ambizione di realizzare le storie e i drammi che ho inventato”.
THE POWER OF THE DOG (L to R): BENEDICT CUMBERBATCH as PHIL BURBANK, JANE CAMPION (DIRECTOR,PRODUCER) in THE POWER OF THE DOG. Cr. KIRSTY GRIFFIN/NETFLIX © 2021
I capolavori e la consacrazione internazionale
Gli anni Novanta sono quelli della consacrazione di Jane Campion alla storia del cinema, con la realizzazione di opere rimaste indelebilmente scolpite nel cuore e negli occhi di chiunque le abbia viste. Fra i suoi film più riusciti, Un angelo alla mia tavola (1990), tratto dall’omonima autobiografia della scrittrice neozelandese Janet Frame, considerata pazza benché più volte candidata al premio Nobel per la letteratura. Il film ha vinto molti premi, tra cui il Leone d’argento alla Mostra del cinema di Venezia nel 1990.
Lezioni di Piano (The Piano) del 1993, considerata la sua opera più riuscita, che le consentirà di vincere la Palma d’Oro a Cannes – unica donna per i successivi 24 anni – e le darà la notorietà internazionale. La regista non riuscirà però a ritirare il premio personalmente perché incinta, agli ultimi mesi di gravidanza, del figlio Jaspers, morto pochi giorni dopo la nascita.
Il film, che ha candidato la Campion, come seconda regista nella storia, all’Oscar per la Migliore regia (la prima candidata è stata la Wertmüller), ambientato nella Nuova Zelanda di fine Ottocento, racconta la travagliata storia d’amore fra una pianista muta dallo sguardo gelido e intenso (Hollie Hunter, premiata con l’Oscar come migliore attrice), madre di una bambina (nel ruolo, Anna Paquin, premiata con l’Oscar per la migliore attrice non protagonista all’età di 11 anni), e un marinaio in pensione per metà di origine Maori (Harvey Keitel). Il film, accompagnato dalle splendide, misteriose e coinvolgenti musiche di Michael Nyman, riceverà un meritatissimo Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale.
The power of the dog
Tornata dopo oltre 20 anni al Festival di Venezia, nel 2021 con il film The power of the dog (dal romanzo di Thomas Savage), opera definita dalla regista ‘una storia di maschilismo tossico’ e girata interamente in Nuova Zelanda, Jane Campion vince il suo secondo Leone d’Argento, questa volta per la Migliore Regia.
Fra gli altri film che l’hanno resa nota nel mondo artistico: Ritratto di Signora (1996), tratto dall’omonimo romanzo di Henry James, con Nicole Kidman; Holy Smoke (1999) con Kate Winslet ed Harvey Keitel; In the Cut (2003), thriller erotico con Meg Ryan; Bright Star (2009).
Nel 2013 la Campion ha creato la miniserie poliziesca Top of the Lake – Il Mistero del Lago, per la TV australiana, con protagonista Elisabeth Moss, nella quale recita anche sua figlia, Alice Englert. La serie è codiretta con Garth Davis e ha avuto una seconda stagione, dal 2017, di differente ambientazione, China Girl.
“Penso che in questo momento autrici e registe cinematografiche stiano andando molto bene – ha affermato di recente Jane Campion. Se le donne hanno una possibilità, niente può fermarle. Da quando è nato il movimento #MeToo sento un cambiamento sostanziale. È una grande perdita per tutti che non ci siano abbastanza voci femminili al cinema e nella narrativa, perché noi ‘vediamo’ in modo diverso. Ma c’è un cambiamento in atto, ad esempio in televisione le donne registe sono più presenti, e in genere oggi le donne hanno più coraggio e più sostegno, sia dalle altre donne e sia dagli uomini che avvertono le diseguaglianze”.
Bright Star, il film di Jane Campion sul poeta John Keats