La paura del buio, storia di una problematica sociale

La paura del buio, cortometraggio di Beatriz Montes, presentato al Festival Gorofanorosso, è il racconto dell’incomprensione tra diverse culture e classi sociali nella società contemporanea.

Il cortometraggio, fin dai primi secondi, si presenta come un’opera fuori dagli schemi che non ha paura di utilizzare un linguaggio anticonvenzionale per raccontarci un tema tanto classico quanto attuale: la paura e la rabbia che prova una generazione di giovani a causa dell’incomprensione tra il proprio “collettivo” e il resto del mondo.

L’autrice non ha paura di schierarsi con gli incompresi ma, più che prendere le loro difese, da loro la possibilità di essere ascoltati, di far sentire la loro versione dei fatti e di far comprendere i reali motivi della loro frustrazione che è la causa della loro furia distruttiva ma anche della depressione che talvolta li porta all’isolamento e alla disperazione.

Le varie etnie, i diversi gruppi culturali, le varie identità sessuali ma anche le diverse generazioni non riescono a comunicare tra loro e si crea così una situazione ostile per cui c’è chi viene compreso e può camminare la sera tranquillo per le strade e chi invece non può farlo perché percepito come diverso e corre il pericolo di essere aggredito da chi lo considera tale.

Bello il confronto fra il Punk e l’avvocato che riassume l’incomprensibilità tra diverse classi sociali.

Ottima anche l’inquadratura dell’incidente stradale mentre di sottofondo c’è il monologo di Rocky Balboa che dice che se hai la forza di rialzarti sei un vero vincente e si possono dare ad essa molteplici interpretazioni, persino opposte tra loro.

Una delle tante potrebbe essere un incitamento ai cosiddetti “diversi” di non mollare.

Tirando le somme: è un cortometraggio coraggioso, sia nel linguaggio che nel contenuto ed è sia un atto di accusa verso il sistema, sia una richiesta di aiuto da parte di quelli che lo stesso sistema sta mettendo in difficoltà.