In occasione del passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia, abbiamo incontrato i protagonisti di Margini, unico film italiano in concorso alla Settimana della Critica e vincitore del premio del pubblico.
‘Margini’ Un’imperdibile opera prima tra punk e amicizia alla SIC
Margini | La nascita del progetto raccontata a Venezia
I primi a prendere parola sono gli autori, Francesco Turbanti (sceneggiatore e interprete di Michele) e Niccolo Falsetti – quest’ultimo anche regista della pellicola – amici sin dall’infanzia, che spiegano la nascita del progetto. «Embrionalmente risale a 10 anni fa, da allora abbiamo preso tante sportellate, ma ci sono servite per portare avanti questo film» – dice Turbanti.
Nel gergo punk si dice Do it yourself, fatti le cose in maniera autonoma, partendo dal basso. – Francesco Turbanti
«È sempre stato il nostro modo di fare politica. È difficile soprattutto in una palude, perché non so se lo sapete Grosseto era una palude… Soprattutto da ragazzini ci definivamo impaludati, si respira quest’aria terribile, ma possiamo fare qualcosa. Ed è proprio lo spirito con cui io e Nicco siamo partiti».
«L’embrione del progetto era un’altra roba, qualche anno dopo forse ci premeva parlare di provincia con uno sguardo punk» – prosegue Falsetti – «In provincia il rischio di dispersione è altissimo; i legami si cementificano ed è una fortuna avere esperienze comuni».
È un tipo di marginalità che non vuole dire emarginazione. – Niccolò Falsetti
Per quanto riguarda il titolo, «Gli Ultimi (una band street punk, ndr.) sono stati i primi a parlare della provincia da cui venivano. Per questo abbiamo scelto una loro canzone, Ai Margini, e abbiamo tolto la preposizione per evitare il plagio». Mentre la scelta di Se bruciasse la città di Massimo Ranieri, sulla scena finale, simboleggia «il rapporto di amore e odio con la città».
A Tommaso Renzoni è infine spettato il compito di «dare un ordine, una stretta ai bulloni. Ho detto loro “smettete di voler così bene ai personaggi, devono farsi un po’ male”». Quando, infatti, Turbanti e Falsetti hanno dichiarato di essersi “impaludati” alla terza stesura, si è reso necessario l’apporto di un terzo punto di vista.
Coinvolto nel progetto in maniera alquanto divertente, Zerocalcare fa un piccolo cameo vocale, oltre ad aver disegnato la locandina della serata musicale dei protagonisti. Il suo Un polpo alla gola è stato fonte di ispirazione per il contesto.
C’è un livello uno a uno di fedeltà, nessuna caricatura, nè concessioni a cose folkloristiche se non quelle vere. – Zerocalcare
Le dichiarazioni dei protagonisti
Tocca quindi ai protagonisti illustrare il loro percorso. Si pensi che, per la scelta dei volti giusti, Turbanti e Falsetti hanno deciso di svolgere i casting direttamente in sala prove.
Il primo a ricevere il microfono è Matteo Creatini, interprete di Iacopo: «Sono stato inserito in un mondo di cui non sapevo nulla, ma si è creato un clima di band vera. Ho sentito la storia vicina e reale, perché sono anche io un musicista di provincia».
«Sembrava di essere in quattro, perché c’era anche Niccolò (Falsetti, ndr.)» – sottolinea Emanuele Linfatti (Edoardo sullo schermo)- «L’interazione sul campo è stata fondamentale, perché loro sono ferrati su quel tipo di stare insieme».
«Ci sono dei momenti fortunati in cui ti identifichi completamente con il tuo personaggio, con il tipo di background» – racconta Silvia D’Amico, che veste i panni di Margherita, la moglie di Michele – «Finalmente ho fatto un film che mi identifica e che porta un messaggio importante».
Sulla stessa linea d’onda, Valentina Carnelutti (Tiziana, mamma di Edoardo) aggiunge che «non sembrava di lavorare, il set era casa e ho avuto la sensazione di stare sei mesi, invece che pochi giorni».
Conclude infine Paolo Cioni (l’impresario Paolo Bassi), con cui sia la D’Amico che Turbanti avevano già diviso la scena in passato. «Ho attinto un po’ a mio fratello, che rispecchia l’essenza provinciale, una tipologia che frequento. Per me le componenti di lagna e frustrazione sono belle da fare, mi divertono».
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